| Narrativa. Il senso degli Usa per la 
              giustizia di Carlo Roma
 
 “Non farlo, papà, non portarli qui.” Era spaventato, qualsiasi 
              ragazzino di nove anni lo sarebbe stato. Alvin lo baciò e disse: 
              va tutto bene, Pauly, non permetteremo loro di far male a nessuno. 
              Non faranno più del male a nessuno”. A Richard Hickock, un 
              delinquente perverso ed astuto, ed al suo socio Perry Smith, un 
              giovane con gravi problemi di natura psichica, non deve essere 
              consentito di seminare altro terrore fra le comunità indifese 
              sparse lungo le strade polverose e solitarie degli stati 
              dell’Unione. Rilasciati sulla parola dopo alcuni anni di 
              reclusione i due uomini si lanciano, durante un lento 
              vagabondaggio in direzione del Messico, in truffe e furti di 
              modesta entità. Fino al crimine più efferato che segnerà la loro 
              vita, fino ad una micidiale strage a sangue freddo. Siamo, dunque, 
              ad Holcomb, nel Kansas occidentale. E’ l’autunno del 1959. Il 
              piccolo agglomerato è composto da poche case ed il villaggio, 
              sempre silenzioso, è tagliato in due dai binari della ferrovia che 
              corrono verso Santa Fe in Colorado. Si respira un’autentica 
              atmosfera da frontiera americana: i cieli azzurri, l’aria limpida 
              e secca ricordano l’immensa e quieta prateria. Fra le tante 
              fattorie che circondano l’abitato di Halcomb, quella di Herbert 
              Clutter è forse la più florida e la più produttiva. E’ appartata e 
              solitaria. Da sempre ammirata, la grande casa ospita una famiglia 
              serena, attraversata da ansie e da timori ma sostenuta da una 
              solida fede metodista e dall’istinto al reciproco aiuto.
 
 I Clutter sono in quattro. Herbert, il capofamiglia, Bonnie sua 
              moglie ed i figli Nancy e Kenyon. Trascorrono la loro ultima sera 
              ignari che non ve ne sarà un’altra. Hickock e Smith penetrano, 
              indisturbati, negli ambienti bui ed addormentati della residenza 
              delle loro vittime: le legano, le chiudono in camere diverse, non 
              lasciano trapelare il loro disegno di morte e con un ben meditato 
              distacco le uccidono senza pietà. Con quattro colpi esplosi con 
              lucidità sorprendente alle tempie dei malcapitati, proprio la sera 
              del 15 novembre del 1959, un sabato, si pone fine a quattro vite 
              umane. Ma la morte dei Clutter coinciderà con l’atto conclusivo 
              dell’esistenza precaria e sofferta di Hickock e Smith. Terminata 
              la carneficina non resta altro che la fuga e la speranza di non 
              essere scoperti e processati. Speranza vana e limitata. Lo 
              sceriffo della Contea, subito intervenuto sul luogo della 
              sciagura, domina la paura che attanaglia gli animi dei suoi 
              concittadini. Prepara una risposta esemplare: ai colpevoli non 
              verrà permesso di muoversi indisturbati a mietere altre vittime 
              innocenti. La società verrà protetta e il male sarà estirpato alla 
              radice. Le indagini si susseguono, frenetiche, fino all’arresto di 
              Hickock e Smith.
 
 Durante il processo i loro occhi rancorosi ed indifferenti saranno 
              costretti a fissare il procuratore della Contea mentre, rivolto 
              alla Giuria, con l’abilità dell’acuto ed esperto oratore chiederà 
              la pena capitale: “Può sussistere nelle vostre menti un solo 
              dubbio circa la colpevolezza di questi imputati? Vi è solo un modo 
              per assicurarsi che questi individui non si aggirino più nelle 
              città e nei villaggi della nostra terra. Chiediamo la pena 
              massima: la morte.” Il verdetto non lascerà scampo ai due. Dopo 
              anni d’attesa, trascorsa fra inutili rinvii ed appelli, alle prime 
              ore del 14 aprile del 1965, al collo di Hickock e Smith verrà 
              stretto il cappio. Con la loro triste e solitaria agonia, calerà 
              il sipario sul caso Clutter.
 
 La storia narrata non è il frutto della capacità inventiva di uno 
              scrittore con la passione per il genere poliziesco. Truman Capote 
              in “A sangue freddo” (1965) , inviato dal New Yorker come 
              cronista, segue le vicende intricate e fosche della strage della 
              famiglia Clutter. Conosce i due responsabili e li vede morire 
              impiccati. Nel suo romanzo in presa diretta rivive le emozioni di 
              un viaggio senza ritorno e ci consegna un ritratto americano, 
              quanto mai aderente alla realtà, delle dinamiche sociali e 
              culturali alla base delle quali si colloca il desiderio di 
              giustizia e la necessità di protezione da ogni forma di minaccia.
 
 19 ottobre 2001
 
 crlrm72@hotmail.com
 
              
              
 
               
               |