| Il Novecento raccontato da Mughini di Cristiana Vivenzio
 
 Non è facile recensire un libro di Giampiero Mughini. Recuperarne 
              i toni e le atmosfere, la passionalità e il trasporto del 
              contenuto attraverso un compendio di poche righe. E, altrettanto, 
              non è facile raccontare la suggestione dei disegni, l’immediatezza 
              delle immagini, il forte richiamo ad altri tempi delle fotografie 
              sbiadite, dei dipinti, dei ritratti, delle caricature di grandi 
              personaggi. “L’invenzione del ’900”, il libro in cui Giampiero 
              Mughini racconta la storia della casa editrice Vallecchi, è 
              proprio questo. Fondersi armonico di evocazioni linguistiche e 
              iconografiche che raccontano un tempo, un luogo, una certa Italia. 
              Questo libro, scritto dall’autore con toni di convinta 
              partecipazione, è in fondo dedicato all’Italia. All’Italia 
              imprenditrice e industriosa, compassionevole, nel significato più 
              alto del termine e, coraggiosa. E’ l’Italia delle avanguardia 
              letterarie, dell’adesione al fascismo, del grande disincanto. Ed è 
              anche l’Italia della sconfitta e della rinascita. Da filo 
              conduttore la storia, la vita, la biografia di un personaggio, 
              Attilio Vallecchi, e della sua “creatura editoriale”.
 
 Il Novecento letterario e artistico nel nostro paese nei primi 
              decenni del XX secolo passa per Firenze. “E’ come se il Novecento 
              italiano - scrive Mughini - fosse nato in Toscana, una di quelle 
              notti in cui restavano a lungo a parlare in due o in tre, avanti e 
              indietro per quelle strade di cui amavano ogni sasso, e a tener 
              loro compagnia c’erano due signori eleganti, “l’ironia” e “la 
              malinconia”. La Firenze capoluogo della cultura italiana di inizio 
              secolo - racconta Mughini parlando del suo libro - “risponde 
              all’appello che veniva ora da Londra ora da Vienna, ora da Oscar 
              Wilde, ora da Karl Kraus. Naturalmente è una Firenze piccola, a 
              paragone. Però questa è l’Italia, l’Italietta”. E Firenze ai primi 
              del Novecento è la Vallecchi. Questa è una casa editrice fatta 
              come allora erano fatte le case editrici: umile nelle origini, 
              nata dall’intraprendenza di un uomo tenace e volenteroso ma con un 
              indiscusso fascino per l’editoria, una passione per le idee e 
              soprattutto un intuito formidabile.
 
 Tutte le vicende della Vallecchi sono raccontate da Giampiero 
              Mughini rievocando atmosfere, personaggi, luoghi. Ripercorrendo i 
              titoli dei libri che sono stati pubblicati, i frequentatori 
              assidui o occasionali che quei luoghi hanno visitato, ricostruendo 
              le tensioni interne che hanno contraddistinto la storia di questa 
              casa editrice, dal suo apogeo al suo declino. Dalle prime 
              pubblicazioni datate 1913 della rivista “Lacerba” fino al 1919, 
              quando la Vallecchi nasce. La casa editrice fiorentina, peraltro, 
              nasce con un’eredità pesante, “La Voce” di Giuseppe Prezzolini, ed 
              “ereditare il patrimonio culturale ed editoriale delle edizioni 
              vociane - scrive Mughini - significa ereditare il meglio della 
              cultura italiana del primo quarto di secolo, mentre nuovi talenti 
              si stanno affacciando sulla scena”. Da Papini a Soffici, da Carrà 
              a Boccioni, a Prezzolini, Cardarelli, Ungaretti, Rosai, 
              Palazzeschi, Campana, tutti transitano per i locali di via 
              Nazionale numero 25 a Firenze. Attorno al nome di Attilio 
              Vallecchi, e del figlio Enrico, si raduno futuristi e 
              avanguardisti, reduci e antigiolittiani, fascisti e antifascisti.
 
 E la storia della Vallecchi diviene una storia 
              dell’intellettualità italiana e del rapporto di questa con la 
              politica. Un gruppo intellettuale che si contrappone in blocco al 
              mediocre mondo giolittiano della nascente democrazia parlamentare, 
              incapace di suscitare passioni e priva di fibra morale. Un gruppo 
              intellettuale che invece crede che attraverso la cultura vada 
              alterato, cambiato, trasformato il mondo, e quindi crede nel 
              fascismo. Lo stesso gruppo di intellettuali che proprio per le 
              stesse ragioni in parte transiterà poi tra le fila marxiste. Oggi 
              le opere Vallecchi sono ritornate alle stampe, ci si augura - 
              parafrasando Mughini - con il monito di sempre: non ci sia 
              scrittura o linguaggio poetico legati a tutto ciò che di vivo sta 
              muovendo nella cultura europea cui i Vallecchi dicano no.
 
 7 dicembre 2001
 
 c.vivenzio@libero.it
  
              
              Giampiero Mughini, “L’invenzione del ’900”, Vallecchi, 2001, pp. 
              246, lire 70.000, euro 36.15.
 
 
 
 
               
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