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Santa Rita, figlia del Sistema sanitario nazionale
di
MARCO
PAOLEMILI
[12 giu 08] “L’Arsenio Lupin della chirurgia” è finito in carcere. Pierpaolo Brega Massone, il primario di chirurgia toracica della clinica Santa Rita di Milano, con cinica consapevolezza si definiva così, un maestro del raggiro ai danni della Regione Lombardia. Giovani donne cui è stato asportato un intero seno per la rimozione di una cisti isolata, broncopolmoniti curate con l’asportazione di un polmone quando sarebbe bastato un antibiotico. Ottantotto sono i casi di interventi chirurgici giudicati “dannosi, inutili, avventati e inspiegabili” che sono esitati in lesioni gravi e gravissime. In cinque casi avrebbero, si legge negli atti d’inchiesta, causato la morte del paziente. Tra questi (un uomo e quattro donne, tutti sopra i 65 anni) c’è l’intervento effettuato a una signora di 65 anni, già malata di cancro con metastasi. Nell’ordinanza del gip si evidenzia che “la paziente muore con sofferenza a seguito e a causa di un intervento inutile che appare solamente come puro accanimento”. Da qui l’aggravante della crudeltà. Altri episodi riguarderebbero una paziente di 88 anni operata ingiustificatamente tre volte in otto mesi, 12 donne, cui sarebbe stato asportato il seno per asportare un singolo nodulo. Alcune di queste non erano affette da tumore, ma avevano una semplice cisti, a volte nulla. A un paziente di 95 anni di ortopedia invece sarebbe stata impiantata una protesi aperta per errore e quindi non più sterile, perché “costa 455 euro più iva” e non si può certo buttare, come emerge da un’intercettazione telefonica tra due colleghi chirurghi.
Lo scopo di questa truffa, ai danni della Regione, ma soprattutto della salute e della vita dei pazienti era ottenere denaro dal Servizio sanitario nazionale attraverso il sistema dei Drg (Diagnosis related group), cioè “raggruppamenti omogenei di diagnosi”. Con questo sistema è finanziato qualsiasi atto medico, e quindi qualsiasi azienda che operi nel regime del Sistema sanitario nazionale. A ogni prestazione sanitaria, dalle analisi del sangue all’asportazione di un tumore al cervello, è assegnato un codice, il Drg, in base al quale la Regione rimborsa all’ospedale la cifra relativa alla prestazione stessa. Va da sé che maggiore è la complessità della prestazione, maggiore è il rimborso che viene fornito alla struttura. Il raggiro dei medici della Santa Rita sarebbe stato, secondo gli inquirenti, quello di richiedere i rimborsi più alti del dovuto. Un intervento chirurgico arriva a valere anche 14 mila euro. Questo poteva accadere con la modalità descritta prima, togliendo un seno intero ad esempio, piuttosto che un piccolo nodulo al suo interno; asportare un polmone, piuttosto che somministrando un antibiotico endovena per una settimana. E’ facile capire che gli interventi più complessi, ma inutili, rendevano di più. I primari dei reparti incriminati incassavano una percentuale sui Drg e in alcuni casi il loro stipendio base di 1.700 euro è lievitato fino a 27 mila mensili. Pare inoltre, almeno secondo la ricostruzione dei magistrati, che i vertici della casa di cura scegliessero i medici da impiegare proprio in base alla loro disponibilità a gonfiare i Drg. La loro disponibilità era fondamentale perché per autorizzare interventi dispendiosi, è stato necessario modificare diagnosi, autorizzare procedure al di fuori delle linee guida internazionali e, probabilmente, falsificare documentazioni cliniche. Secondo la Guardia di finanza, l’affare avrebbe fruttato nel periodo preso in considerazione (gennaio 2005-luglio 2007) circa 2 milioni e mezzo di euro.
