| I vini del Franco bevitore. Al presidente 
              non far sapere… di Franco Ziliani
 
 C’è poco da fare, in occasione dei ricevimenti ufficiali, il 
              Barolo, quello vero, è sempre sfortunato. Ad un anno di distanza 
              da quell’infelice episodio in cui, in occasione di una visita a 
              Torino del presidente francese Chirac, il governatore della 
              Regione Piemonte, Enzo Ghigo, grande amico dei capataz della banda 
              della chiocciola di Bra, non seppe fare di meglio che donargli una 
              bottiglia di un normalissimo Barolo 1995 (annata di medio livello) 
              invece di un grande cru di un millesimo leggendario come il 1961, 
              il 1970 o il 1978, il re dei vini riceve un altro pesante smacco. 
              L’ultimo episodio di una sfortunata congiuntura, che vede il più 
              grande dei vini rossi di Langa incompreso dalle istituzioni, 
              risale a lunedì 19 novembre, data della visita del presidente 
              della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alla tomba di Luigi Einaudi 
              (come Ciampi governatore della Banca d’Italia e poi capo dello 
              Stato) a Dogliani.
 
 Esaurita la parte ufficiale e istituzionale, rappresentata 
              dall’omaggio ad Einaudi, grande economista e statista e insigne 
              figura di liberale, le cronache ci raccontano di un magnifico 
              pranzo offerto a Ciampi nella splendida cornice del Castello di 
              Grinzane Cavour, presenti autorità varie e politici. Nulla da dire 
              sullo squisito e correttissimo menu, basato, citiamo “la Stampa” 
              di Torino, su: “Cardi gobbi saltati con fonduta e tartufo bianco 
              d´Alba, ravioli al plin al naturale sul panno con abbondante 
              “grattata” di profumata trifola, filetto di vitellone glassato con 
              salsa alle nocciole tostate e piccola macedonia di ortaggi, dolce 
              semifreddo ai marron glacé con salsa di cachi”, offerto al 
              presidente e alla sua vivacissima e simpatica consorte. Una 
              proposta di territorio molto intelligente, calibrata, senza le 
              stravaganze che, immancabilmente, saltano fuori quando si vuole 
              proporre qualcosa d’originale.
 
 Peccato invece che, al momento di scegliere i vini da abbinare a 
              piatti tanto squisiti, i responsabili (è possibile, per favore, 
              conoscere i loro nomi e di che cosa si occupano? ) si siano 
              dimostrati meno felici, o piuttosto ispirati da logiche molto 
              politicamente corrette - due dei produttori i cui vini erano stati 
              selezionati hanno preso parte, dicono le cronache, al pranzo 
              ufficiale - che alla tradizione e ai massimi livelli qualitativi 
              non si ispirano proprio. Poco da eccepire, in relazione all’annata 
              (la più recente) e al produttore (serio e affidabile, oltre che 
              assessore al Comune di Alba…) sul Dolcetto Rossana 2000, buono 
              anche se non irresistibile (ma ringraziamo il cielo che non 
              abbiano proposto un “Super Dolcetto” barricato new style, anche se 
              potevano fare un’ottima figura, in consonanza con la visita 
              einaudiana, servendo un Dolcetto dei Poderi Einaudi…) di Ceretto, 
              né sul Moscato d´Asti di Dogliotti, sempre uno dei migliori, o 
              sulla Grappa di Barbera di Berta, anche se personalmente avremmo 
              puntato su altri distillatori come Marolo o la Distilleria 
              Artigiana di Mombercelli, sicuramente assai superiori.
 
 Quel che non riusciamo a digerire e capire, nonostante la presenza 
              tra gli invitati al Castello di Grinzane di monsù Angelo, è che 
              volendo proporre a Ciampi un Barolo, il re dei vini e non un rosso 
              qualsiasi, si sia finiti per scegliere un vino che Barolo non è, 
              nonostante quel che scrive “la Stampa”, ma un Langhe Nebbiolo, 
              ovvero un vino che, come prevede il disciplinare di produzione, 
              può essere tranquillamente prodotto aggiungendo alle uve Nebbiolo 
              sino ad un quindici per cento di altre uve autorizzate in 
              provincia di Cuneo, dalla Barbera al Cabernet Sauvignon al Merlot. 
              Difatti il “Barolo 1997 Conteisa Cerequio di Gaja”, come scrive 
              erroneamente il quotidiano torinese, non porta in etichetta, a 
              partire dall’annata 1996, accanto al nome stampato a caratteri 
              inconfondibili del produttore, la parola Barolo, ma propone, molto 
              più in piccolo, la dicitura Langhe Nebbiolo. Questo a seguito 
              della discutibile e incomprensibile (diciamo così…) scelta di 
              Angelo Gaja, di declassare gli ex Barolo Sperss e Conteisa 
              Cerequio ed i prestigiosi cru di Barbaresco Costa Russi, Sorì 
              Tildin e Sorì San Lorenzo, a Langhe Nebbiolo.
 
 Non bastasse la scelta, discutibilissima, di servire, nella 
              cornice del Castello di Grinzane Cavour, barolesca quanto poche 
              altre, uno pseudo Barolo o un ex Barolo o quantomeno un vino che 
              potrebbe vedere il Nebbiolo imbastardito dal contributo di altre 
              uve, crediamo si commenti da sola, meritevole di biasimo 
              quant’altre poche, la decisione (di chi? fuori i nomi, romperemo 
              le scatole finché non lo sapremo!), di servire al nostro amato 
              presidente un vino di un’annata che, per quanto grande, ed il 1997 
              lo è (anche se meno del 1996), anche un aspirante sommelier al 
              primo corso avrebbe ritenuto non ancora pronto, perché tannico e 
              chiuso (anche se si trattava di un morbido vino di Gaja), per 
              essere servito in una grande occasione. Troppo complicato, troppo 
              difficile per le menti fervide dei responsabili di una scelta così 
              assurda pensare di servire al presidente Ciampi un vero Barolo, 
              profumato di Nebbiolo, di una grande annata! Povero Castello di 
              Grinzane, sede dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei vini 
              d’Alba, magnifico tempio laico delle storie patrie e sacrario di 
              una cultura del Barolo così brutalmente vilipesa!
 
 Nell’attesa che il “padre della patria enoica”, Luigi Veronelli, 
              (che si disse scandalizzato per la scelta dei vini serviti al G8 
              di Genova), alzi alti lai per il delitto di lesa maestà barolesca 
              e per la gaffe compiuta con Ciampi, voglio girare a Gigi Cabutto, 
              sindaco di Grinzane e presidente dell’Enoteca Regionale del 
              Barolo, una proposta: perché non inviare per Natale, al presidente 
              della Repubblica 24 bottiglie di Barolo di grandi annate, per 
              raccontargli che il re dei vini di Langa, quello vero, è una cosa 
              molto differente - e permettetemi di dirlo - molto più nobile e 
              grande di un Langhe Nebbiolo, seppure griffato Gaja?
 
 29 novembre 2001
 
 bubwine@hotmail.com
  
              
              
 
 
               
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