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Gelmini: aumenti agli insegnanti, ma in base al merito
di FEDERICO PUNZI

[11 giu 08] “Questa legislatura deve vedere uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media Ocse”. E’ uno degli impegni presi dal ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, ascoltata ieri mattina dalla commissione Cultura della Camera. “Lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria superiore dopo 15 anni di insegnamento è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa. Fosse in Germania ne guadagnerebbe 20 mila in più. In Finlandia 16 mila in più. La media Ocse è superiore ai 40 mila euro l'anno”. Per adeguare gli stipendi, ha aggiunto il ministro, bisogna “aggredire le cause dell’iniquità del sistema, mediocre nell’erogazione dei compensi, mediocre nei risultati, mediocre nelle speranze”. Il ministro ha ragione. Gli stipendi “da fame” degli insegnanti sono uno degli scandali italiani, il segno evidente, la prova, di quanto il mondo della scuola sia stato fino ad oggi considerato più come un ammortizzatore sociale che come una infrastruttura strategica per lo sviluppo del nostro Paese. Già ieri pomeriggio i siti internet dei maggiori quotidiani davano il massimo risalto a questo passaggio della relazione del ministro Gelmini, registrando nella sua richiesta una controtendenza rispetto a un dibattito politico nel quale ultimamente si tende ad attribuire ogni male italiano ai dipendenti pubblici, troppo “fannulloni”. Il fenomeno – c’è da scommetterci – si sarà ripetuto questa mattina sulle prime pagine dei giornali.

In realtà, proponendo di aumentare lo stipendio agli insegnanti, solo apparentemente il ministro Gelmini è andato controcorrente. Se, infatti, si avesse la pazienza di andare ad ascoltare tutta la sua relazione, si scoprirebbe che merito, autonomia e valutazione sono le tre parole d’ordine cui il ministro si propone di ispirarsi nella sua azione di governo: “La scuola deve premiare gli studenti migliori” ed è “necessaria una vera e propria carriera professionale degli insegnanti che valorizzi il merito e l’impegno”. Aumentare lo stipendio sì, dunque, ma introducendo per davvero criteri di meritocrazia. Nella scuola italiana “serve un cambiamento epocale di mentalità” e il ministro promette di impegnarsi a “spargere i semi del merito”. Il merito, ha spiegato, “non è una fonte di disuguaglianza ma, al contrario, uno strumento per garantire pari opportunità e dunque la più alta forma di democrazia. Il punto d’approdo del merito è rappresentato dalla valutazione oggettiva degli studenti, degli insegnanti e delle scuole”. Dunque, la battaglia per la qualità della scuola non passa per la mortificazione dei dipendenti pubblici. Concorde con il ministro Gelmini è infatti il liberista Renato Brunetta. “Noi dobbiamo avere gli insegnati più bravi e pagati d’Europa. Attualmente non è così. Bisogna aumentare le retribuzioni degli insegnanti, che sono una risorsa fondamentale del Paese. Bisogna aumentare la loro produttività e le loro competenze”.

Ascoltando la relazione dello stesso Brunetta in commissione Affari Costituzionali della Camera, lo si sente smentire alcuni luoghi comuni sugli statali: contrariamente a quanto si crede, “qualità e quantità del capitale umano sono superiori rispetto ai settori privati; le retribuzioni in linea, se non superiori; e anche i rinnovi contrattuali in linea, se non superiori, rispetto ai corrispondenti settori privati”. E se il sistema della Pa non produce eccellenza ma appiattimento, la colpa è del primo tra i “fannulloni” e tra gli “assenteisti”, cioè il datore di lavoro pubblico, ha spiegato Brunetta. Solo l’ignoranza e i soliti pregiudizi fanno apparire le politiche “rigoriste”, “efficientiste”, orientate al merito nella pubblica amministrazione in contraddizione con aumenti delle retribuzioni dei dipendenti pubblici. I “liberisti” non godono nel vedere le retribuzioni “da fame” degli insegnanti. Anzi, sarebbero ben felici di vederle aumentare in modo cospicuo, a patto però che vadano a premiare singoli e scuole che producono risultati, come naturale riconoscimento di un’eccellenza dal punto di vista professionale. E’ questo che ha proposto il ministro Gelmini ieri in commissione, non i soliti aumenti “a pioggia”, indiscriminati, a dispetto di meriti e demeriti, individuali e collettivi, che negli anni hanno provocato l’appiattimento verso il basso della qualità dell’istruzione e la frustrazione tra gli insegnanti più preparati e motivati.


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