La minaccia della non-civiltà
di Luciano Lanna
Fortunatamente l'evolversi della reazione internazionale all'attacco terroristico contro gli Stati Uniti ha imboccato la via della ragionevolezza. Dopo meno di una settimana sembra accantonato lo schema interpretativo ispirato alle testi di Samuel Huntington, il professore americano che all'indomani della caduta del Muro annunciava che il conflitto del XXI secolo si sarebbe giocato sullo scontro di civiltà: "Occidente contro Islam", al posto del superato "mondo libero contro comunismo". Le affermazioni del presidente americano sul rispetto degli statunitensi di religione musulmana, l'apertura ai paesi arabi cosiddetti moderati, il tentativo di coinvolgere in una vasta alleanza contro il terrorismo lo stesso mondo islamico, le stesse dichiarazioni di Arafat di solidarietà al popolo americano sono i primi segnali di questo processo. Come ha sostenuto il nostro presidente del Senato, Marcello Pera, "L'Islam non è il nostro avversario, lo sono i gruppi fanatici che hanno manipolato i principi dell'Islam". Lo stesso concetto è stato ribadito dal presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, dal vicepremier, Gianfranco Fini, e dallo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, quando ha avuto modo di ringraziare gli islamici d'Italia per il sostegno all'Occidente. Chiare e inequivocabili, inoltre, le parole del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
Insomma, è in corso un grande sforzo per chiarire che non siamo alla vigilia di una guerra di stampo medievale, in cui la cristianità si contrappone all'Islam. L'emergenza è diversa: le società aperte e libere debbono reagire alla minaccia di una aggressione fanatica, intollerante, violenza che non si indirizza contro "una" civiltà, ma vuole colpire "la" civiltà, mettendo a rischio la tolleranza, la convivenza, la democrazia. L'Italia e gli altri paesi europei stanno offrendo il proprio contributo al riguardo, consapevoli che sbagliare l'approccio alla minaccia allargando il fossato tra l'Occidente e l'Islam sarebbe davvero fuorviante e significherebbe stare al gioco dei terroristi. Si tratta di capire che è il terrorismo che ha colpito a New York e Washington, che vuole imporci lo schema di Huntington, sperando di aggregare quel che può dal mondo musulmano e contrapporlo in uno scontro violento con l'Occidente. Ma lo schema di Huntington, come qualsiasi schema ideologico, non potrà mai tramutarsi completamente in realtà. Lo dimostra l'eterogenesi di un suo precedente, quella "lotta di classe" che negli schemi marxisti doveva arrivare fino allo scontro geo-politico tra mondo capitalista e universo proletario: sappiamo tutti come è andata a finire. Certo, molta violenza è stata espressa nel tentativo di piegare la realtà a quello schema. E molta potrebbe ancora arrivare dalla nuova offensiva da "scontro di civiltà".
"Che vittoria per gli assassini - ha scritto in proposito il pensatore francese Bernard-Henri Lévy - se vedessero che alla loro barbara guerra, alla loro guerra di non-civiltà, si pone l'aureola del meraviglioso prestigio di uno scontro tra visioni del mondo". Levy ci ricorda come l'Islam non è un blocco e che, oggi come ieri, è teatro di uno scontro al suo interno d'eccezionale intensità fra le menti equilibrate e illuminate, quelle fedeli alla dimensione religiosa della loro fede, e una minoranza di "sostenitori della regressione" in nome di uno scontro politico: "Se la guerra, in altri termini, non oppone l'Occidente all'Islam, significa che essa passa all'interno dell'Islam stesso; noi la vinceremo, questa guerra, solo se, domani, impiegheremo la stessa energia a sostenere quelle correnti liberali di quanta presto ne metteremo nel colpire come si deve tutti colori che, da vicino o da lontano, hanno partecipato alla carneficina". E' questa la direzione che deve prendere l'Occidente: lotta senza tregua al terrorismo, ai suoi complici, ai suoi mandanti. Vigilanza, intelligence, uso strategico delle forze di polizia, coordinamento tra stati. La guerra postmoderna ha tutta una serie di fronti rispetto ai quali bisogna attrezzarsi. Ma che niente hanno a che vedere con lo "scontro di civiltà" e con i fanatismi antistorici. Si combatte per difendere la civiltà globale e tutte le sue espressioni storiche, culturali, religiose. E' la sfida del XXI secolo.
21
settembre 2001
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