Cucina. Pane vecchio fa buon brodo
di Maria Luisa Gualtieri
“Col sudore della tua fronte ti guadagnerai il pane” con queste
parole il Signore maledì Adamo cacciandolo dal paradiso terrestre.
Il nostro padre Adamo, dunque, mangiava il pane. Lo dice la
Bibbia. E pane hanno continuato a garantire ai loro sudditi i
governanti delle varie epoche storiche per evitare guerre e
sommosse. Le tasse più impopolari che ci siano mai state in Italia
furono le gabelle sul pane e le imposte sul macinato.
L’importanza del pane si riflette anche su tutta una serie di
dolci tipici e tradizionali che, pur non avendo nulla a che vedere
con il pane (se non la farina come ingrediente comune) dal pane
prendono nome. Citiamo alla rinfusa il panettone e il pandoro, il
pandolce e il panforte, il panpepato e il pangiallo, il pan di
Spagna e il pan di ramerino, il marzapane, il pandorato e il
panpazzo. Purtroppo oggi si mangia sempre meno pane e se ne
consuma molto meno di quanto se ne acquisti giorno per giorno. Può
essere interessante un ritorno alle antiche regole - allora
dettate da necessità di parsimonia - che imponevano alle famiglie
di evitare ogni spreco.
Impariamo a non buttare via il pane raffermo; riutilizzandolo,
grattugiato oppure ammollato nell’acqua, nel brodo o nel latte,
come ingrediente di numerose ricette dalla “pappa al pomodoro”
toscana, all’"acquasale” pugliese, alla fettunta, che è un ottimo
antipasto povero che stuzzica l’appetito e predispone ad
assaporare meglio i cibi che seguiranno. Si tratta di tagliare
pane raffermo a fette non molto sottili, sfregarle con uno spicchi
d’aglio fresco e abbrustolirle sulla brace o alla fiamma del gas
su una griglia per carne. Poi peparle, salarle, condirle con olio
extravergine d’oliva e servirle molto calde.
9 novembre 2001
mlgualtieri@hotmail.com
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