| Zelig 4. Flavio Oreglio, l'eclettismo si 
              fa spettacolo di Myriam D'Ambrosio
 
 Negli anni Settanta era uno dei tanti ragazzini che mettono su un 
              gruppo musicale provando a cambiare il mondo con le note ed 
              emulando gli idoli canori del momento post-Beatles: gli 
              anglosassoni Genesis e Pink Floyd e le nostrane Orme insieme al 
              Banco di Mutuo Soccorso (senza trascurare le influenze country). 
              Il suo primo amore fu il pianoforte, ma poi scelse la chitarra, 
              uno strumento che abbatte ogni barriera tra l'artista e il 
              pubblico, meno protagonista del piano e capace di immediatezza. 
              Con la sua aria scanzonata da rockettaro, Flavio Oreglio portò a 
              termine il discorso universitario laureandosi in Scienze 
              biologiche e specializzandosi in ecologia. "Ho insegnato 
              matematica e scienze alle medie - racconta fiero di quella 
              esperienza - volevo che i ragazzi mi chiamassero per nome dandomi 
              del "tu". Io stesso utilizzavo il loro linguaggio confidenziale, 
              ero diventato il capo della banda. I ragazzi studiavano volentieri 
              e rendevano di più, ma il preside non ne era convinto e fui 
              radiato dalla scuola dove facevo supplenze".
 
 Fallito il metodo "Capitano, mio capitano" stile Robin Williams, 
              il nostro utilizzò la sua laurea scrivendo su giornali di 
              informazione per giovanissimi, ma un suo articolo sulle centrali 
              nucleari risultò scomodo e la collaborazione ebbe vita breve. 
              "Avevo semplicemente spiegato il meccanismo tecnico di questo tipo 
              di centrali, nient'altro", dice Flavio e i gli occhi celestini 
              mostrano una coerenza innocente, sua caratteristica dominante (che 
              è anche un punto di forza). "Nel frattempo continuavo a portare 
              avanti il discorso dello spettacolo mai interrotto - continua il 
              cantautore cabarettista - proponendo una forma di cabaret molto 
              vicina alla scuola di Giorgio Gaber e Enzo Iannacci, a cui penso 
              di appartenere, almeno spero. Ho fatto qualche puntata al Maurizio 
              Costanzo show ma, forse, quello che proponevo non interessava. Un 
              artista va apprezzato per quello che conosce e che può dare, non 
              perché altri hanno già in mente ciò che deve o non deve fare. 
              Costanzo si è dimostrato sempre disponibile, c'è stato un buon 
              rapporto, ma non mi hanno chiamato più. Io cerco di parlare alla 
              parte intelligente delle persone ma non faccio la "puttana di 
              palcoscenico", non concedo al pubblico quello che vuole".
 
 Abolita ogni ipotesi di prostituzione, Flavio si sofferma sulle 
              reazioni degli spettatori: "Ci sono persone abituate ad ascoltare 
              certe cose e altre no, la differenza sta lì, dipende dall'età, dal 
              retaggio culturale". Dopo lunga gavetta, Oreglio comincia a 
              raccogliere i frutti del suo mestiere. Dal 1986 frequenta lo Zelig 
              e negli ultimi tempi ha compiuto un "bellissimo percorso insieme 
              ad Ale e Franz e a Leonardo Manera. Tra noi c'è un rapporto 
              straordinario - afferma l'artista di Peschiera Borromeo. Zelig è 
              un ambiente sano e dal 1999 sono presente con una certa 
              continuità". Lo chiamano il "poeta", ma lui ribatte: "E' 
              un'immagine nata casualmente, non ho studiato un "look da poeta". 
              Semplicemente indosso una giacca nera e uso un leggio perché 
              preferisco leggere quello che dico piuttosto che impararlo a 
              memoria, ma è solo un fatto tecnico. In questo modo mi concentro 
              sulla creatività e ho la possibilità di cambiare battute 
              all'ultimo momento. Dalla prima volta che scelsi tale soluzione 
              utilizzando una musica composta da Marco Bigi, un grande 
              musicista, e recitando la poesia del "momento catartico" (con 
              chiusura spiazzante, come sempre), si creò un'atmosfera 
              particolare. Leggio e musica funzionano, ma non in televisione 
              dove funziona "il personaggio" e non il monologo e io sono un 
              monologhista. Il poeta non esiste, io mi vesto proprio così". Ora 
              le energie di Flavio sono canalizzate verso un importante 
              obiettivo: la distribuzione del suo Cd intitolato "Ho un sacco di 
              compiti per lunedì" e l'uscita del libro di poesie "Il momento è 
              catartico" edito da Mondadori. L'appuntamento per entrambi i 
              lavori è a gennaio 2002 e il pubblico godrà pienamente del 
              divertente (ma falso) cinismo, arma preferita di questo poeta che 
              batte così la malinconia. "Gino (di Gino e Michele) ha scritto per 
              me diverse poesie. E' una persona che stimo tantissimo. 'Mi è 
              bastato vederti da lontano' è sua, la trovo molto bella e sarà nel 
              libro. Non c'è sempre e soltanto da ridere, però. Nell'album, per 
              esempio, tratto anche temi ecologici, ma - e ride - come 
              scienziato sono finito".
 
 16 novembre 2001
 
 
 
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