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      Dpef e riforme le spine del dopo votodi Stefano Caliciuri
 
 La Casa delle Libertà sta affrontando in queste ore il confronto forse più 
      impegnativo dell’intera legislatura. Se da una parte Allenza nazionale, 
      Udc e Lega, alla luce dei risultati delle passate elezioni amministrative, 
      cercano un ribilanciamento dei pesi ministeriali, dall’altra Berlusconi si 
      vede impegnato nell’opera di gran tessitore per ricucire gli strappi che 
      producono di volta in volta gli alleati.
 
 Gianfranco Fini nei giorni scorsi ha presentato al vaglio del premier un 
      documento finanziario alternativo a quello di Tremonti. Berlusconi 
      tuttavia ha gettato acqua sul fuoco dichiarando di non ritrovarvi alcuna 
      “distonia con quanto redatto dal ministero dell’Economia”. Anzi, il 
      documento di An “è una buona base di discussione e contiene molti degli 
      argomenti di cui la coalizione dovrà parlare da qui ad un mese”. Nel 
      documento di Alleanza nazionale si legge, tra l’altro, che ''negli ultimi 
      mesi i conti pubblici (deficit e debito) stanno progressivamente 
      deteriorandosi e, in assenza di misure strutturali, l’Italia è destinata a 
      uscire dai parametri europei. Proseguire in una politica di bilancio che 
      si limiti ad affrontare le difficoltà con tagli e misure finanziarie 
      aspettando la ripresa è una strategia ormai inadeguata”.
 
 Sul fronte centrista Buttiglione ha ribadito una delle richieste avanzate 
      nei giorni scorsi da Marco Follini: il ritorno al sistema proporzionale. 
      Il dibattito sulla riforma elettorale dunque riparte e si arricchisce di 
      nuovi capitoli. Anche sul proporzionale il premier s’è detto d’accordo, 
      mantenendo lo stesso atteggiamento di duttile apertura tenuto verso An. Il 
      ministro alle Politiche comunitarie ha poi insistito su un tema molto caro 
      all’Udc, quello della famiglia, per la quale si chiede un impegno concreto 
      all’interno del Dpef.
 
 Se An e Udc tirano la corda da un lato, la Lega lo fa dall’altro. Maroni 
      lancia un nuovo ultimatum: “Se entro sabato 3 luglio la verifica non sarà 
      terminata andremo dritti dritti ad elezioni anticipate nella primavera del 
      prossimo anno e con l’attuale sistema elettorale. Questa non è una crisi 
      lampo e tantomeno la risolveremo con un nuovo governo tecnico. Prima di 
      pensare alla legge elettorale dobbiamo far passare le riforme, proprio 
      come prevede l’accordo di maggioranza”. Federalismo, innanzitutto, poi si 
      potrà discutere di sistemi elettorali. Sullo sfondo il difficile lavoro 
      per giungere alla riunione europea dell’Ecofin con un pacchetto di misure 
      in grado di evitare un rimprovero ufficiale da parte dell’Unione Europea. 
      Su questo, tutti i partiti della maggioranza si dicono d’accordo. Per ora 
      solo a parole.
 
 1 luglio 2004
 
      
      stecaliciuri@hotmail.com 
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