| I vini del Franco bevitore. Trebbiano, un 
              vino “anima e core” di Franco Ziliani
 
 Tra le varietà vergognosamente criminalizzate, in nome della 
              modernità, del progresso enologico, del supino adeguamento alle 
              mode e ai trend del mercato internazionale, il Trebbiano è 
              sicuramente una delle più interessanti. Sembrerebbe una bestemmia 
              dirlo, visto che il nostro Trebulanum è, a tutt’oggi, la varietà a 
              bacca bianca più diffusa, pressoché a tutte le latitudini, del 
              patrimonio ampelografico italiano, eppure questo vilipeso vitigno, 
              di cui il recente, indispensabile, utilissimo compendio “Vitigni 
              d’Italia” firmato dal quartetto di cervelli viticoli Calò, 
              Scienza, Costacurta e Molina (830 pagg. 110 mila lire, Calderini 
              Edagricole editore) ci presenta ben cinque varianti, è un’uva che 
              è alla base di vini di tutto rispetto. Faceva parte, in passato, 
              dell’uvaggio classico, del Chianti, quello codificato dal barone 
              di ferro Bettino Ricasoli, è la matrice dei Vin Santo toscani, ed 
              entra, come Trebbiano toscano, nella composizione del Lugana, del 
              Soave e del Recioto di Soave, del Gambellara, del Bianco di 
              Custoza e dei Colli Lucchesi, del Breganze e del Montescudaio.
 
 Bisognerà ammetterlo, pertanto, alla fine, anzi, diciamolo subito 
              e a chiare lettere, che il Trebbiano merita di essere inserito, a 
              pieno titolo, nel ristretto novero dei grandi vitigni a bacca 
              bianca italiani, come il Verdicchio, la Garganega, il Vermentino, 
              il Fiano, il Greco di Tufo, il Tocai friulano, la Ribolla gialla e 
              la Malvasia istriana. Altre, proprio non me ne vengono in mente. 
              Merita di essere dichiarato grande, il Trebbiano, per le sue 
              qualità intrinseche, per la tenacia dimostrata nel resistere, 
              senza fare una piega, al processo di demonizzazione cui è stato 
              sottoposto. Da tutti quelli che… lo Chardonnay, il Sauvignon, il 
              Viognier sì che sono grandi vitigni, mica queste varietà care ai 
              nonni e ai vecchi soloni dell’enologia italica… E soprattutto, 
              polemiche e dispute accademiche, a parte, per il valore dei vini 
              che esprime, soprattutto in Abruzzo, una regione vinicola che, 
              anche in virtù di stupendi Montepulciano, si avvia alla definitiva 
              consacrazione.
 
 Non è un caso, ma un segnale interessantissimo della riscoperta, 
              soprattutto all’estero, dei vitigni autoctoni italiani, che 
              nell’ambito dell’International Wine Challenge, il più importante 
              concorso enologico mondiale, nella categoria dei vini bianchi 
              italiani sia stato un Trebbiano d’Abruzzo, il Farnese 2000, della 
              Farnese vini di Ortona, ad aggiudicarsi l’unico massimo 
              riconoscimento toccato, per i bianchi, ai nostri colori, quello 
              del Great walue wine of the year. Mentre ad un grande rosso 
              tipicamente e intimamente toscano, il Vino Nobile di Montepulciano 
              Vigna Asinone 1997 di Poliziano, sia toccato quello per l’Italian 
              red. Mentre il Montepulciano d’Abruzzo si è ritagliato una 
              medaglia d’oro, cinque medaglie d’argento, e otto di bronzo…
 
 Tutti lodano, più che giustamente, i vini magici di Edoardo 
              Valentini, le ottime cose di Masciarelli, Illuminati, Orlandi 
              Contucci, Zaccagnini, Montori, ma chi scrive ama moltissimo 
              invece, e ritiene ingiustificato e miope lo spazio generico sinora 
              concessole da alcune guide che vanno per la maggiore, un’azienda 
              che con un felice mix sta abbinando il rispetto della tradizione e 
              l’apertura al nuovo e alla sperimentazione. Anche grazie alla 
              collaborazione, come consulente, di un enologo capace e coraggioso 
              come Romeo Taraborrelli. Un tipo, oltre che molto simpatico e alla 
              mano (a differenza di altri wine maker presuntuosi come delle 
              dive), molto bravo, come ha dimostrato, ottenendo eccellenti 
              risultati, anche nelle Marche, in un’azienda assolutamente da 
              tenere d’occhio come Velenosi. L’azienda vinicola Marramiero di 
              Rosciano, nel pescarese, oltre a magnifici Montepulciano, il Dama 
              base, la riserva affinata in barrique Inferi ed il meraviglioso 
              Incanto (di cui vi consigliamo senza alcuna esitazione il 1998), 
              ad un sorprendente Brut metodo classico da uve Pinot nero e 
              Chardonnay, produce ben tre versioni di Trebbiano.
 
