Mezzogiorno: la parola ai fatti
di Paolo Passaro
Nei convegni, nelle analisi e negli studi che periodicamente vengono proposti sulla situazione del Mezzogiorno sta emergendo, finalmente, una visione pragmatica nell’approccio a questo vitale quanto delicato problema. La crescita del Mezzogiorno è una questione cruciale, davvero importante per l’evoluzione dell’Italia. Per merito di alcune istituzioni si ragiona finalmente sulla circostanza che le azioni per la crescita del Mezzogiorno vadano inserite in un contesto sistemico, con un approccio globale. Non è sufficiente finanziare le imprese, soprattutto se il finanziamento statale o regionale, mediante i fondi europei, non è aggiuntivo rispetto agli investimenti privati. Il Sud ha bisogno di infrastrutture, formazione per il capitale umano, forti investimenti in tecnologia, di una pubblica amministrazione più efficiente ed efficace, di investimenti dall’estero.
La strategia di favorire l’accumulazione di capitale nelle imprese locali, mediante agevolazioni agli investimenti, non ha dato i frutti sperati. D’altronde non potrebbe essere altrimenti laddove impianti moderni e tecnologici vanno ad insediarsi, giocoforza, in zone dove non ci sono strade degne di questo nome, vi è scarsità di acqua, un’erogazione di energia elettrica carente o, addirittura, non vi è possibilità di allacciare le linee telefoniche. Le infrastrutture da sole, per altro, non garantiscono l’efficienza. Una delle ricchezze “immateriali” più importanti è il capitale umano: la qualità e la competenza della persone residenti nel territorio. Il Mezzogiorno da qualche anno ha ripreso ad essere una terra di emigrazione verso il Nord d’Italia. Quello che si nota è che i flussi interessano particolarmente la parte più istruita dei giovani. Pur nell’ambito della fisiologica attrazione della parte più evoluta del paese per le persone giustamente desiderose di affermazione professionale appare evidente che vi sia anche una componente di trasferimenti dettati dalla scarsità di lavoro qualificato presente nel Sud. Ciò porta, di conseguenza, ad un impoverimento progressivo del capitale umano. Favorire l’accumulazione di conoscenza mediante percorsi di formazione ritagliati sulle specifiche esigenze del territorio, veramente efficaci, è una delle risposte migliori che si possano dare alle richieste delle imprese e dei giovani. Ne consegue che, in una visione sistemica, va incentivato per esempio l’investimento del privato nella ricerca, favorendo la costituzione di centri ad alta qualificazione che possano, successivamente, assumere proprio quei giovani istruiti e preparati mediante percorsi di studio e specializzazione orientati al risultato.
Lo stesso dicasi per le aree ad alta vocazione settoriale (turismo, industria, commercio, ecc.). Un approccio complessivo deve comprendere la finalizzazione di tutte le variabili al risultato di rendere il territorio attraente per gli investitori locali, nazionali ed esteri, tenuto conto della vocazione del sistema produttivo. Per esempio in aree già infrastrutturate, tradizionalmente portate ad accogliere investimenti industriali (per effetto degli insediamenti delle Partecipazioni Statali degli anni ’60 e ’70 del Novecento), un’azione di sistema vedrebbe tutti gli operatori (Regioni, Comuni, imprese, Agenzie per lo sviluppo) coordinati per facilitare l’ingresso di nuovi operatori. Un esempio di grande interesse è l’esperienza delle agenzie di sviluppo del Galles e dell’Irlanda che hanno permesso una grandissima crescita del territorio in pochi anni. Progettazione degli interventi, coordinamento degli operatori istituzionali e privati, finalizzazione degli obiettivi, controllo dei risultati, interventi correttivi in tempo reale, studio ed analisi delle esperienze per esportare le metodologie migliori. Non vi è altra strada per la crescita.
5 novembre 2003
paolo.passaro@libero.it
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