| Un secolo di radio di Ivo Germano
 
 I giorni della radio. Cento anni dello strumento radiofonico, per 
              quel mezzo di diffusione magica e di persistenza onirica. E’ 
              piaciuta da subito la radio, da quel giorno i cui Guglielmo 
              Marconi, genio assoluto della modernità, assieme a quel ragazzo 
              mai cresciuto dai bei baffetti neri di Walt Disney, esplorò un 
              qualcosa che non c’era mai stato prima, ma che sarebbe stato tanto 
              e di più dopo. Ascoltammo la radio, avendola sotto le mani con 
              diverse forme e dal design al passo con la moda e non, quasi che 
              facesse a gara con gli altri media per sembrare più nuova e più 
              bella. La radio è stata elogiata dai seguenti personaggi: Walter 
              Benjamin, il flaneur, l’intellettuale, Ezra Pound, inventore di 
              poesia, Franklin Delano Roosevelt, con il suo celeberrimo 
              caminetto, Winston Churchill, pazzo di musica sinfonica, Ferdinand 
              Céline.
 
 Questa è la radio, un apostrofo comunicativo giornaliero, capace 
              di far sognare i ragazzini italiani degli anni Trenta con il 
              concorso “I tre moschettieri”, chiave d’ingresso nel villaggio 
              planetario delle comunicazioni, senza mai disturbare, piuttosto 
              breviario mediatico del “dolce far niente” o dell’ossessione 
              faustiuana della performance. Eugenio Finardi ne cantò l’anima 
              libertaria, movimentista e tardo-situazionista.; Woody Allen ne ha 
              composto l’elegia in “Radio Days”; i Buggles ci ammonirono che il 
              divismo radiofonico stava per essere evacuato ed ucciso da quello 
              televisivo.
 
 Sarebbe specioso contrapporre qui la radio e la televisione, 
              poiché non si assomigliano per nulla. E questo ci piace. Pensiamo 
              anzi che il pubblico radiofonico sia il testimone privilegiato di 
              una forma di metacomunicazione aerea, impalpabile e ricca, cioè di 
              una maniera particolare di darsi del tu, di divertirsi con lo 
              splendido programma di Fiorello e Baldini su Radio2, acutamente 
              riorganizzata dal nuovo direttore Valzania, raffinato ermeneuta di 
              Philip Dick e della postfantascienza. Anche se per noi la radio è 
              stata soprattutto l’innovazione linguistica di Renzo Arbore e 
              Claudio Cecchetto, dell’hit parade e di tutto il calcio minuto per 
              minuto. Sicuramente televisivi, ma anagraficamente devoti alla 
              radio.
 
 14 dicembre 2001
 
 ivogermano@libero.it
  
              
              
 
 
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