Grandi opere: il parlamento approva la nuova legge
di Alessandro Bezzi


Il “governo del fare” continua a muovere i suoi passi. Il Senato ha infatti approvato la settimana scorsa, in via definitiva, la legge sulle grandi opere, un provvedimento, che, conferendo la delega all’esecutivo per il rilancio delle infrastrutture, prevede “nuove norme per accelerare la realizzazione di opere e insediamenti produttivi considerati strategici e di preminente interesse nazionale per la modernizzazione e lo sviluppo del paese”. Si tratta di una legge che finalmente supplisce ad un vuoto politico e legislativo fino ad oggi esistente in materia - sono mancate politiche di ampio raggio, per risolvere il problema dei collegamenti interni e soprattutto con il resto dell’Europa - e che, allo stesso tempo, pone rimedio all’assenza, nell’ordinamento giuridico italiano, di uno strumento normativo che, concretamente, tracci le linee guida per la realizzazione di un piano di sviluppo e modernizzazione infrastrutturale in Italia.

Concretezza, rapidità di realizzazione e incentivo all’occupazione: risultano questi gli obiettivi della nuova legge. Dopo ripetuti incontri con i rappresentanti delle regioni è infatti già pronta una lista di provvedimenti “di serie A”, circa una decina, da avviare in tempi brevissimi: dalla variante di valico Firenze-Bologna al ponte sullo stretto, degli interventi sulle linee autostradali (la Salerno-Reggio, la Romea, la Cecina-Civitavecchia) alle nuove linee ferroviarie. Un incentivo all’occupazione che il ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, ha quantificato nell’impiego di almeno 350-400.000 unità lavorative in più nei primi cinque anni di applicazione. La previsione in termini di investimento è pari a 236.000 miliardi, somma che, in termini concreti, significherà la realizzazione di 80 opere pubbliche nell'arco di 10 anni. Secondo la legge obiettivo approvata dal Parlamento l’azione del governo si dovrà scandire in due fasi successive. La prima, relativa al biennio 2002-2003, durante la quale il governo potrà agire con decreti legislativi indirizzati per le singole opere: finanziamenti, regole d’appalto, ecc... la seconda fase riguarderà, invece, un piano generale d’applicazione.

La legge obiettivo accorcia i tempi di realizzazione anche grazie anche ad un rafforzamento dei poteri del Cipe. Al comitato interministeriale di programmazione economica, infatti, verranno delegati dei potere supplementari, che di fatto produrranno uno spostamento delle decisioni in materia dalla sede tecnico-territoriale ad una sede politica. Sarà infatti il Cipe a svolgere opera di promozione, vigilanza, autorizzazione e soprattutto sarà suo compito chiudere le conferenze di servizi con gli enti locali. Al ministero spetteranno, invece l’istruttoria tecnica preliminare e la preparazione degli interventi. Il tutto inserito in una logica di superamento della frammentazione sia in fase progettuale, quella che attiene al momento strettamente decisionale, sia in fase attuativa. La nuova legge ha già raccolto le critiche di ambientalisti e rappresentanti delle regioni. Ma il ministro risponde difendendo il suo operato e assicurando una correzione, in tempi brevi, che accresca il peso regionale nella procedure di approvazione del piano degli interventi strategici. Peraltro la legge - sostiene Lunardi riferendo in parlamento - non vuol fare altro che dare attuazione ai principi del federalismo: aumentare i collegamenti interni significa favorire lo sviluppo autonomo dei territori non contrastando con le politiche ambientali, cui tanto sensibile sembra essere diventata l’opinione pubblica italiana, soprattutto in questi ultimi anni.

14 dicembre 2001

alexbezzi@usa.net




 

 

stampa l'articolo