La realtà ha doppiato la boa della fiction
di Ivo Germano
Come un film. Un film drammatico, di genere disfattista o post-apocalittico, scegliete voi, ma reale, vero, tragico. L'assalto alle torri gemelle, il cemento armato ridotto a latte in polvere, le donne figlie moderne e lavoratrici che si stringono alle madri, mentre pompieri e poliziotti indicano una precaria e vitale via di fuga: non stiamo parlando, purtroppo, di un romanzo di Tom Clancy, dell'ultimo saggio di fantapolitica di Baldacci. Piuttosto la verità vera è che hanno ferito l'immaginario occidentale. Quella parte di mondo che, come sostenuto giustamente da Giuliano Ferrara, sembrava naturalmente e per destino inattaccabile e invulnerabile è parsa barcollante, ferita. Ne parleranno i giornali; ne daranno spiegazione i commentatori; seguiranno analisi, dibattiti e incontri istituzionali. Ciò che colpisce però è che cinquant'anni di letteratura e di film, di radio show e di intuizioni hanno per così dire, e sottolineiamo per così dire, presagito quello che è tragicamente capitato martedì undici settembre.
Persino lo star system è in lacrime - per intenderci quelle facce, quei corpi che ci hanno regalato momenti che definire di distrazione sarebbe poco: Gene Hackman, il drammaturgo David Mamet e la simpaticissima e brillante Sissy Spacek, urlano dai set il loro tremendo sbigottimento. Attoniti e confusi come molti in questo momento. La realtà ha doppiato la boa della fiction: se fossimo nello sport potremmo dire che l'ha stracciata quattro a zero, in quel tragico pazzesco plot narrativo, purtroppo sarebbe semplice spiegare quanto è accaduto così. La war inside, il volto del nemico che non si vede, le maschere del terrore, il macabro colpire un monumento metropolitano come le torri gemelle, brucianti come due cerini, sono lo scenario di una nuova fase di - speriamo fortemente di no - parossismo mediatico. D'altronde, Indipendence day, Armageddon, Deep Impact, The peacemaker, Air Force One, Attacco al potere non erano scene da real-Tv in diretta, ma segnalavano al pubblico cinematografico - che è quasi tutt'uno con l'opinione pubblica - che era troppo facile avere ancora un nemico comunicante con caratteri cirillici nel tempo lontano della guerra fredda.
Verrebbe quasi da dire che dopo Orson Wells sia arrivato il momento di un Nostradamus filmico, apocalittico e disintegrante. Forse in questi stessi momenti qualche sceneggiatore stava lavorando attorno alla resa filmica del libro di Tom Clancy "Debito d'onore", techno-triller preconizzante un attacco aereo al Campidoglio; oppure alla sceneggiatura del "Quinto cavaliere" dove si immagina un attacco al cuore di Manhattan. Alla fine non resta forse che la fiction. All'inizio di tutto resta, forse, ancora una volta, una filiera bibliografica e filmografica hollywoodiana che, consapevolmente o inconsapevolmente, aveva cominciato a comprendere che il nemico non arrivava da un altro pianeta, con le antennine assieme a dischi volanti lucenti, quanto piuttosto come un ignoto e terribile convitato di morte. Ci auguriamo di non vedere mai più riproposte certe immagini in alcuni programmi di real-Tv che così ingolosiscono l'audience globale. Spes, Ultima Ratio.
14
settembre 2001
ivogermano@libero.it
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