Un nuovo equilibrio per il mercato globale
di Claudio Landi

E' ben difficile mantenere il sangue freddo di fronte a fatti come quelli del Martedì Nero degli Stati Uniti. Ma forse è necessario per valutare le conseguenze, per cercare di capire dove si sta indirizzando il nostro mondo globalizzato. Prima di New York, l'Occidente viveva sostanzialmente sicuro della propria forze e della propria economia. Certo, vi erano segnali di recessione, ma tutto lasciava pensare che autorità monetarie e istituzioni internazionali avessero gli strumenti di politica economica per governare la situazione; certo vi erano conflitti regionali, etnici, religiosi in giro per mezzo mondo, ma la potenza strategica e tecnologica della superpotenza globale, gli Stati Uniti, sembrava presidiare senza tema di confronti il mercato globale e il benessere occidentale. In verità le crisi finanziarie e i conflitti commerciali ed economici transatlantici, l'irriducibilità di certe tensioni, l'irrompere di un intero continente, l'Asia, nel bel mezzo della storia capitalista lasciava capire che non tutto era poi così tranquillo.

In particolare le crisi economiche (la crisi del sistema monetario europeo, la crisi messicana, quella asiatica e infine la crisi recessiva americana) erano chiari segnali di un passaggio critico della globalizzazione. Qualcuno parlava, e scriveva, di superamento di una globalizzazione dominata dal Washington consensus, neoliberismo più democrazia politica. Qualcun altro parlava, e scriveva, della necessità di una "architettura istituzionale e politica" del mercato globale. Qualche autorevole studioso metteva addirittura in dubbio la effettiva capacità americana di rispondere ad eventuali sfide strategiche messe in atto da potenze asiatiche su terreni del tutto nuovi per la superpotenza globale. 

Nessuno, però, francamente pensava che i nodi di un certo modello di mondo globale sarebbero venuti al pettine in modo così repentino. E forse, e qui bisogna mantenere forse un po' di sangue freddo e di capacità di analisi, non è totalmente un male che i nodi siano venuti al pettine così rapidamente, nonostante il drammatico prezzo pagato dalla democrazia americana, perché a questo punto non si potranno più eludere alcuni interrogativi di fondo del sistema politico ed economico globale. Un mercato globale che funzioni decentemente richiede sempre di più un "governo" del sistema. Le banche centrali e le autorità monetarie devono cooperare ad un livello ben maggiore di quello cui eravamo abituati. Europa e Usa devono riconoscersi molto di più come parti della stessa famiglia. La Nato deve considerare in modo nuovo i suoi rapporti con la Russia, magari inquadrandola più strettamente in una cooperazione strategica e politica, per poter affrontare efficacemente le sfide militari asiatiche (e basta vedere una cartina geografica per capirne il motivo). E forse è necessaria una politica economica più "interventista" di quella richiesta dal Washington consensus. Le conseguenze del tragico Martedì Nero americano vanno esattamente in queste direzioni: le banche centrali hanno, da quel momento, cominciato ad agire in modo strettamente concordato per governare mercati insicuri e deboli; Europa e Usa stanno diventando, ovviamente con difficoltà, i perni della nuova alleanza globale antiterrorismo; la Nato e la Russia stanno cominciando a scrivere un pezzo di storia insieme; Bush ha inaugurato una politica neoKeynesiana di spesa. 

Naturalmente tutto questo non è frutto deterministico e cinico degli attentati. Quei fatti forse sono per così dire i "catalizzatori" di un cambiamento profondo che però già da tempo covava sotto la cenere di una globalizzazione contraddistinta da troppe contraddizioni e da squilibri crescenti mal governati. La forma di questo nuovo percorso dipenderà molto, ovviamente, dalla forma della risposta americana, occidentale e globale alla sfida del terrorismo. Le variabili in gioco sono moltissime: tutto dipende, se ci sarà, per esempio, una grande alleanza globale contro il terrorismo oppure se ci sarà una reazione unicamente americana; o se l'Europa avrà un ruolo di primo piano, oppure se sarà in qualche modo sostituita dalla Russia o dalla Cina; ancora, se si tratterà di una reazione militare oppure se si tratterà di una reazione più complessa, con l'uso ad esempio di strumenti economici e sociali per cercare di acquisire il sostegno del mondo islamico. Infine, se si tratterà di un conflitto fra una comunità internazionale più organizzata e un gruppo di paesi e di organizzazioni terroristiche oppure se diventerà uno "scontro" fra Occidente e Islam.

21 settembre 2001

appioclaudio@yahoo.com