I vini del Franco bevitore.
Magno Megonio: nemo propheta in patria
di Franco Ziliani
E’ proprio vero. Com’è difficile essere profeti in patria!
Trascurati, per ignoranza, invidia, o puro provincialismo da chi
vive accanto a loro - ed in teoria dovrebbe conoscerli bene e
apprezzarli - molti personaggi, attivi nei più diversi campi,
dall’arte alla cultura, devono spesso attendere di essere scoperti
all’estero, ottenere una “legittimazione” del loro lavoro a
migliaia di chilometri di distanza da casa, da osservatori ed
esperti che si limitano, oggettivamente, a giudicare il loro
operato, prima di essere, di rimbalzo, “scoperti” e riconosciuti
grandi nella loro terra d’origine. E’ una cosa singolare e
stupida, ma è molto più diffusa, ed inspiegabile, di quanto si
pensi. Accade quotidianamente con medici, architetti, scrittori,
registi, attori, musicisti, ed in cento altre attività svolte nel
campo della libera professione, della creatività e
dell’imprenditoria, ma - come potrebbe essere diversamente? - si
verifica anche nel campo del vino. Quante volte, in questi anni,
non c’è accaduto di accorgerci improvvisamente della grandezza di
una bottiglia, dell’originalità e della genialità di un
produttore, della sua capacità di stare sul mercato, del valore di
una zona vinicola, solo dopo aver casualmente verificato che la
stampa di lingua inglese o tedesca, il potente wine writer
d’oltreoceano, l’importatore attento ci avevano bruciato sul
tempo!
L’ultimo episodio di questo strano gioco di avvistamenti e
riconoscimenti in ritardo, di folgorazioni sulla via di London,
New York o Zurich, risale a settembre, quando sulla bella rivista
inglese “Wine”, il columnist Matthew Jukes in un articolo è
riuscito a sorprenderci per la sua competenza e conoscenza anche
di varietà ben poco conosciute in Italia, grazie ad una
celebrazione del Magliocco calabrese, un vitigno definito: “Una
varietà che era straordinariamente importante in Calabria, ma ora
è stato largamente estirpata a favore d’altre noiose varietà
internazionali. Ma può essere veramente superiore a loro. Una
struttura muscolare e un’intensità di frutta nera è il suo
carattere distintivo, ma senza alcuna ombra d’astringenza tipica
del Nebbiolo e con un profilo aromatico completamente diverso da
quello del Sangiovese. Nelle sue migliori espressioni questa
varietà può dare vita a vini di grande importanza, che possono
impensierire i Super Tuscan”. E trasformarsi in vini “intensi,
complessi e di gran classe”.
Favoriti dalla nostra periodica frequentazione, da sette-otto anni
a questa parte, della Calabria e precisamente di Cirò Marina, dove
un produttore geniale e intraprendente come Librandi ha puntato
senza esitazioni sul recupero di questa varietà, dopo aver
assaggiato i primi vini sperimentali ottenuti dalla vinificazione
in purezza del Magliocco, non avevamo avuto alcun dubbio
sull’enorme potenziale e sul futuro di questa varietà di antica
coltivazione in Calabria. Il Magliocco presenta tutte le
caratteristiche per essere riconosciuta come grande: peso medio
del grappolo contenuto in 150-200 grammi massimo, vigoria media,
buona tolleranza alle avversità climatiche e alle principali
malattie crittogamiche, in particolare modo al marciume, e poi
“elevato tenore polifenolico e in tannini”, buona acidità totale,
struttura ed eleganza che lo rendono idoneo all’invecchiamento.
Una volta arrivato veramente in commercio, con l’annata 1999, dopo
la prova in magnum annata 1995 e una piccola produzione targata
1998, il Magno Megonio di Librandi, dato il suo pedigree e le sue
caratteristiche intrinseche, e la mano sapiente in fase di
vinificazione di un enologo princeps come Donato Lanati, eravamo
certi che avrebbe fatto l’en plein anche in Italia, con i
conseguenti riconoscimenti e allori attribuiti dalle guide.
Invece, per la consueta legge del “nemo propheta in patria”,
oppure per ignoranza, pigrizia mentale, oppure chissà per quale
altro motivo - con la sola eccezione della guida Veronelli, che
già nell’edizione 2001 aveva attribuito il Sole e 93/100
all’annata 1998, e che nella versione 2002 assegna il Super Tre
Stelle all’annata 1999 - sulle altre guide, del Magno Megonio si è
perduta traccia.
Niente paura. Anche se non l’hanno “pluribicchierato” e
“multigrappolato”, il Magno Megonio è davvero un signor vino, che
dà lustro ad una viticoltura calabrese e meridionale che vuole
ritornare grande riscoprendo le proprie radici, dando voce e forza
alla propria identità e personalità e non fingendo di essere la
California d’Italia. Lo è, innanzi tutto, perché è un vino
originale, personalissimo, uguale solo a se stesso. E perché
recupera e rilancia in orbita una varietà autoctona,
magnificandone le straordinarie potenzialità. Il carattere
saldissimo, la personalità di questa IGT Val di Neto, appare già
dal colore rubino intenso violaceo, di bella densità e
concentrazione, grasso e viscoso nel bicchiere, ma brillantissimo
e vivace e ben lontano dalla lutulenta sempiterna tinta buccia di
melanzana di tanti vinoni da laboratorio.
Il naso rivela subito che ci troviamo di fronte ad un vino del
sole, caldo, maturo, di bella polpa e consistenza, con more di
rovo, ribes, bacche selvatiche, accenni di sottobosco. In più, e
in meglio, troviamo però una cifra di freschezza, di fragranza, di
meravigliosa pulizia e nitidezza che non riduce mai il vino ad una
banale spremuta di frutta, ad una marmellatosa monodimensionalità,
ma conferisce eleganza, charme, un’aerea, enigmatica finezza. La
bocca rispetta in pieno questo equilibrio, questa capacità di
nobilitare la materia, abbinando una magnifica e polputa dolcezza
di frutto, una consistenza salda e ricca di nerbo a tannini ben
sostenuti, ma soffici e rotondi, ad un velluto caldo, ad una
stoffa morbida e setosa, che rende il vino lunghissimo,
avvolgente, persistente, capace di regalare innumerevoli sfumature
di gusto, di volume, di calore.
Gustatevi questo grande rosso meridionale e calabrese, giustamente
compiaciuto di essere tale, su un grande e succulento piatto di
carne, capretto, cacciagione, e carni rosse in particolare, su
orecchiette con ragù d’agnello, su umidi con funghi o preparazioni
saporite arricchite dal tartufo. Il centurione romano, che per
primo, duemila anni orsono, lasciò una testimonianza scritta della
cultura della vite in questa terra felix, sarebbe sicuramente
orgoglioso di avere dato il proprio nome ad un vino tanto pieno di
carattere, pugno di ferro in un morbido guanto di velluto.
7 dicembre 2001
bubwine@hotmail.com
Azienda vinicola Librandi. Contrada San Gennaro - 88811 Cio’
Marina KR - Tel. 0962 31518 fax 0962 370542. Prezzo 35.000 lire -
www.librandi.it
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