Antiamericanismo all'amatriciana
di Barbara Mennitti
L'ex capo dello stato Francesco Cossiga, che probabilmente molti compagni ancora chiamano Kossiga in onore del suo filoamericanismo, conosce bene questo paese. Così bene che solo mercoledì scorso, in un'intervista alla stampa, aveva profetizzato: "Non vorrei sembrare un provocatore o un cinico - è l'esperienza che mi fa dire queste cose - ma ci toccherà sentire frasi come né con i terroristi né con gli Usa, così come ci saranno persone che, pur tacendo, penseranno che in fondo gli Usa se lo sono meritato e infine chi pregherà per i morti ma dirà con animo straziato che comunque è stato colpito il male". E così è stato fin dalle prime ore, mentre noi, la generazione della pace e del multiculturalismo, convinti sostenitori del dialogo e del rispetto reciproco, ci guardavamo sgomenti e increduli, con gli occhi appannati dalle lacrime e non, o non solo, per compassione, ma perché ci sentivamo tutti colpiti.
Fin da quei momenti abbiamo dovuto assistere ai distinguo di tante teste d'uovo della sinistra, umanamente addolorate ma politicamente ambigue, troppo ambigue. Da Fausto Bertinotti che, nel terrore che improvvisamente spunti qualcuno più di sinistra di lui condannandolo all'oblio elettorale, si affanna ormai a difendere qualsiasi causa indifendibile, al direttore del Manifesto Riccardo Barenghi che nel suo editoriale del 12 settembre scrive: "Non si può parlare di attentati, siamo di fronte a una vera e propria azione di guerra, condotta con le stesse modalità delle guerre che gli Stati Uniti hanno in questi anni combattuto in giro per il mondo. Gli americani bombardavano il quartier generale di Saddam in Irak? Questi "bombardano" il Pentagono, cioè il ministero della difesa americano, anzi il Tempio della difesa del mondo occidentale. Gli americani bombardavano la sede della televisione serba, obiettivo civile ma altamente funzionale alla propaganda del regime di Belgrado? Questi colpiscono le torri gemelle, obiettivo altrettanto simbolico ma ben più importante: il cuore dell'impero, Wall Street, il capitalismo mondiale." E non finisce qui: con lo smisurato snobbismo di cui solo la sinistra è capace, il sito web del Manifesto apre con svariate testimonianze di reduci del G8, l'attentato a New York si trova nelle pagine interne. Dopo tutto è solo un caso di politica estera.
"L'amico di Fidel" per eccellenza, Gianni Minà, si affanna a spiegare che tali atti, certo deprecabili, traggono motivazione "dall'ingiustizia sociale che riguarda ormai l'ottanta per cento dell'umanità", mentre sul Manifesto Luigi Pintor profonde la sua deliziosa ironia nella descrizione di un Bush a bordo del suo Air Force One, che "teme che succeda a lui quel che succede ad altri". Sembra quasi di scorgere un ghigno di soddisfazione che si dipinge sui loro volti, mentre guardano le macerie del paese che più di ogni altro è riuscito a garantire ad i suoi cittadini ed ai suoi alleati pace e prosperità. Un paese al quale l'Italia ha deciso di legare le sue sorti. E c'è qualcosa di grottesco e sinistro nel vedere sedicenti sostenitori dei diritti umani, ex-femministe, paladini dell'ambiente e larga parte della svariata fenomenologia antropologica della sinistra italiana, che strizza l'occhio a sceicchi multimiliardari, regimi oscurantisti e misogini, affamatori di popoli e fanatici religiosi.
Con questa leadership non fa certo meraviglia (ma rabbia sì) quello che si legge in questi giorni sui forum dei no-global. Ne abbiamo scelto uno per tutti, non il peggiore ma forse il più inquietante: "Speriamo che domani il mago BimSalaBim Laden liberatore degli opressi o chi per esso abbia un occhio e magari una bomba atomica di riguardo per il belpaese. Pensa che bello. I tuoi vicini (se sopravvissuti) che non hanno mai capito un cazzo di politica finalmente si illumineranno di buon senso e scenderanno in piazza al fianco dei Black Bloc contro il prossimo G8 riconvocato da Berlusconi". Qualcuno dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza. Se ce l'ha.
14
settembre 2001
bamennitti@ideazione.com
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