| Ora in Tv la differenza la 
              fa la qualità di Paola Liberace
 
 Che sia veramente finita l’era del varietà? I risultati di 
              audience ottenuti dalle trasmissioni che Mediaset ha lanciato in 
              queste settimane lo lascerebbero supporre. In crisi “Italiani”, 
              prossimo lo spostamento o la cancellazione di “Tacchi a spillo” - 
              che pure era nato da un’idea non malvagia - già deciso lo 
              spostamento per “L’assemblea”; e, mai come quest’anno il Grande 
              Fratello, in un’edizione meno interessante e meno fortunata della 
              precedente, viene attaccato dagli irriducibili della sobrietà 
              televisiva. Dalle pagine dei due principali quotidiani ecclesiali 
              italiani sono arrivate negli ultimi giorni parole di fuoco per il 
              reality show, accusato di “terribile leggerezza” in tempi in cui 
              davvero non c’è molto da stare allegri.
 
 Eppure, lo spettacolo, su altri fronti, va avanti; l’atteggiamento 
              degli spettatori è certamente cambiato dall’11 settembre, e la 
              domanda di informazione si è fatta più forte, costringendo anche 
              le reti di stato a rivedere le priorità di programmazione (del 
              resto, si tratta di una tendenza che oltrepassa i prodotti legati 
              all’intrattenimento televisivo). Ma il successo ottenuto dallo 
              show di Panariello, così come il seguito che continuano ad avere 
              la Gialappa’s o le Iene sulle reti commerciali, non restituiscono 
              certamente l’idea che in televisione si debba ormai solo coprirsi 
              di cenere il capo ed ascoltare l’omelia.
 
 Il problema è probabilmente più vicino a quello individuato da 
              diversi dirigenti Mediaset (non da ultimo Piersilvio Berlusconi), 
              in un bilancio della stagione televisiva. Le trasmissioni nuove 
              hanno risentito degli avvenimenti mondiali nel senso di una minore 
              indulgenza del pubblico nei loro confronti. L’audience ha 
              preferito programmi di struttura più solida, lasciando cadere 
              quelli che denunciavano tentennamenti. Anche nel caso del Grande 
              Fratello, l’attenzione meno consistente è probabilmente dovuta 
              allo spessore realmente inferiore della trasmissione, più che a 
              ragioni di ordine morale. Il vero fattore di differenziazione 
              sembra restare la qualità; anche in tempi difficili come questi, 
              più degli atteggiamenti alla Savonarola pagano la professionalità 
              e la responsabilità sulle proposte, per un pubblico che mai come 
              ora non ha voglia di improvvisazioni, ma non è detto che non abbia 
              più voglia di divertirsi.
 
 1 novembre 2001
 
 pliberace@hotmail.com
  
              
              
 
              
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