In fiamme il villaggio globale
di Paola Liberace
Qualche anno fa, una canzone di un cantautore italiano recitava: "A che ora è la fine del mondo/che rete è". Di fatto, con l'impressionante attacco agli Stati Uniti, alle due principali metropoli americane, siamo di fronte, oltre che all'evento bellico più grave nella storia occidentale, all'evento più importante in assoluto nella storia della comunicazione massmediale. Finora, soltanto la Guerra del Golfo aveva interessato in maniera completa e continua le trasmissioni dei principali mezzi di comunicazione di massa, fornendo la misura del loro potere e della loro presenza. Eppure, in quel caso, non si trattava che di una guerra a distanza, di un bombardamento lontano, sia pure - per la prima volta nelle trasmissioni televisive - visto e vissuto in diretta dai telespettatori.
Oggi, con il racconto dell'ingresso del terrore fin nel cuore del potere economico e difensivo dell'America, la televisione si trova a raccontare un capitolo di storia attorno al quale tutto il mondo si stringe. Le telecamere riprendono scene che soltanto gli spettacolari film di Hollywood avevano finora prospettato; ma queste scene, per la loro stessa natura, non interessano soltanto il paese colpito, permettendo agli altri di limitarsi ad approvare o a condannare la sua sofferenza.
La quasi totalità delle nazioni ha condannato il significato delle immagini rimbalzate sulle reti di tutto il pianeta. Gli effetti di questo terrificante episodio sono mondiali, non più soltanto perché l'umanità intera ha potuto e potrà osservarli in diretta, ma perché annullano il concetto stesso di distanza, sul quale aveva continuato a fondarsi fino ad ora la civiltà dei media - nonostante i proclami sul "villaggio globale". Il profondo valore simbolico degli edifici ora distrutti, parte di un territorio immaginato inviolabile, è diventato d'un colpo un valore reale, che oltrepassa lo schermo dal quale lo avevamo finora osservato. Proprio nell'epoca in cui si immaginava di non vedere più scene di guerra, se non sui notiziari non-stop, e se non relative a nazioni tormentate del Medio Oriente o dell'Africa centrale, i mass-media ci ricordano duramente che il mondo è ormai uno, senza isole franche, e senza possibilità di distogliere lo sguardo per cambiare canale.
14
settembre 2001
pliberace@hotmail.com
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