| 
      
      La nutella tra destra e sinistradi Stefano Caliciuri
 
 Si presenta ciclicamente alla ribalta del dibattito politico, rimbalzando 
      dalla destra conservatrice alla sinistra riformista; è usata di volta in 
      volta, a seconda delle circostanze, dalla cultura progressista così come 
      dal pensiero neo-liberale. Ma adesso, dopo aver festeggiato il suo 
      quarantesimo compleanno, non c’è differenza ideologica che tenga: tutti 
      uniti nel celebrarla con dolcissimi pensieri d’affetto e d’amore nei suoi 
      confronti. Stiamo parlando della Nutella, naturalmente, la crema di 
      nocciole più famosa e consumata al mondo. Nata dall’estro di Pietro 
      Ferrero come semplice “giandujot”, sarà poi il figlio Michele a 
      battezzarla con il nome (dall’inglese “nut”, nocciola) che per antonomasia 
      diverrà quello di tutte le creme spalmabili. Nessuno, però, avrebbe potuto 
      immaginare che il prodotto dolciario piemontese sarebbe divenuto ben 
      presto un cult, sfondando ogni barriera ideologica ed oltrepassando 
      indenne tutte le mode transitorie.
 
 Se Nanni Moretti, tramite il suo alter ego Michele Apicella, negli anni 
      Ottanta affogava le delusioni ideologiche abbracciando un gigantesco 
      vasetto di Nutella, nel decennio successivo divenne incarnazione della 
      destra di governo, complice anche il party inaugurale del primo circolo di 
      Forza Italia al New Open Gate di Roma. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, 
      a sponsorizzarne indirettamente la bontà è stato il ministro Roberto 
      Maroni (“L’unica cosa che siamo disposti a spalmare è la Nutella”) in 
      riferimento al cosiddetto decreto salva-calcio. Lo spostamento di target 
      deve averlo capito in tempo Walter Veltroni quando, in occasione del 
      congresso di Torino che lo portò a capo della segretaria del partito, tra 
      lo stupore generale disse che non avrebbe festeggiato a pane e Nutella 
      perché “francamente non mi piace”. Stupore, ovviamente in riferimento ai 
      suoi gusti pasticceri e non per un’elezione più scontata che mai: cosa mai 
      avrà pensato Giorgio Gaber, ideatore dell’uguaglianza secondo cui la 
      cioccolata svizzera sta alla destra come la Nutella alla sinistra? 
      Vittorio Feltri, invece, sembrerebbe considerare la Nutella un oggetto 
      tramite cui il governo dovrebbe solleticare i pacifisti, mettendo in 
      risalto il buonismo spesso ovvio e banale di quest’ultimi. D’altronde 
      anche sulle pagine arancioni de Il Riformista è apparsa la smentita: “La 
      Nutella non può essere riformista perché è dorotea. E’ un blob melmoso che 
      invade il potere e lascia le tracce come le lumache”. Un concetto esatto 
      solo a metà: la Nutella non è riformista. Ma non è neppure conservatrice, 
      progressista, radicale, ambientalista, leninista, massimalista, 
      giustizialista, garantista. La vera fortuna della Nutella è proprio il suo 
      essere super-partes, immune agli schieramenti o, per usare un termine 
      ultimamente assai in voga, bipartisan.
 
 22 aprile 2004
 |