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              Non profit: dall'assistenzialismo alla 
              società del volontariatodi Renato Tubère
 
 Tra i sette e gli otto milioni, vale a dire quasi il 15% della 
              popolazione: tanti sono oggi in Italia, sesta potenza industriale 
              al mondo, i cittadini con un reddito insufficiente a permetterne 
              la sopravvivenza. Siano neo-disoccupati vittime della rigidità del 
              nostro sistema economico oppure persone di ogni età condannate 
              dall'assistenzialismo voluto dai governi di centrosinistra ad 
              un'esistenza poco onorevole, oggi quest'esercito rischia 
              d'ingrossarsi per le nuove emergenze sociali. C'è il terremoto che 
              ha colpito il Molise seminando morte e distruzione, c'è il fiume 
              di lava che sgorga dall'Etna, che ha messo in ginocchio la gente 
              di Santa Venerina e di altri splendidi paesini alle pendici del 
              vulcano, ci sono le crisi della Fiat e del comparto bancario che, 
              con la ventilata minaccia di circa 25mila esuberi, causeranno 
              drammatiche conseguenze sul piano occupazionale. Quanti di costoro 
              dovranno inventarsi un futuro, e quale settore economico potrà 
              assorbire una manodopera tutt'altro che disponibile a rimettere in 
              gioco le proprie professionalità?
 
 A nessuno sfugge come il centrodestra si trovi a gestire una 
              situazione davvero esplosiva, se consideriamo il contesto sociale 
              vario e difforme in cui si richiede il suo intervento. Lo 
              smantellamento del cosiddetto Stato Sociale è ormai in atto da 
              qualche anno e francamente non avrebbe senso, per una classe 
              politica che si definisce liberaldemocratica, fare nuovamente 
              ricorso ad un dirigismo esasperato nei confronti di chiunque si 
              occupi di volontariato. I paladini dell'economia sociale di 
              mercato, presenti in ugual misura a destra e a sinistra nello 
              schieramento politico, propugnano un sempre minore intervento dei 
              soggetti pubblici in materia di lotta alla povertà e rivendicano 
              al cosiddetto Terzo Settore un ruolo di primo piano, avvalorato 
              dai fatti. Una recente statistica a cura dell'Università Cattolica 
              di Milano dimostra la grande vitalità delle imprese sociali, delle 
              fondazioni, delle associazioni di promozione sociale e delle 
              organizzazioni non governative: nel 2001, 40 miliardi di euro di 
              fatturato hanno dato lavoro a quasi 700mila volontari attivi in 
              settori profondamente diversi fra loro (assistenza ai malati 
              cronici, recupero dell'ambiente, cultura, progetti qualificati di 
              microcredito nei paesi più poveri del pianeta, ecc.)
 
 Meno Stato, quindi, e più opportunità per il privato sociale: 
              questa è la linea guida della maggioranza oggi al governo ed il 
              Forum Permanente del Terzo Settore (www.forumterzosettore.it), 
              radunando una miriade di soggetti profondamente diversi fra loro 
              come ad esempio Legambiente e la Compagnia delle Opere, è il 
              soggetto meglio preparato a colloquiare con il ministro del Lavoro 
              Roberto Maroni ed il sottosegretario al Welfare Maria Grazia 
              Sestini. In questo scenario un segnale positivo giunge dal Lazio: 
              alcuni esponenti di spicco di Alleanza Nazionale, come l'assessore 
              regionale al Bilancio Andrea Augello, l'europarlamentare Roberta 
              Angiolilli, e Stefano Cetica, segretario nazionale dell'Ugl, 
              principale sindacato dei lavoratori di destra, hanno fondato 
              Azione Sociale, federazione di 50 ONLUS, con lo scopo dichiarato 
              di costruire un organismo capace di studiare i problemi del 
              volontariato.
 
 "Ci proponiamo di favorire l'evoluzione in senso imprenditoriale 
              di ampi settori di questo mondo che ancora si muovono in ambiti di 
              natura erogatoria. Deve essere chiaro che solo quella parte che si 
              riqualificherà in modo netto e deciso sarà capace di creare nuova 
              occupazione. Gli altri soggetti resteranno necessariamente in una 
              situazione di pubblico impiego mascherato, precario e poco pagato" 
              così recita il documento programmatico della federazione laziale 
              vicina alla corrente della destra sociale del ministro Gianni 
              Alemanno e del governatore Roberto Storace, e in un successivo 
              passaggio aggiunge: "Bisogna compiere un passaggio culturale: 
              superare l'idea, ancor oggi diffusa anche a livello istituzionale, 
              che la dimensione della solidarietà sia incompatibile con 
              l'attività economica e commerciale" Il programma politico di 
              Azione Sociale, prendendo atto del tramonto in Italia del 
              famigerato assistenzialismo, porta una ventata di salutari novità 
              in un segmento economico e sociale finora andato a rimorchio della 
              sinistra iperstatalista di casa nostra. L'adesione al Forum 
              Permanente del Terzo Settore, soggetto assolutamente apolitico e 
              apartitico, e la successiva apertura di sezioni su tutto il 
              territorio nazionale diffonderanno nel miglior modo possibile un 
              nuovo modello economico e sociale: la società di volontariato 
              della destra moderna italiana.
 
 22 novembre 2002
 
 renatotubere@email.it
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