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      Foibe e memoria, oggi è solo un primo passodi Fabio Scoccimarro*
 [10 feb 05]
 
 Oggi 10 febbraio, attraverso la celebrazione della Giornata del Ricordo 
      dell’Esodo degli istriani, fiumani e dalmati e delle vittime delle Foibe, 
      Trieste riaffermerà il ruolo di capitale morale degli avvenimenti che 
      nell’immediato dopoguerra segnarono i territori dell’Italia Orientale. Le 
      numerose manifestazioni in programma nel capoluogo del Friuli Venezia 
      Giulia, organizzate dal ministero per gli Italiani nel mondo, in 
      collaborazione con le Amministrazioni provinciale e comunale di Trieste, 
      la Federazione delle Associazioni degli esuli e l’alto patrocinio della 
      Presidenza della Repubblica, giungono a pochi giorni di distanza dalla 
      messa in onda sui teleschermi di Raiuno della fiction diretta da Alberto 
      Negrin “Il Cuore nel pozzo”.
 
 Un’apprezzabile rappresentazione artistica con la quale viene finalmente 
      tolto il velo d’omertà che per oltre mezzo secolo la cultura dominante del 
      paese aveva calato su una delle pagine più drammatiche della nostra 
      storia. E tuttavia la considerazione che emerge con assoluta chiarezza 
      dalla visione della fiction è che ci sarebbe voluto maggiore coraggio. 
      Specie per quanto riguarda, particolare non trascurabile, la mancata 
      sottolineatura dal fatto che le vicende avvengono dopo la fine della 
      guerra. Inoltre, risulta piuttosto disdicevole, soprattutto per coloro che 
      la tragedia l’hanno vissuta sulla propria pelle, il voler affermare a 
      tutti i costi che gli eccidi furono una reazione alle violenze e ai torti 
      subiti dalle popolazioni slave prima e durante il conflitto. Non si può 
      certo negare che queste violenze e questi torti siano stati perpetrati, ma 
      non è corretto nemmeno lontanamente paragonarli al genocidio attuato con 
      scientifica precisione dai nazionalcomunisti di Tito e in cui persero la 
      vita molte migliaia di italiani.
 
 Questo è comunque solamente il primo passo verso la riscoperta di una 
      storia troppo a lungo negata e l’augurio è che presto ne seguiranno degli 
      altri, perché è bene che tutti sappiano che l’Italia ufficiale aveva 
      provato un ingiustificabile senso di vergogna nei confronti di questi 
      nostri connazionali. I quali, per amore della propria Patria, dovettero 
      fuggire, venendo accolti dagli sputi dei portuali a Venezia e dal rifiuto 
      degli operai comunisti, alla stazione ferroviaria di Bologna, perfino di 
      rifocillare i bambini con un sorso di latte.
 
 La decisione di dedicare questa data al doveroso ripristino della memoria 
      non è stata certo causale. Attraverso l’indicazione contenuta nella 
      proposta di legge presentata dal deputato triestino di Alleanza Nazionale 
      Roberto Menia, e approvata da quasi tutte le forze politiche presenti in 
      Parlamento, viene infatti finalmente riconosciuto il desiderio espresso da 
      gran parte dei 350 mila esuli e di loro discendenti, dei quali almeno 80 
      mila vivono attualmente nel territorio triestino, e che hanno sempre 
      identificato nel Trattato di Pace siglato a Parigi il 10 febbraio 1947 
      l’avvio della diaspora giuliano-dalmata. Una scelta dolorosa che 
      rappresentò anche una sorta d’ideale plebiscito a favore dell’Occidente 
      democratico e di rifiuto della menzogna comunista. Ci vollero ancora dei 
      lunghi anni d’attesa prima di vedere, nell’ottobre del 1954, il ritorno 
      dell’Italia a Trieste. Ma la gioia che in quel momento attraversò gli 
      animi dei nostri nonni e padri non riuscì a prevalere sul senso 
      d’impenetrabile tristezza di fronte alla consapevolezza che Capodistria, 
      Pola, Fiume e Zara non sarebbero mai più tornate.
 
 Proprio per questi motivi appaiono del tutto inaccettabili le motivazioni 
      alla base delle polemiche tornate a riaccendersi nelle scorse settimane, 
      con le quali alcuni esponenti di primo piano dei Ds hanno cercato di 
      riversare sulla destra la responsabilità di una presunta speculazione in 
      chiave elettorale della fiction Il Cuore nel pozzo e della stessa 
      organizzazione a Trieste delle celebrazioni della Giornata del Ricordo.
 
 Per sgomberare immediatamente il campo da possibili equivoci, va chiarito 
      che la vera speculazione è stata rappresentata proprio dai lunghi decenni 
      d’assordante silenzio da parte di coloro che sono giunti con enorme 
      ritardo a riconoscere una verità che, pur essendo sotto gli occhi di 
      tutti, era preferibile continuare a ignorare nel nome e per conto di 
      “superiori ragioni di politica interna e internazionale”. Soltanto quando 
      i libri di storia racconteranno senza omissioni di alcun genere queste 
      pagine e i governanti degli Stati succedutisi all’ex Jugoslavia verranno 
      con noi a inginocchiarsi sulle Foibe, potremo scrivere, una volta per 
      tutte, la parola fine sul lunghissimo dopoguerra. Non per ferire, ma per 
      lenire, consapevoli fino in fondo che unicamente chi preserva il proprio 
      passato e riesce a trasmetterlo alle nuove generazioni può ambire a un 
      futuro da protagonista.
 
      
      10 febbraio 2005
 * Presidente della Provincia di Trieste
 
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