“Ma l’Islam è dentro la cultura occidentale”
intervista a Franco Cardini di Cristiana Vivenzio


“Islam ed Europa: incontro o scontro? Personalmente non credo alle tesi del professor Hungtinton sullo scontro delle civiltà, né posso crederci, conoscendo la storia dei rapporti tra Islam e Occidente. Hungtinton sbaglia proprio perché è caduto nel malinteso in cui incorrono molti”.

Qual è il malinteso di cui parla, professore?

Il malinteso che si fonda sulla pregiudiziale ostilità del mondo islamico nei confronti di quello occidentale. Questo pregiudizio, che ha contraddistinto per secoli i rapporti tra queste due parti del mondo, nasce e si consolida nella cultura tardo settecentesca e romantica. A quell’epoca ancora convivono due visioni dell’Islam. La prima che guarda al mondo musulmano con il gusto dell’esotismo: la mania orientalista che si traduce in una propensione al filo-islamismo. La seconda che interpreta il rapporto tra mondo islamico ed Europa come un conflitto permanente tra civiltà che non avevano alcunché in comune, volutamente ignorando che l’Islam è dentro la cultura occidentale.

E allora come valuta la posizione di chi parla in effetti di uno scontro tra civiltà occidentale e mondo islamico?

Direi che sono quasi criminali le posizioni di chi alimenta l’odio tra le civiltà. Bin Laden sta premendo proprio in quella direzione: spingere la guerra al punto da farla divenire uno scontro delle civiltà. Ma questo è l’atteggiamento tipico di tutte le organizzazioni terroristiche, è sulla radicalizzazione che creano il proprio consenso. Per evitare di continuare a ricadere nello stesso malinteso - noi siamo i buoni e loro i cattivi - è necessario uscire da un’interpretazione strettamente politica e guardare alla realtà storica. L’Islam è anche integralismo ma non è solo integralismo. Purtroppo temo che le operazioni in Afghanistan arriveranno a dare credito alle posizioni dei terroristi. E credo che sia giunto il momento che il mondo occidentale faccia una riflessione su se stesso.

Che cosa intende?

Intendo dire che è vero che non ci sono giustificazioni all’attentato dell’11 settembre ma è necessario che l’Occidente si interroghi non tanto sul perché vi sia stato, domanda questa dalla facile risposta: si voleva provocare una reazione. Ma l’Occidente si deve interrogare piuttosto sul perché in alcune zone del pianeta vi sono state manifestazioni di sollievo e di soddisfazione per gli attentati. Abbiamo seminato una grossa sperequazione nel mondo, ne gestiamo i beni e pretendiamo di controllare le classi dirigenti anche dei paesi di quell’area oggetto del nostro interesse. Giustifichiamo sulla base del fatto che ci muoviamo per la difesa dei valori fondanti la civiltà occidentale - la giustizia, la libertà, la tolleranza… tutti i valori comuni alla tradizione illuminista e cristiana - ogni politica di potenza. L’occidente si trova di fronte ad un attrito che non può più rifiutarsi di vedere. L’attrito che si crea tra la volontà di potenza e il tentativo di esportare quei valori nel resto del mondo.

Qualcosa che si richiama ad una pretesa superiorità del mondo occidentale e che richiama immediatamente alla mente il malinteso sull’Islam di cui li parla nel suo libro su Europa e Islam. Ma, professore, da che cosa e quando nasce il malinteso di cui parla?

Il pregiudizio nasce nel Medioevo e si cristallizza nell’età moderna, nel momento in cui più forte si fa lo stacco tra Europa e mondo islamico. Ma è soprattutto nell’Ottocento che si rafforza la tradizione storico-culturale che interpreta le crociate come la battaglia contro gli infedeli. E siccome poi la storia finisce per essere principalmente aneddotica, e quindi finisce per fare di tutta l’erba un fascio, quell’idea che si è creata con le crociate o con la guerra saracena contro i nostri porti ha finito per consolidare l’idea dello scontro. Non dimentichiamo che proprio l’età delle crociate è stata quella in cui si sono infittiti gli scambi culturali, filosofici ed economici tra Europa e Islam. Con questo non nego gli scontri. Mi preme ricondurli ad un equilibrio politico sociale e religioso. C’è un aneddoto linguistico che spiega meglio di qualsiasi altro il fondamento pregiudiziale di cui parliamo. Il termine crociate che in arabo si dice “hurub as-salidyya” e letteralmente significa “le guerre della croce” i musulmani lo appresero nell’800, studiando in Europa. Prima di quella data le nostre crociate erano interpretate dai musulmani come delle incursioni nemiche sui propri territori. Si tratta di un malinteso che affonda le sue radici prevalentemente nella questione religiosa, dunque. Ma l’Islam non è solo una religione è una cultura, una civiltà.

1 novembre 2001

c.vivenzio@libero.it

 

 

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