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            | Nuove frontiere. I miracoli della 
              biotecnologia di Maria Chiara De Pietro
 
 La tecnologia come parte essenziale della medicina, strumenti ed 
              elaboratori sempre più sofisticati insieme alla mano del chirurgo, 
              gli ultimi ritrovati della tecnica insieme agli sforzi di una 
              ricerca costante: sono questi i segnali, fortissimi, di una 
              tendenza che ci guida in un’unica direzione: superare gli attuali 
              limiti della medicina, arrivare a curare, quanto più è possibile, 
              malattie e disfunzioni, facendo cooperare tecnologia e corpo 
              umano. Uno degli esempi più sorprendenti, per il successo che sta 
              ottenendo, è certamente l’innesto dell’impianto cocleare per i 
              problemi uditivi. L'impianto cocleare è il primo organo 
              artificiale di senso realizzato dall'uomo con tecnologia 
              elettronica, in grado di compensare efficacemente la sordità 
              profonda o completa. Quello attualmente utilizzato è costituito da 
              una parte esterna e da una parte interna che viene impiantata 
              chirurgicamente. Esternamente è costituito da: microfono, 
              elaboratore di suoni (Speech Processor), trasmettitore (collegato 
              all’elaboratore tramite cavo), all’interno, invece, ci sono un 
              ricevitore e degli elettrodi. Il funzionamento dell’impianto 
              prevede la ricezione dei suoni da parte del microfono posto dietro 
              al padiglione auricolare ed il successivo invio all’elaboratore 
              (speech processor). Si tratta, dunque, di un sistema complesso 
              effettua l’analisi del suono mediante una sofisticata tecnologia 
              digitale che trasforma il suono in segnale elettrico secondo un 
              determinato codice chiamato "strategia di codifica".
 
 Più semplicemente, l’impianto cocleare raccoglie i suoni 
              dall'ambiente che ci circonda e genera dei segnali elettrici 
              opportunamente codificati da inviare al nervo, e quindi trasferiti 
              alla corteccia cerebrale. I suoni sono raccolti dal microfono 
              sistemato sopra l'orecchio e vengono inviati al processore che 
              effettua le complesse operazioni di codifica, cioè di 
              trasformazione e generazione di un segnale da inviare alla parte 
              interna. Questa, che prende appunto il nome di ricevitore, è 
              situata sotto la cute nell'osso, dietro l'orecchio e da lì, a sua 
              volta, lo invia agli elettrodi che sono infilati nell'orecchio 
              interno, dove si trovano le strutture sensoriali (le cellule 
              acustiche). I candidati a questo tipo di trattamento sono da 
              ricercare in due tipologie di pazienti: adulti che non sentono e 
              non capiscono pur avendo tentato di correggere questa situazione 
              con diversi tipi di protesi (l’impianto cocleare è, infatti, 
              indicato in tutti quei casi si è accertata l'assoluta inutilità 
              della protesi acustica ai fini comunicativi); bambini che nascono 
              sordi o lo diventano nei primi anni di vita con tutti i problemi 
              di sviluppo del linguaggio che ne derivano.
 
 L’intervento va eseguito precocemente, possibilmente entro i 2-3 
              anni di vita, per sfruttare al meglio la plasticità cerebrale. Una 
              serie di condizioni sconsigliano, però, la realizzazione 
              dell’impianto nei bambini: disturbi neuropsichiatrici quali 
              autismo, ritardo mentale, condizioni che impediscano la 
              riabilitazione logopedica. In base a queste raccomandazioni, non 
              va mai impiantato chi per necessità o scelta della famiglia ha 
              usato solo la lingua dei segni, non ha utilizzato la protesi 
              acustica o la riabilitazione e quindi non ha alcuna memoria 
              uditiva: la stragrande maggioranza dei "sordomuti" non potrà 
              quindi trarne alcun vantaggio. Dopo l’intervento, il paziente può 
              riprendere una vita normale e fare anche attività sportiva 
              (ovviamente con alcune precauzioni).
 
 15 febbraio 2002
 
 chiara.depietro@yahoo.com
  
              
              
 
 
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