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              Ridurre le imposte può servire anche al Suddi Paolo Passaro
 
 Il Bollettino mensile dell’ABI di maggio riporta che la dinamica 
              dei finanziamenti erogati dagli istituti di credito ha segnato ad 
              aprile un tasso di crescita tendenziale pari al 5,87. E’ il 
              peggior dato dal novembre 2002. A marzo il tasso di crescita era 
              stato del 6,18%. La contrazione degli impieghi è collegata ad un 
              trend recessivo che nel Sud, in particolare, sta assumendo 
              connotazioni gravi soprattutto perché a fronte di tale situazione 
              le banche reagiscono con una riduzione della liquidità, creando 
              nelle piccole imprese problemi sempre maggiori. Si sta delineando 
              un atteggiamento deflattivo che potrebbe far precipitare 
              l’economia meridionale in un circolo vizioso. Infatti, in regime 
              di deflazione è più difficile per i debitori onorare le proprie 
              obbligazioni, il cui valore rimane costante in termini nominali, 
              mentre la compressione dei margini (unitari e totali) di profitto 
              a fronte di prezzi deboli e volumi costanti, o in calo, determina 
              un aumento della percentuale di reddito da devolvere al rimborso 
              del debito.
 
 A questo si aggiunge il deprezzamento del dollaro che ha perduto 
              in pochi mesi poco meno del 30% del suo valore rispetto all’euro. 
              Per le imprese meridionali votate all’esportazione nei mercati 
              americani - per esempio quelle pugliesi del distretto del salotto 
              - il deprezzamento del dollaro corrisponde ad una drastica 
              riduzione della competitività. A fronte di ciò le aziende nel 
              breve periodo non possono che reagire con una compressione dei 
              margini di profitto che determina forti tensioni finanziarie ed 
              aumento del debito a breve termine. Ma un debito più oneroso non 
              può che tradursi (a livello aggregato) in una maggiore percentuale 
              di default sul debito stesso ed in una maggiore prudenza da parte 
              degli intermediari finanziari nell'erogare credito a causa 
              dell'incremento di sofferenze ed insolvenze. La domanda debole, i 
              margini di profitto che si comprimono, il servizio del debito che 
              diviene più oneroso ed i salari che sono anelastici verso il 
              basso, portano ad una generalizzata debolezza del mercato. Di 
              conseguenza aumenta la disoccupazione che, in un circolo vizioso, 
              determina un ulteriore indebolimento della domanda e, quindi, dei 
              consumi.
 
 La riduzione della ricchezza finanziaria a fronte dei risparmi 
              evaporati nella contrazione dei listini azionari dissuade 
              ulteriormente dal consumare. Gli effetti sopra descritti sono 
              stati tutti più o meno sperimentati dal Giappone che si dibatte da 
              più di dieci anni in una spirale di deflazione e stagnazione, 
              senza che perfino una politica fiscale e monetaria estremamente 
              espansiva riesca a migliorare la situazione. Si è parlato di un 
              modello che ricorda la trappola della liquidità studiata ed 
              analizzata da J.M. Keynes. Per evitare che l’Italia ed il Sud in 
              particolare si avviti in una spirale di deflazione e stagnazione 
              ritengo sia necessaria una politica fiscale espansiva, per altro 
              caldamente consigliata anche dal Governatore della Banca d’Italia. 
              In assenza di tale intervento il rischio è che i cittadini, presi 
              dal timore di non poter mantenere il proprio tenore di vita, 
              riducano drasticamente i consumi con la conseguenza di 
              disincentivare gli investimenti e ridurre l’occupazione con un 
              progressivo peggioramento del clima. L’attuale governo sta 
              perseguendo un giusto sentiero di riduzione virtuosa delle 
              imposte, graduale, tenuto conto dei vincoli di bilancio imposti 
              dal Trattato di Maastricht. Ora, però, la straordinarietà del 
              peggioramento congiunturale comporta un’accelerazione nella 
              riduzione delle imposte, almeno per il Mezzogiorno; sempre dopo 
              aver richiesto le necessarie autorizzazioni all’Unione Europea. Il 
              semestre italiano di presidenza dell’Unione, infatti, potrebbe 
              essere il momento giusto per giocare la carta della 
              sperimentazione nel Sud di un sistema fiscale più moderno e capace 
              di far fronte alle sfide della globalizzazione, premiando le 
              imprese più efficienti e competitive.
 
 6 giugno 2003
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