| Un’idea della libertà di Aleksandr Solzenicyn
 
 Vi riproponiamo il testo tradotto del discorso che Solzenicyn 
              pronunciò il 1 giugno 1976 presso la Hoover Institution (Stanford 
              University, California) in occasione del conferimento 
              dell’American Friendship Award, riconoscimento promosso dalla 
              Liberty Foundation.
 
 Sono profondamente commosso dalla vostra decisione di conferirmi 
              il premio da voi tradizionalmente assegnato. Lo accetto con 
              gratitudine e con il sentimento di aver contratto un impegno nei 
              confronti dell’altissimo ideale che vive nel nome della vostra 
              organizzazione e che rappresenta il simbolo che ci vede oggi qui 
              riuniti. Di tale simbolo mi occuperò nel discorso di replica alla 
              concessione del premio. Nella situazione attuale è assai facile 
              dare libero corso alla retorica contro i foschi abissi del 
              totalitarismo e cantare le lodi delle splendenti fortezze della 
              libertà occidentale. Invece, è molto più difficile, ma anche più 
              produttivo, sottoporre noi stessi ad un acuto esame. Nel mondo, il 
              numero dei sistemi socialmente liberi diventa sempre più esiguo e, 
              soltanto negli ultimi tempi, grandi continenti che hanno raggiunto 
              la libertà, si vedono trascinati ai margini della tirannia. La 
              colpa di tutto ciò non è solo dei totalitarismi, che impediscono 
              alla libertà di svilupparsi, ma anche, con tutta evidenza, degli 
              stessi sistemi libertari, che hanno perduto, nell’intimo, parte 
              del loro vigore e della loro stabilità.
 
 I vostri e i miei giudizi riguardo a fatti e avvenimenti si basano 
              su esperienze di vita diverse. Questo è il motivo per cui possono 
              divergere profondamente tra loro. Ma proprio la differenza dei 
              punti di vista potrebbe aiutarci a conoscere il tema nelle sue più 
              ampie dimensioni. Vorrei vantarmi di essere riuscito ad attrarre 
              la vostra attenzione su certi aspetti della libertà che pur non 
              appartenendo alle conversazioni di moda, non per questo cessano di 
              avere importanza ed influenza. L’idea della libertà è 
              difettosamente concepita se non diamo valore alle mete vitali 
              della nostra esistenza terrena. Credo che gratificarci in modo 
              illimitato con beni materiali non può rappresentare l’obiettivo 
              della nostra vita; dobbiamo lasciare questo mondo purificati, 
              migliori di quanto siamo a causa del retaggio dei nostri istinti. 
              Dovremmo orientare il corso della vita lungo il cammino 
              dell’arricchimento e del perfezionamento dello spirito. Solo il 
              sommarsi di questi passi spirituali può essere definito progresso 
              spirituale dell’umanità.
 
 Partendo da questi presupposti, la libertà esterna non è la meta 
              finale dei popoli e delle società, ma solo un mezzo che favorisce 
              l’autentico sviluppo. Non è altro che la possibilità di vivere 
              un’esistenza umana e non animale, la cornice entro la quale l’uomo 
              può svolgere meglio la propria missione terrena. Ma per arrivare a 
              questo, la libertà non è l’unica condizione necessaria. Non meno 
              che della libertà esterna, l’uomo ha bisogno di uno spazio in cui 
              potersi concentrare intellettualmente e moralmente e dove il suo 
              spirito possa svilupparsi. Purtroppo, l’attuale forma civilizzata 
              di libertà ci concede un tale spazio solo a costo di un grande 
              impegno. E’ deplorevole che, rispetto a epoche anteriori, negli 
              ultimi decenni l’idea di libertà sia stata così tanto demolita e 
              svuotata. Il concetto si è quasi esclusivamente ridotto a libertà 
              dalle pressioni esterne e dalla costrizione statale. La libertà è 
              ormai intesa come concetto meramente giuridico.
 
