| Sì logo. Per un’economia sociale al 
              servizio dell’immaginario di Luciano Lanna
 
 Una marca? “E’ in grado di darci delle emozioni, in quanto, 
              esattamente come le persone, è dotata di una sua personalità e di 
              un carattere, mentre il prodotto, da solo, non è più in grado di 
              fornire tali emozioni, né, tantomeno, di stimolare il consumatore 
              all’acquisto”. E’ la tesi di Vanni Codeluppi, sociologo del 
              consumo, che ne fa il leit motiv del suo ultimo libro da poco in 
              libreria: “Il potere della marca. Disney, McDonald’s, Nike e le 
              altre”. Leggendolo si scoprono cose interessanti, a cominciare da 
              una inaspettata “dimensione sociale delle marche” che va molto al 
              di là della semplice funzione economica. Secondo Codeluppi, 
              infatti, le marche sono oggi gli attori chiave dei principali 
              processi di trasformazione sociale: “non sono soltanto in grado di 
              influenzare il nostro modo di vivere, bensì, addirittura, tendono 
              a plasmare la struttura delle città”.
 
 L’autore fa l’esempio della quarantaduesima strada di New York, la 
              piazza probabilmente più famosa del mondo, “dominata sino agli 
              anni Novanta dai locali sexy e dalla prostituzione, tale zona è 
              stata infatti progressivamente invasa dai negozi delle principali 
              marche mondiali, a cominciare da quelli di Disney”. L’immaginario 
              disneyano, insomma, ha trasformato una zona squallida in un 
              quartiere luminoso e sociale. E gli esempi forniti da Codeluppi 
              non finiscono qui. Sullo sfondo una nuova visione del marketing 
              come “paradigma sociale” che dovrebbe far riflettere chiunque 
              auspichi un’economia e un mondo non ridotti a mercato e non 
              pensati solo attraverso l’utilitarismo.
 
 “Il potere della marca” è un testo, insomma, che va letto e 
              utilizzato forse anche oltre le stesse intenzioni accademiche 
              dell’autore. Ne consigliamo la lettura soprattutto nella forma di 
              un’alternativa teorica al “No logo” di Naomi Klein, la giornalista 
              canadese divenuta una sorta di guru dei no-global. Tanto le tesi 
              iconoclastiche della Klein sono contraddittorie - basti pensare 
              che l’autrice ha protetto con il copyright il titolo del suo 
              libro, in totale contraddizione con le sue premesse - quanto le 
              analisi di Codeluppi ci aiutano a comprendere uno dei fenomeni più 
              carichi di valenze sociali e politiche dei nostri tempi. Le 
              analisi del sociologo italiano ci aiutano infatti a comprendere 
              fino in fondo il valore reale del pensiero simbolico, ciò che dà 
              forma e anima alle relazioni sociali contemporanee, allo scambio e 
              al conflitto. Anche perché - e in questo il libro di Codeluppi è 
              davvero fondamentale - senza loghi, senza marche, senza 
              immaginario, l’economia si ridurrebbe solo a volgare transazione 
              di interessi materiali e il mercato al campo smagnetizzato di un 
              utilitarismo senza volto. Un’impresa può oggi avere la capacità di 
              trasformare le merci che produce in simboli e vettori di 
              comunicazione sociale: “la capacità, cioè, di dare un contributo 
              determinante allo sviluppo dell’odierna economia culturale dei 
              segni”.
 
 7 dicembre 2001
 
 lucianolanna@hotmail.com
 
              
              Vanni Codeluppi, Il potere della marca. Disney, McDonald’s, Nike e 
              le altre, Bollati Boringhieri, pp. 160, lire 18.000, euro 9,30
 
 
 
 
               
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