| Narrativa. Simenon: un viaggio nella 
              terra dell’ossessione di Carlo Roma
 
 “Poteva forse prevedere, lui come chiunque altro, che quella 
              serata l’avrebbero poi analizzata meticolosamente, che 
              gliel’avrebbero fatta quasi letteralmente rivivere, osservandolo 
              come un insetto al microscopio?” Spencer Ashby, serio e stimato 
              professore della scuola del suo villaggio, non può immaginare che, 
              in poche ore, la rispettabilità di una esistenza pacata ed 
              equilibrata sia infangata. Non può supporre che la morte, 
              incomprensibile e silenziosa, irrompa nel suo invidiabile rifugio. 
              Senza motivi apparenti. Senza una spiegazione plausibile. La 
              serenità e la consuetudine si infrangono, la riservatezza sfuma, 
              l’onorabilità è pregiudicata per sempre. Nulla verrà salvato dalla 
              volontà di scovare ed incriminare il probabile colpevole. Una sera 
              come tante altre, dunque, Spencer e sua moglie, la morigerata 
              Christine, seduti in sala da pranzo, consumano la cena. Il 
              cottage, poco lontano dal centro dell’abitato, è tranquillo e 
              rassicurante.
 
 Gli Ashby vivono ben inseriti in una piccola comunità americana, 
              ortodossa e perbenista, nei pressi di Litchfield, nel Connecticut. 
              Sono conosciuti e apprezzati e partecipano, con una certa 
              convinzione, a tutte le attività benefiche svolte dalla chiesa 
              locale. Assistono, insieme agli altri fedeli, alle funzioni 
              domenicali. Sono irreprensibili, insomma, agli occhi dei giusti e 
              dei miti del paese. Tutto scorre secondo ritmi consolidati e 
              abitudinari a casa Ashby, quella sera. Spencer e Christine, fra 
              una pietanza e l’altra, si scambiano poche battute, i cenni 
              d’intesa sono rapidi, quasi fugaci. La figlia di un’amica di 
              famiglia, Belle Sherman, fresca e libera diciottenne, è loro 
              ospite da qualche settimana. Sembra essere una presenza discreta e 
              cristallina: il suo passato, sebbene ignoto, non desta 
              preoccupazioni o perplessità.
 
 “Sei sicuro di non volermi accompagnare dai Mitchell?” chiede 
              Christine al marito. Si gioca a carte dai Mitchell, come sempre. 
              E’ un appuntamento che Christine intende rispettare anche a costo 
              di separarsi dal suo Spencer. Belle, dopo aver finito di mangiare, 
              si alza dal tavolo e scompare. Corre al cinema per l’ultima volta, 
              per l’ultimo spettacolo della sua giovane e povera vita. Spencer, 
              oramai solo e chiuso nel suo studio, si dedica alla correzione dei 
              compiti dei suoi allievi. La neve, abbondante, crea un’atmosfera 
              intima e ovattata. La mattina successiva, all’alba, viene 
              rinvenuto il cadavere di Belle, disteso sul letto e privo di 
              evidenti segni di violenza. Il corpo è rigido e freddo, la pelle 
              bianca.
 
 Chi ha ucciso Belle Sherman? Chi ha commesso un delitto così 
              lucido e ignobile? Chi ha rotto il clima di solidarietà e di 
              fiducia grazie al quale gli abitanti di Litchfield si sentono 
              sicuri e protetti? Chi se non Spencer Ashby l’unico a restare, la 
              notte fatale, nel tepore dell’ambiente domestico in attesa della 
              moglie? L’indagine sulla misteriosa morte di Belle si traduce in 
              una meticolosa e spietata caccia al peccatore per il quale non 
              viene concepito altro se non l’espiazione finale. Spencer, in 
              realtà innocente, avverte fin dalle prime domande formulate dai 
              funzionari di polizia un’aria tesa e pesante. Considerato diverso 
              ed isolato, allontanato dall’insegnamento, sottoposto alla 
              riprovazione della moglie, Spencer vacilla sotto il cumulo di 
              sottili allusioni e di mal celate accuse del coroner. La 
              consapevolezza dell’innocenza si confonde, nella sempre più 
              frammentaria ed inesatta ricostruzione dei fatti, ad un senso di 
              colpa via via più opprimente, incalzante, ingeneroso. Un senso di 
              colpa che condurrà la coscienza sopita di Spencer a ripercorrere, 
              turbata, le vie delle sue fantasie più nascoste e dei traumi 
              infantili rimossi da tempo. Fino ad un gesto estremo e dirompente.
 
 “La morte di Belle”, romanzo scritto da Georges Simenon durante il 
              suo soggiorno americano nel 1951, è una progressiva e 
              inarrestabile incursione nel terreno paludoso dell’ossessione. 
              L’innocenza si confonde con la colpa. Il giudizio espresso dagli 
              altri diventa il termine di paragone per stabilire sia le 
              responsabilità sia l’ineccepibile moralità del singolo. Spencer è 
              schiacciato come un animale indifeso. E’ costretto, suo malgrado, 
              a vestire i panni del mostro.
 
 1 febbraio 2002
 
 crlrm72@hotmail.com
  
              
              Georges Simenon, La morte di Belle, Adelphi editore, Milano, 
              pp.176, euro 12,39. 
                
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