| I vini del Franco bevitore. L’autenticità vinicola della Vallée d’Aoste
 di Franco Ziliani
 
 Se parlare di bio diversità, anche in campo vinicolo, deve 
              veramente avere un senso e non risolversi in uno sterile esercizio 
              di demagogia, allora una regione come la Valle d’Aosta deve 
              costituire un termine di riferimento. Proprio in questa splendida 
              zona alpina, a causa dei particolari microclimi; della speciale 
              natura di viticoltura di montagna, eroica e svolta in condizioni 
              molto difficili per le forti pendenze e il terrazzamento con muri 
              a secco dei vigneti; a causa della particolare conformazione e 
              natura dei terreni, nascono vini assolutamente unici. Lo sono, per 
              le ragioni sopra citate, quando nascono da vitigni che possiamo 
              trovare anche in altre regioni come il Müller Thurgau, il Pinot 
              nero, lo Chardonnay, il Dolcetto, il Nebbiolo (chiamato in zona 
              Picoutener), la Freisa, vitigni che si esprimono spesso con buona 
              personalità, ma lo diventano, ancora di più, quando le uve di 
              origine diventano autoctone, o affini ad esse perché qui 
              ambientate da secoli, e portano il nome di Petit rouge, Gamay, 
              Petite Arvine, Fumin, Neyret, Vien de Nus, Blanc de Morgex, 
              Premetta o Mayolet. Uve che danno vita, con combinazioni 
              ampelografiche molto originali, a denominazioni d’origine che 
              portano spesso nomi geografici, secondo un modo di pensare che 
              rivela la vicinanza culturale alla Francia, come Donnas, Enfer 
              d’Arvier, Nus, Chambave, Arnad Montejovet, Blanc de Morgex et de 
              la Salle.
 
 In Valle d’Aosta nascono vini di non sempre facile reperibilità 
              purtroppo, dato che le aziende (piccole cantine private o alcune 
              Cantine sociali che potrebbero puntare a standard più elevati, sul 
              modello altoatesino) producono piccoli quantitativi e non curano 
              molto la distribuzione al di fuori della Vallée. Sono vini però, 
              che, a mio avviso, vale la pena procurarsi, sfruttando l’occasione 
              di una gita nel fine settimana o nel corso di qualche 
              manifestazione di argomento enologico. Vini che dimostrano come 
              lassù, nei 650 ettari complessivi che compongono la superficie 
              vitata regionale, la standardizzazione del gusto, già in atto nel 
              resto d’Italia, è ancora lontana.
 
 Uno dei vertici assoluti della produzione valdotaine, accanto ai 
              magnifici Fumin, alle nervose e personalissime Petite Arvine, al 
              Vin de la Sabla, al Moscato passito di Chambave, a qualche Blanc 
              de Morgex (penso ad alcune annate, davvero eccellenti, di Marziano 
              Vevey), è senza dubbio il Torrette, che nasce da uve Petit rouge 
              al settanta per cento, più altre varietà minori, in un’area che 
              comprende i comuni di Quart, Saint Christophe, Aosta, Sarre, Saint 
              Pierre, Charvensod, Gressan, Jovençan, Aymavilles, Villeneuve, 
              Introd. Due i Torrette della mia predilezione, - anche se 
              personaggi come Renato Anselmet e Elio Cassol ogni tanto tirano 
              fuori la zampata vincente anche su questa varietà - ed entrambi 
              vedono protagonista il vigneron principe della Vallée, Costantino 
              Charrère. Ad Aymavilles, nella vecchia cantina di famiglia che 
              porta il suo nome e che risale al 1700, e nella più moderna e 
              ampia azienda agricola fondata nel 1989 e denominata Les Crêtes 
              (celebre per i suoi ottimi Chardonnay) giunta a raggiungere, in 
              pochi anni, dimensioni considerevoli (produce difatti 130.000 
              bottiglie, commercializzate in Valle d'Aosta per il 70 per cento, 
              nel resto d’Italia per il 25 per cento e all'estero per il 5 per 
              cento), Costantino, propone due ottimi Torrette, entrambi 
              vinificati in acciaio senza affinamenti in legno, che si 
              differenziano solo perché il vino targato Charrère accanto al 
              settanta per cento regolamentare di Petit rouge presenta un 30 
              composto da vecchie varietà autoctone come Mayolet, Fumin, Vien de 
              Nus, da vigneti, molto fitti, oltre diecimila piante per ettaro, 
              di 80 e più anni d’età. Mentre il vino delle Crêtes, più moderno, 
              più accattivante, da vigneti più giovani, vede un 30 per cento 
              solo d’uve Gamay e Pinot nero completare la percentuale 
              predominante di Petit rouge, senza ricorso a vecchie varietà 
              valdostane.
 
 Il risultato, in ognuna delle due versioni (con una mia preferenza 
              per il vino siglato Charrère, più ricco di spalla, più ruvido ed 
              espressivo), è eccellente. Colore rubino violaceo intenso e 
              profondo, allegro e pieno di vita, il vino si esalta nel bicchiere 
              grazie a profumi freschi, selvatici, fitti, di notevole tessitura 
              e compattezza, pieni di nerbo, che richiamano la mora di rovo, la 
              prugna, la rosa selvatica, le bacche di ginepro, il rosmarino e il 
              mirtillo e compongono un bouquet fresco e pimpante. La bocca è 
              altrettanto felice, ricca, succosa, di consistenza polputa e 
              terrosa, retta da una struttura tannica solida ma non pungente, 
              che regala morbidezza ed estrema piacevolezza di beva, un finale 
              perfettamente pulito e sapido. Un vino autentico, insomma, 
              simpaticamente ruspante, che potrebbe ricordare per certi versi un 
              grande Dolcetto d’Alba e per altri aspetti un Syrah o un Lagrein, 
              da abbinare a preparazioni saporite a base di carne, in 
              particolare alla carbonnade e alla costoletta alla valdotaine, 
              alla zuppa valpellinentze, alle fondute, simbolo della magnifica, 
              gustosa, cucina della provincia d’Aosta.
 
 1 marzo 2002
 
 bubwine@hotmail.com
 
              
              Costantino Charrère. Frazione Les Moulins, 28 - 11010 Aymaville 
              (AO). Tel. 0165 902135. Azienda Agricola Les Crêtes. Località 
              Villetos, 50. 11010 Aymavilles (AO). Tel. 0165 902274 fax 0165 
              902758. E-mail les_cretes@libero.it   |