| Fini e fine della politica di Adriano Olivetti
 
 Nelle recenti e false concezioni dello stato che vogliono apparire 
              nuove e moderne, lo stesso errore perpetrato dai partiti cattolici 
              si presenta quasi ovunque. Tecnocrati, corporativisti, organicisti 
              ricadono nello stesso fraintendimento della vera natura della 
              politica e dello stato. I primi presentano la tesi, che trova 
              sempre largo consenso negli ingenui e nei non ingenui, secondo la 
              quale occorrerebbero al governo semplicemente dei buoni 
              amministratori e che questi saggi amministratori si troverebbero 
              soltanto fra quelle persone che hanno dimostrato in campo pratico 
              della capacità. I corporativisti propongono una dottrina che 
              deteriora attraverso una astuta e ingiusta equazione 
              capitale-lavoro, una autentica democrazia. Vi è infine la 
              posizione organicista, nella quale militano tutte quelle persone 
              di buona volontà, le quali, riconoscendo che la democrazia, e di 
              conseguenza il parlamento, figlio unico del suffragio universale, 
              non sono più una vera e genuina espressione della realtà sociale, 
              vogliono chiamare a rappresentarlo gli esponenti delle 
              professioni, delle arti, delle scienze, via via fino eventualmente 
              ai rappresentanti delle famiglie. Si giungerebbe così ad una 
              struttura complessa, disordinata, che sarebbe certamente più varia 
              e multicolore di una ordinaria camera politica; ma non occorre 
              molta chiaroveggenza per scorgervi una complessiva e preoccupante 
              falsificazione del sentimento e della volontà popolare, perché (e 
              non a caso) sarebbe propria di una tale assemblea una più grande 
              influenza delle classi di medio ed alto censo. Queste assemblee, 
              cosiddette organiche, costituirebbero ad ogni modo una 
              rappresentanza in cui la pretesa competenza politica vi sarebbe 
              illusoria.
 
 Noi partiamo dallo stesso atteggiamento critico verso il regime 
              parlamentare come si è costituito sul continente per imitazione 
              del sistema anglosassone e che si è corrotto e per le mutate 
              condizioni e per il differente clima storico e ambientale in cui 
              ebbe a funzionare. Ma ci sforziamo anche di voler porre una 
              maggiore chiarezza, onestà scientifica, ordine in questa 
              complicata e misteriosa faccenda di un nuovo tipo di 
              rappresentanza politica. Per questo abbiamo propugnato 
              l’istituzione di veri e propri Ordini politici a simiglianza e 
              analogia con quelli religiosi, nei quali competenza (politica), 
              capacità (politica), specializzazione funzionale e infine, last 
              but not least, validità ai fini di una vera democrazia 
              (autenticità di mandato, consenso dei cittadini, alternativa nelle 
              funzioni di comando) trovassero finalmente una espressione 
              armonica, o vuoi, per adoperare l’espressione di Carré de Malberg 
              a proposito della collaborazione tra esecutivo e legislativo, una 
              organica fusione. Alla democrazia autoritaria dei partiti 
              cattolici, alla democrazia progressiva dei partiti comunisti, noi 
              opporremo una democrazia integrata, un tipo nuovo, una forza nuova 
              di rappresentanza più forte, più efficiente della democrazia 
              ordinaria, ma altrettanto rispettosa dell’eterno principio della 
              uguaglianza fondamentale degli uomini e della libertà di ognuno 
              all’associazione, alla propaganda, all’esplicazione del proprio 
              pensiero politico.
 
 La democrazia ordinaria è troppo debole e incline a essere 
              sopraffatta dalla forza del denaro o dalla pressione di gruppi 
              organizzati che non sono la espressione della maggioranza; essa dà 
              luogo così alternativamente a regimi neo assolutisti o a stati di 
              massa, entrambi ugualmente lontani dal rispetto della libertà 
              della persona umana. La democrazia, e quindi il suffragio 
              universale, deve perciò essere integrata. Così come un legno che 
              puro è debole e si piega al mutare di ogni vento, frammisto e 
              saldato ad altri legni diventa rigido e resiste al tempo, non 
              altrimenti la democrazia per essere forte e durevole deve essere 
              compensata, rafforzata. Le forze che bisogna immettere nello stato 
              per determinare una vera democrazia, a fianco del suffragio 
              universale, sono le forze del lavoro e le forze della cultura, le 
              quali non hanno trovato sinora nello stato moderno una sufficiente 
              e coerente espressione giuridica. [...]
 
 E’ accettabile il fine comunista? Asseriamo di no, perché ignora 
              la persona umana, disconosce la trascendenza, non riconosce 
              l’influenza spirituale indiretta dei mezzi impiegati, onde 
              tradendo passo passo, come tradisce, la libertà, è destinato a 
              tradire il conclamato fine della libertà stessa. Sono 
              (politicamente) accettabili gli ideali dei socialisti e dei 
              cristiano-sociali? Nemmeno, perché non sono definibili, e come può 
              volersi una cosa senza forma concreta? Noi abbiamo indicato il 
              nostro fine: lo stabilirsi di una autentica civiltà cristiana. E 
              definiamo con precisione questo tipo di civiltà come armonica 
              sintesi di valori scientifici, sociali, estetici; proclamammo il 
              primato dello spirito sulla materia e la conseguente sottomissione 
              dell’economia e della tecnica ai fini e ai criteri politici; 
              infine dichiarammo che l’inverarsi di una tale società non poteva 
              (di necessità) essere disgiunto dall’idea di una comunità 
              concreta.
 
 L’analisi della struttura politica dello stato ci permise di 
              suggerire a quali forme e a quali corpi - tradizionali e non 
              tradizionali - dovesse essere affidata nella comunità, nella 
              regione e nello stato, la difesa e l’ascesa di ciascun valore. 
              Solo così uno stato rivolge una società verso fini spirituali e la 
              lascia libera di esprimersi e di espandersi secondo il disegno che 
              non appartiene già allo stato, ma all’ispirazione degli uomini, 
              cioè alla provvidenza di Dio. Si tratta di comprendere che ogni 
              funzione politica: giustizia, lavoro, urbanistica, economia, 
              pubblica istruzione, eccetera, ha regole sue proprie, ciascuna 
              rivestendo, da un punto di vista politico, speciale fisionomia ai 
              fini della preparazione culturale e della legittimità politica 
              degli organi di rappresentanza e di governo. Per questo, ogni 
              funzione politica ha uno speciale ed empirico rapporto tra talune 
              discipline scientifiche e la vita. Tale pluralità di funzioni, di 
              conoscenze, di esperienze, deve essere condotta ad unità da una 
              vasta ed uniforme preparazione culturale, attivata da un ideale 
              sostanzialmente omogeneo (l’idea di una società cristiana). Una 
              comunità concreta, a base territoriale, con l’ordine funzionale 
              danno luogo alla nuova democrazia integrata. Questi, 
              opportunamente impiegati, i tre principi necessari a creare 
              l’ordine nuovo.
 
 14 dicembre 2001
 
 (da Ideazione 5-2001 settembre-ottobre)
 
 Adriano Olivetti, Fini e fine della politica, a cura del Movimento 
              Comunità, 1948, Ivrea, pp. 20-24.
 
 
 
 
 
 
  
              
              
 
 
               
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