Cinema. Affollate solitudini d'Australia
di Cristiana Vivenzio
Noha Taylor è Danny, trentenne, scrittore che non ha mai scritto
una riga, inseguito dal ricordo di un amore finito e dai debitori.
Per questo motivo cambia tre volte casa, tre città diverse
dell'Australia, e ogni volta si trova alle prese con i coinquilini
più stravaganti: sballati senza speranza, lesbiche con
predilezioni per i riti pagani, attricette frustrate di soap,
guerrafondai erotomani, tossicodipendenti per amore, maniaci del
fitness belli e stupidi. Danny, è alle prese con se stesso e con
la vita, e alle prese con il fuoco dell'inferno, considerato che
"l'inferno sono gli altri", come afferma lo stesso protagonista
del film. Copione più che noto, si dirà. Eppure questo film,
nonostante i tentativi di etichettarlo - molti ne hanno scritto e
parlato come dell'ennesimo film generazionale - non pare proprio
voglia parlare di un disagio generazionale. Nessuna sindrome da
Peter Pan, piuttosto la descrizione ironica e surreale di un
percorso esistenziale, raccontato con il gusto estremo della
provocazione.
La sensazione è quella di camminare in un mare di folla che
proviene dalla direzione opposta. Alcune delle persone che si
incontrano hanno un significato per noi stessi, altre lo hanno in
assoluto ma non entrano in nessun modo ad incidere nella nostra
sfera personale. Alla fine ciò che conta rimangono i pochi, veri
sentimenti. E una strada, che ci indica un percorso incompiuto. Un
film paradossale e divertente. In cui attraverso la descrizione di
una realtà dalle atmosfere kafkiane racconta, con un'alta dose di
ironia, luoghi comuni e tipologie d'individui, stereotipi
cinematografici e manie esistenziali.
Tratto dall'omonimo romanzo di John Birmingham "E morì con un
felafel in mano", è un film tutto australiano. Lo sono i suoi
attori, lo è nell'ambientazione, nella colonna sonora, in cui
spicca su tutti la musica di Nick Cave, e lo è per il senso di
distacco che immediatamente si percepisce nel momento stesso in
cui il film incomincia - l'inquadratura di una rana, dagli occhi
sgranati, grossa e gracidante, a fianco due anfibi e una mazza da
golf - lo stesso senso della distanza che si prova quando si pensa
ad un continente tanto lontano da noi. Lentamente, però, la
distanza di attenua. E la diffidenza lascia spazio al sorriso.
29 novembre 2001
c.vivenzio@libero.it
"E morì con un felafel in mano". Australia,
2001. Regia e Sceneggiatura: Richard Lowenstein. Fotografia:
Andrew de Groot. Scenografia: Rebecca Cohen Cast: Noah Taylor,
Romane Bohringer, Linal Haft, Ian Hughes, Sophie Lee , Brett
Steward, Produzione: Andrew McPhail, Helen Panckhurst, Domenico
Procacci. Distribuzione: Medusa
|