Qui New York. Un boato e siamo scappati fuori
di Adolfo Laurenti
Mi trovavo al Marriott Hotel presso il World Trade Center per il congresso annuale della National Association for Business Economics. Era un edificio basso, circa 15-20 piani, che collegava le due torri lungo la West Avenue. Una colazione di lavoro era stata programmata per le 8, la mattina era tranquilla, splendida giornata di sole, il traffico nella città non ancora troppo intenso.
Aveva appena cominciato a parlare il presidente della banca d'affari Morgan Stanley, quando, erano le 8.45, le luci si sono improvvisamente spente per un momento, e quindi si sono riaccese, facendo tremare il cristallo dei lampadari. E mentre tutti fissavano il soffitto un po' stupiti, abbiamo udito un boato sordo e profondo, come un tuono attutito. Tutto ha cominciato a tremare, e rapidamente ci siamo riversati nella hall dell'albergo - fortuna ha voluto che la sala del congresso fosse al piano terra. La polizia e la security dell'hotel avevano già bloccato le uscite: sulla strada antistante piovevano fiamme, oggetti, detriti dai piani investititi dal primo aereo. Attraverso un'uscita laterale abbiamo finalmente abbandonato l'hotel in pochi minuti. Con un gruppo di colleghi abbiamo trovato riparo in riva al fiume Hudson, ci siamo fermati a contemplare l'orrore di fronte ai nostri occhi e a decidere come metterci in salvo. I piani alti della torre nord erano in fiamme, le prime voci avevano parlato di un'autobomba ma a quel punto era già chiaro che si era trattato di un aereo.
Un incidente, ho pensato inizialmente. E' stato in quel momento che ho visto arrivare il secondo aereo: planando dalla baia, ha disegnato un arco sulle nostre teste, un incredibile zig-zag tra le cime dei grattacieli di Lower Manhattan fino a scomparire all'interno della torre sud, per poi esplodere in una gigantesca fiammata.
Abbiamo ricominciato la nostra fuga fino a Battery Park, all'estremo sud della penisola di Manhattan. Le linee telefoniche erano ormai paralizzate, i telefoni cellulari non trovavano accesso alla rete sovraccarica, la nostra preoccupazione era di riuscire ad avvisare le famiglie e gli amici che sapevano della nostra presenza a New York. Il tempo di manifestare il nostro stupore per la resistenza delle torri, centrate da due aerei ma ancora in piedi, ed ecco che la torre sud si e' accartocciata sotto i nostri occhi. Ha resistito un'ora, una lunga ora che ha permesso a molti di mettersi in salvo - e un'ora che ha condannato i tanti poliziotti e vigili del fuoco che nel frattempo si erano avventurati all'interno dei due edifici per prestare soccorso.
Un paio di minuti dopo il crollo, una densa nube di polvere e fumo ci ha avvolti, mentre intorno a noi si scatenava il panico. Non si vedeva più nulla, era difficile respirare, in pochi secondi siamo rimasti completamente coperti dalla polvere che bruciava gli occhi. Fortunatamente, tutto il gruppo di economisti è rimasto abbastanza calmo e compatto, abbiamo continuato a muoverci verso l'East River, sul lato orientale dell'isola di Manhattan, e finalmente abbiamo ricominciato la risalita verso Midtown. All'altezza di Wall Street, una seconda nuvola di fumo e polvere ci ha investiti - al momento non ce ne siamo resi conto, era la torre nord, quella sotto la quale si trovava la nostra sala riunione, che era crollata. Abbiamo risalito a piedi tutta Manhattan, con la città paralizzata e sotto shock. Grazie alla straordinaria energia ed organizzazione di Diane Swonk, capo economista della Bank One di Chicago, abbiamo trovato ospitalità nella sede della banca, sulla 51esima strada, dove ci hanno offerto cibo, assistenza, e telefoni con cui ho potuto chiamare casa.
A metà pomeriggio il caos nei trasporti era totale, con milioni di pendolari alla ricerca di un modo per rientrare a casa nel New Jersey, e tutte le linee di collegamento bloccate per ragioni di sicurezza e per l'afflusso dei soccorsi. Nel tardo pomeriggio sono ripresi lentamente i collegamenti, e mi è stato possibile tornare a Washington, scosso ma miracolosamente incolume. All'arrivo in città, le strade erano spettralmente vuote, e polizia esercito e guardia nazionale presidiavano il Congresso e i punti nevralgici della capitale. Una luce sinistra risplendeva poche miglia più a sud, sopra il Pentagono. Sorprendetemente, almeno per me, risplendevano anche la cupola del Campidoglio e i mausolei a Lincoln e Jefferson, illuminati a giorno in una notte particolarmente buia. E' stata la visione più rassicurante della giornata, ed anche molto simbolica. Chiunque abbia concepito e compiuto questo atroce attacco ha fallito l'obiettivo più ambizioso: far cadere nell'oscurità questa straordinaria America.
14
settembre 2001
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