Il sistema dei Drg è stato adottato in Italia da circa 15 anni e ha sostituito il vecchio metodo di rimborso, che si basava sulla lunghezza della degenza. Era chiaro, quindi, che il suo scopo era di porre fine all’idea di ospedale come parcheggio di malati, degenze interminabili, corsie con decine di letti, senza dignità e dai costi immensi. I risultati in termini di accorciamento di durata media della degenza si sono ottenuti, anche se il livello ottimale si deve ancora raggiungere, ma purtroppo contemporaneamente ai primi benefici sono venute fuori immediatamente le prime crepe. Quello che veniva dipinto come un sistema più umano, ha rivelato aspetti ben più disumani del modello precedente. Le aziende ospedaliere, sempre più costrette da amministrazioni inadeguate a fare i conti con situazioni economiche in rosso hanno cercato di sfruttare, anche loro, il più possibile il meccanismo dei rimborsi. Con altre modalità, in alcuni ospedali, si è arrivato a non accettare malati perché non redditizi: un anziano inoperabile può rischiare di dover girare più ospedali prima di dover trovare un posto letto, perché a volte, per questione di budget, è meglio ricoverare un addome acuto da operare d’urgenza: Drg più alto, più soldi al reparto. Anche e soprattutto negli ospedali pubblici sono molti i reparti che ogni anno rischiano di chiudere perché non sono abbastanza redditizi, hanno alti consumi e le loro prestazioni non coprono le spese. E’ notizia recente che la Regione Lazio ha deliberato la riduzione di posti letto nella maggior parte dei grandi ospedali della città di Roma, Policlinico Universitario Umberto I compreso, per contenere la spesa sanitaria regionale. Segno che i costi di gestione dei singoli reparti, almeno questo è quanto affermano la giunta e il presidente Marrazzo, superano i rimborsi ottenuti tramite Drg.
Tutto questo avviene mentre anche in ambito pubblico, all’ospedale San Raffaele di Milano, come in molte altre parti d’Italia, vi sono in corso numerose inchieste per diagnosi alterate e allungamento dei tempi di ricovero, con lo scopo di ottenere rimborsi superiori ai dovuti. Molti di questi primari non sono degli “Arsenio Lupin” alla Brega Massone, non intascano cioè “mazzette” sottobanco; la sopravvivenza con espedienti del loro reparto (“Lo faccio per il bene dei pazienti”) significa però la sopravvivenza del loro stipendio di primario responsabile, che non è poco. Avere inserito delle tabelle di riferimento precise per il rimborso ha prodotto quindi da una parte le possibili discriminazioni degli ospedali che possono decidere trattamenti per il paziente più sulla base di ciò che conviene economicamente che su quello che conviene alla guarigione del malato. Dall’altra hanno aumentato il rischio di truffa, di falso ideologico e falso materiale, di violazione del codice deontologico medico in un Paese che già non brilla per correttezza, legalità e rispetto delle leggi.
Il sistema dei Drg è un meccanismo mutuato dal sistema di rimborso adottato dalle assicurazioni private, che hanno il massimo interesse affinché a ogni dettagliata prestazione corrisponda un codice e a tal codice un rimborso economico. Nei sistemi sanitari a rimborso privato tramite compagnie assicurative, sono appunto queste ultime a sostituirsi alle Regioni nel rimborsare alle Aziende ospedaliere il corrispettivo per la prestazione fornita al paziente. Le compagnie assicurative giocano in proprio, con i soldi dei loro clienti, pronti mesi prima della scadenza del contratto a cambiare compagnia se insoddisfatti. Le Regioni, l’amministrazione pubblica, gioca con denaro che ha già trovato in cassa e del quale non risponde mai direttamente. Cosa rischia? I cittadini italiani, quelli che pagano le tasse e utilizzano i servizi, provano a modo loro a “stipulare” polizze diverse, cercando di farsi ricoverare in regioni meno fatiscenti, sperando di non imbattersi in qualche clinica spietata come la Santa Rita. Perché poi le più spietate siano le private convenzionate è una ragione che è insita nell’anomalia del sistema sanitario italiano: è lo Stato che concede la “licenza”, cioè la convenzione, con tutti i rischi che questa pratica comporta, e lo Stato la può togliere. Lo Stato significa la Regione, gli Assessorati, le Asl, i politici che cambiano sempre, le loro campagne elettorali con i loro voti e i loro finanziamenti, i documenti, i permessi, i favori, gli amici e i nemici, l’Italia. Gli ospedali sono più difficili da toccare, al massimo, al cambio di un governo o di un presidente di Regione, si fa saltare qualche primario e qualche direttore sanitario.
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