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      Il cuba libre dei no-globaldi Marta Brachini
 
 “Propaganda al soldo di Bush, vergogna Oliviero Toscani”. Con questo e 
      altri insulti del genere gli “amici di Cuba” hanno impedito 
      l’inaugurazione della mostra dedicata ai prigionieri politici cubani. 
      “Proibito pensare” è il titolo dell’iniziativa promossa dall’associazione 
      Nessuno tocchi Caino e dal Comitato italiano Helsinki per i diritti umani, 
      che intendevano mostrare attraverso l’occhio esperto di Oliviero Toscani 
      “le facce della repressione a Cuba”. Sia l’autore della mostra che Sergio 
      d’Elia, segretario dell’associazione, sono stati attaccati verbalmente dai 
      manifestanti e al sindaco Veltroni è stato impedito con insulti diretti e 
      indiretti ogni tentativo di salvare la presentazione. Infine l’intervento 
      della polizia, che ha allontanato i contestatori, ha segnato in negativo 
      il programmato svolgimento dell’inaugurazione. “Vergogna” è stata la 
      parola più ripetuta contro Toscani e Veltroni, che sono stati invitati 
      l’uno a presentare una mostra su “Guantanamo” e l’altro a non 
      ripresentarsi alle elezioni comunali. Agli amici di Cuba nessuno ha però 
      negato la libertà di opporsi a una manifestazione che denuncia, 
      paradossalmente, la mancanza di libertà d’espressione nel regime di 
      Castro. Nessuno ha negato loro la libertà di appendere cartelli di 
      protesta all’ingresso della mostra romana a Borghetto Flaminio e nessuno li ha 
      strappati dopo la loro partenza.
 
 Piuttosto hanno ben pensato di ritenersi offesi, nella loro intima 
      coscienza di sinistra, per la presenza del sindaco di Roma, uomo di quella 
      parte politica, che ha osato condannare un regime illiberale di stampo 
      comunista e per questo nostalgicamente incriticabile. “Iraq, Palestina, 
      stragi, bombardamenti” ecco quello che andrebbe fotografato e condannato, 
      stando a quanto è stato appiccicato alle porte della mostra. Ecco la cieca 
      obiettività che non tradisce l’essere di sinistra. In questa visione 
      nell’obiettivo di Toscani non avrebbero dovuto esserci i volti di 
      settantotto attivisti per i diritti civili, condannati da sei a ventotto 
      anni di reclusione. E, sempre secondo “gli amici di Cuba”, nessun sostegno 
      meriterebbero gli intellettuali che hanno aderito al “progetto Varela”, a 
      favore di un referendum per introdurre il multipartitismo e della 
      democratizzazione di Cuba. Ma a questi signori non importa se loro, in 
      Italia, possono manifestare, denunciare e propagandare le loro idee senza 
      essere arrestati e finire in carcere per “tradimento della patria e 
      cospirazione politica”, come disciplina la Legge 88. Non importa se a 
      Cuba, dove è in vigore questa “legge bavaglio”, i loro amici non possono 
      godere della stessa libertà.
 
 Tutto questo dimostra l’incapacità di infrangere vecchi tabù e di guardare 
      alla realtà d’oggi con occhi meno ideologici. C’è una forte contraddizione 
      mista di nostalgia e frustrazioni. Toscani, dopotutto, ha sempre 
      rappresentato per i giovani di sinistra un modello di comunicazione 
      “etica”, ha fotografato la multietnicità, la povertà, la sessualità, la 
      vita senza tabù e limiti moralistici. E’ un monumento per la libertà 
      d’espressione attraverso immagine. Non si vede perché se ne debba 
      vergognare e perché dovrebbe rinunciare a firmare una campagna che delle 
      libertà, innanzitutto d’espressione politica, si fa ambasciatrice. 
      Purtroppo i nostri giovani idealisti di sinistra non sanno reinventare 
      creativamente la loro identità politica e perciò non sanno ammettere che, 
      se lo spirito che li muove è quello umanistico, non c’è contraddizione nel 
      mettere in mostra le violazioni dei diritti umani anche a Cuba.
 
      
      13 ottobre 2004
 m.brachini@libero.it
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