 Un base, denominato Dama, molto affidabile e piacevole, una 
              riserva o selezione limitata, affinata in piccoli fusti di rovere 
              francese, dal nome Altare, (nessun legame, è bene sottolinearlo, 
              con un noto produttore piemontese…) ed un tipo intermedio, 
              vinificato in acciaio, che troviamo splendidamente riuscito e 
              davvero, come dice il suo nome, in grado di esprimere l’Anima del 
              magnifico Trebbiano. Io sono un rossista convinto (in campo 
              enologico, beninteso…) e senza esitazioni e per entusiasmarmi un 
              bianco deve essere veramente grande e completo, originale e ricco 
              di personalità. Con questo Trebbiano Anima di Marramiero è 
              successo proprio così ed il vino, non limitandosi a convincermi 
              pienamente da un punto di vista tecnico, enologico, ideativo, mi è 
              piaciuto, tantissimo, per il carattere spiccato che ha, per 
              l’equilibrio, la gradevolezza di vino che non dimentica mai di 
              essere prodotto per essere bevuto, per piacere, per tornare ad 
              essere ri-bevuto e raccomandato agli amici. Proprio come faccio 
              io, in fondo, settimana dopo settimana, cercando di raccontarvi 
              vini che mi hanno colpito per la loro autenticità, per un qualcosa 
              di vero che hanno da dire.
 
 Bello già nel colore questo Anima, un bel paglierino intenso e 
              luminoso, dai bei riflessi verdolini nervosi, ben grasso nel 
              bicchiere, consistente, e ancora meglio vanno le cose con i 
              profumi, precisi, incisivi, densi e quasi aromatici, di frutta 
              matura (pesca noce, pesca bianca), di nocciola, e poi fiori 
              bianchi, inseriti in una cornice elegantemente sapida e minerale 
              che richiama la pietra focaia. La bocca corrisponde in pieno e 
              rispetta le premesse, con un frutto vivo, nervoso, salato, una 
              bellissima consistenza, una persistenza lunga e piena d’energia di 
              vino che, anche grazie ad una bellissima acidità fresca e 
              bilanciata, non si siede, ma rimane vivace, pieno di nerbo, sino 
              all’ultimo, quando si chiude su una nota piacevolmente amarognola 
              che richiama la mandorla. Un vino, scusate la banalità, che ti 
              viene davvero voglia di bere senza fare tante storie, senza cedere 
              alla tentazione, professionale, della vivisezione, dell’analisi, 
              della biopsia. Proprio il contrario del trattamento, pelo e 
              contropelo, cui mi sono dedicato recentemente, non riuscendo 
              proprio a bere il vino (perfetto per una campagna anti - alcolica: 
              se hai solo questo da bere, passi all’acqua minerale…) e non 
              avendo altro da fare che esaminarlo al microscopio, con un 
              fasullissimo vino irpino base Fiano e Greco, che siamo pronti a 
              scommettere si beccherà i “tre bicchieri”, dopo aver ricevuto i 
              “cinque grappoli” da Duemilavini A.I.S. 2002. Trionfano i vini 
              senz’anima, vini che piacciono, ci assicurano riviste patinate, al 
              jet set, ad un démi monde vippesco di attrici, stelline, politici, 
              banchieri, bancari, intellettuali (dei miei stivali, avrebbe detto 
              Craxi): ed io mi consolo, brindando con questo gagliardo e 
              autentico Trebbiano Anima… e core.
 
 26 ottobre 2001
 
 bubwine@hotmail.com
  
              
              Trebbiano d’Abruzzo Anima 2000. Azienda vinicola Marramiero, 
              Contrada Sant’Andrea n. 1 - 65010 - Rosicano (Pescara). Prezzo 
              lire 15.000. Tel. 085 8505766 fax 085 295360. Email:
              
              azmarram@tin.it
              
              - 
              
              Web: www.marramiero.it  
              
              
 
 
 
 
 
               
               |