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L'EUROPA ATTENDE IL RESPONSO DI DUBLINO
Oggi i cittadini irlandesi sono chiamati alle urne per pronunciarsi sul Trattato di Lisbona. Dalla loro decisione dipende anche il futuro dell’Unione Europea.
di BARBARA MENNITTI

[12 giu 08]
Tutti gli occhi dell’Unione Europea oggi sono puntati sugli irlandesi, chiamati alle urne per decidere se ratificare o meno il Trattato di Lisbona. La lotta politica fra i favorevoli e i contrari al Trattato è serrata, le città sono tappezzate di manifesti che invitano a votare sì o no, mentre la maggior parte dei cittadini continua a dimostrarsi piuttosto disinteressata verso quello che è giudicato un documento complesso. Il Trattato prevede, fra l’altro, un ridimensionamento della Commissione Europea, in virtù del quale ciascun Paese a turno non avrà un commissario, l’abolizione della possibilità di veto nazionale in molte aree, l’elezione di un presidente del Consiglio europeo e la figura di un alto rappresentante della politica estera. Il Trattato entrerà in vigore solo quando sarà approvato da tutti i Paesi membri dell’Unione e l’Irlanda è l’unico che ha deciso di sottoporlo a un referendum. Insomma, il futuro dei ventisette membri dell’Unione è appeso al voto degli irlandesi.

Il governo di coalizione irlandese fa campagna per il sì, sostenendo che, negli ultimi 35 anni, l’Unione Europea ha portato dei grandi vantaggi economici all’Irlanda e che il Paese non deve staccarsi dall’Europa. “In sostanza – commenta in un articolo il ministro degli Esteri irlandese Michael Martin – il Trattato di Lisbona rende l’Europa più efficiente nell’interesse dei cittadini europei. E, quindi, se l’Unione Europea funziona meglio, anche l’Irlanda funzionerà meglio”. Il referendum di oggi rappresenta anche un importante test per il nuovo primo ministro dell’isola, Brian Cowen, eletto solo un mese fa. Durante la campagna elettorale, Cowen aveva dichiarato che la vittoria del sì sarebbe stata una delle sue priorità, e che si sarebbe assunto la responsabilità nel caso in cui gli irlandesi avessero rifiutato il Trattato. Qualsiasi cosa faccia, è certo però che una vittoria del no interromperebbe bruscamente la sua luna di miele con gli elettori. Una situazione difficile da recuperare. Per questo il governo e i principali partiti di opposizione, favorevoli al sì, stanno sfruttando ogni opportunità per sostenere le loro tesi, ma il terreno su cui si muovono non appare dei più fertili. L’economia dell’isola, che aveva fatto gridare al miracolo della Tigre Celtica, ha subito un drammatico rallentamento, le proprietà stanno bruscamente perdendo di valore, gli agricoltori sono sul piede di guerra in attesa delle decisioni dell’Organizzazione mondiale per il commercio e l’opinione pubblica teme che tutto questo si traduca in un aumento della disoccupazione.

Su queste incertezze fa leva il fronte del no, in Parlamento rappresentato solo dal partito di sinistra Sinn Fein, il partito di Gerry Adams, una volta noto come l’ala politica dell’Ira. Insieme a loro sono schierati alcuni imprenditori, i nazionalisti irlandesi, i pacifisti e gli attivisti contro l’aborto. Secondo loro il Trattato va rifiutato perché introduce la concorrenza e la privatizzazione in settori come la sanità e l’istruzione ma, soprattutto, perché scardina di fatto la neutralità militare dell’Irlanda, in virtù della clausola di difesa reciproca. “Non rinunciate alla libertà irlandese per la quale tante persone sono morte”, ammoniscono facendo leva sul forte sentimento nazionale dell’opinione pubblica. I sondaggi europei mostrano che gli irlandesi, insieme a lussemburghesi, olandesi e belgi, rimangono fra i cittadini più entusiasti dell’Unione. Ma questo non rassicura il fronte del sì, conscio che l’equazione Europa – Trattato di Lisbona è tutt’altro che scontata. I sondaggi sul referendum mostrano un testa a testa con i contrari inizialmente molto indietro e poi cresciuti in maniera costante. Ma il margine è talmente risicato che qualsiasi risultato non sarebbe una sorpresa. Come spesso in questi casi, il Trattato di Lisbona è appeso all’affluenza alle urne: maggiore sarà la partecipazione al voto, maggiore sarà la possibilità che vinca il sì.


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