 Libertà, dunque, è la “libertà” di sporcare con rifiuti 
              commerciali le cassette della posta, gli occhi, le orecchie, i 
              cervelli degli uomini e le trasmissioni televisive, al punto che è 
              impossibile vederne una dall’inizio alla fine senza interruzioni. 
              “Libertà” di sputare pubblicità e propaganda sugli occhi e sulle 
              orecchie dei pedone e degli automobilisti. “Libertà” degli editori 
              di riviste e dei produttori di cinema di portare sulla strada 
              sbagliata le nuove generazioni con immagini provocanti ed 
              equivoche. “Libertà” dei giovani fra i quattordici ed i diciotto 
              anni, che stanno crescendo, di abbandonarsi all’ozio e ai piaceri 
              fatui, invece di imboccare la via del vero impegno e della 
              crescita morale. “Libertà” delle persone giovani e sane di 
              dedicarsi a nessun lavoro e di vivere alle spalle della società. 
              “Libertà” degli scioperanti di usurpare diritti e di privare il 
              resto dei cittadini di una vita normale, del lavoro, dei mezzi di 
              trasporto e persino dell’acqua e degli alimenti. “Libertà” di 
              presentare in tribunale testimoni di comodo anche quando 
              l’avvocato sa che il proprio assistito è colpevole. “Libertà” di 
              interpretare in modo così estremistico le regole assicurative da 
              trasformare in usura persino l’azione di un samaritano. “Libertà” 
              di volgari scrittorelli d’occasione, irresponsabilmente portati a 
              trattare in modo superficiale i problemi, formando così l’opinione 
              pubblica in modo frettoloso. “Libertà” del fabbricante di 
              pettegolezzi, che riesce ad impedire al giornalista, per calcolo 
              egoistico, di avere pietà del suo prossimo e della sua patria. 
              “Libertà” di divulgare i segreti militari e di sicurezza del 
              proprio paese al fine di perseguire fini politici personali. 
              “Libertà” dell’uomo d’affari nelle transazioni commerciali, 
              insensibile al numero di esseri umani che potrebbero essere 
              pregiudicati dalle stesse e al danno che potrebbe arrecare alla 
              patria. “Libertà” del politico di parlare irriflessivamente di ciò 
              che piace ai lettori di oggi, senza curarsi della loro sicurezza e 
              del loro benessere futuri. “Libertà” dei terroristi che sfuggono 
              alla pena, il che significa che la pietà nei loro confronti si 
              trasforma in una sentenza di morte nei riguardi della società. 
              “Libertà” di restare indifferenti dinnanzi ad una libertà lontana, 
              straniera, che sia stata calpestata. “Libertà” di non difendere 
              neppure la propria libertà: “che siano gli altri a rischiare la 
              pelle!”.
 
 Tutte queste libertà, spesso giuridicamente inattaccabili, sono 
              tuttavia moralmente false. Gli esempi fatti permettono di 
              osservare che la somma di tutti i diritti alla libertà è ancora 
              molto lontana dalla libertà dell’uomo e della società. 
              Quest’ultima potenzialmente si realizza solo in altre forme. Tutte 
              quelle menzionate sono forme subordinate di libertà, affatto 
              elevate, precarie e intrise di decadenza. In fondo, la libertà è 
              libertà interiore, quella che Dio ha dato all’uomo: libertà di 
              decidere delle nostre azioni e omissioni, e di esserne moralmente 
              responsabili. Ha capito veramente che cosa è la libertà, non colui 
              che corre dietro ai suoi diritti legali e di essi si serve per 
              ottenere vantaggi economici, ma chi ha una coscienza morale dalla 
              quale si sente obbligato anche quando la legge sta dalla sua 
              parte. La libertà non l’ha chi difende vittoriosamente un caso 
              legale sicuro, ma chi è integro al punto da non curarsi dei suoi 
              diritti e, rinunciando a questo, da non temere di mostrare i 
              propri errori. Tutto ciò si designava con una parola molto antica 
              e oggi dimenticata: onore.
 
 Non mi sembra uno sproposito asserire che nel XX secolo, in alcuni 
              paesi ben conosciuti del mondo occidentale, la parola libertà si 
              sia distaccata dalle sue forme originali ed elevate. Oggigiorno 
              non esiste in nessuna nazione del mondo questa forma elevata di 
              libertà, propria degli uomini spirituali, i quali – pari ai nostri 
              antenati – non svicolano fra le sinuosità serpentine delle leggi, 
              ma si autolimitano liberamente e con la piena coscienza della loro 
              responsabilità. E tuttavia credo profondamente nelle sane e 
              vigorose radici della nazione nordamericana, importante e potente, 
              e soprattutto nella probità e nel vigile senso morale della sua 
              gioventù. Ho visto con i miei occhi la capacità innata dei 
              nordamericani e per questo oggi vi ho parlato con i toni della più 
              ferma speranza.
 
 1 marzo 2002
 
 (da Ideazione 1-2002, gennaio-febbraio. Traduzione di Dianella 
              Gambini)
 
 
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