| Saggistica. L’identità repubblicana 
              dell’Italia di Pino Bongiorno
 
 Carlo Azeglio Ciampi, presidente della repubblica italiana dal 13 
              maggio 1999, ha dato finora al suo mandato un indirizzo che ha tra 
              i suoi caratteri più evidenti il rispetto scrupoloso dei ruoli 
              istituzionali e il tentativo di educare il paese, in particolare 
              le giovani generazioni, ai valori patriottici. A questo proposito 
              sono stati numerosi i suoi interventi, centellinati invece 
              opportunamente su altre materie e pronunciati sempre nelle sedi 
              preposte, per ridare visibilità alla bandiera, conferire dignità 
              all’inno di Mameli, riabilitare la commemorazione del 2 giugno, 
              rendendone nuovamente protagonisti i militari, riaprire ai 
              cittadini l’Altare della Patria. Questa sua “missione”, ancora più 
              meritoria in tempi in cui la nostra già fragile identità nazionale 
              potrebbe addirittura scomparire insieme alla lira, trova sostegno 
              teorico e documentazione storica nel libro di Aldo G. Ricci, che 
              spiega come oggi sia possibile costruire intorno all’idea 
              repubblicana quell’ethos che le culture politiche a lungo 
              dominanti in Italia, il cattolicesimo e il comunismo, hanno di 
              fatto sempre ostacolato per via della loro natura sovranazionale.
 
 La crisi delle ideologie, la necessità di assumersi responsabilità 
              politiche e militari che la divisione del mondo in due blocchi 
              contrapposti evitava, l’europeizzazione, per ora soprattutto 
              economica ma a breve sembra anche giuridica, stanno costringendo 
              il paese a ripensare ai suoi simboli, ai suoi miti, alle sue 
              radici. In tutto ciò può giocare un ruolo essenziale proprio 
              l’idea repubblicana. Essa, nel 1946, ha potuto imporsi, come Ricci 
              ricostruisce con dovizia di particolari e archivistica precisione, 
              “più per la necessità di cancellare la monarchia che per quella di 
              realizzare un’aspirazione dalle origini lontane”. Un’aspirazione 
              che risale addirittura alla res publica romana e che trova la sua 
              prima codificazione costituzionale venticinque secoli orsono, nel 
              450 a. C., quando si riesce nell’impresa di integrare in un 
              sistema valori e diritti che hanno saputo soddisfare, magari 
              aggiornati, per centinaia di anni, “lasciando una identificazione 
              di Stato e diritto destinata a sopravvivere a chi l’aveva 
              realizzata”.
 
 Anche nei “secoli bui” successivi, quelli dei regni 
              romano-barbarici e poi via via della dominazione longobarda, 
              franca e infine germanica, la spinta all’autonomia e alla 
              partecipazione non farà mai difetto. E all’inizio del secondo 
              millennio sarà la civiltà comunale a rilanciare con forza e 
              successo gli ideali repubblicani, indicando la strada, come già in 
              passato, a un’Europa ancora irretita nei privilegi feudali. Sono 
              gli anni in cui vengono fatte squillare “le trombe a parlamento”, 
              come scriverà Carducci, per fissare statuti e regole in grado di 
              garantire la convivenza di governati e governanti. Dalla seconda 
              metà del Cinquecento, in concomitanza con la dominazione spagnola 
              e fuori dai processi di modernizzazione avviati dalla Riforma, il 
              paese subisce una progressiva eclissi politica e con esso l’idea 
              repubblicana, che deve aspettare la Rivoluzione francese per 
              ritornare sugli scudi e l’Ottocento per presentarsi come una delle 
              alternative risorgimentali. In seguito, durante il Ventennio, 
              antifascismo e repubblicanesimo faranno tutt’uno e porteranno, il 
              2 giugno 1946, alla sconfitta della monarchia e alla costruzione 
              di quella Repubblica che, a distanza di più di mezzo secolo, 
              ancora aspetta, ricomposte tutte le divisioni, di portarsi dietro 
              un intero paese.
 
 1 marzo 2002
 
 Aldo G. Ricci, "La Repubblica", il Mulino, Bologna, 2001, pp. 233. 
              € 12,39
 
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