Date un matto ai liberali
di Alan Patarga*
[30 mar 05]
Date un matto ai liberali. Lo scriveva Mario Ferrara (il nonno di
Giuliano) nel 1951, sulle colonne del “Mondo” di Pannunzio. Dopo più di
mezzo secolo è ancora di quello che c’è bisogno.
Non è però una questione di persone, ma di spirito. Cultura prevalente
per quasi un secolo, il liberalismo è scemato nel nostro Paese mano a
mano che le varie chiese imponevano – con la forza dell’intolleranza o
con la sottile arte del compromesso – il loro credo liberticida. E poco
importa, oggi, vedere cosa fece peggio alla coscienza di un popolo se
l’eterna ambivalenza di un’Italia sempre con un piede di qua e di là dal
Tevere o con la testa rivolta a Mosca o a Berlino. Un’ambivalenza che ha
impedito di fare gli italiani, dopo che s’era fatta l’Italia, e di dare
compimento all’unica rivoluzione liberale che – sia pure con mezzi di
fortuna e con un seguito popolare di dubbio peso numerico – sia mai
stata compiuta in questo Paese. Temporalismo cattolico, fascismo e
comunismo sono stati i mali che hanno soffocato nella culla quella che,
complice una classe dirigente di livello internazionale come quella
cresciuta alla scuola cavouriana o sulla dottrina di Mazzini, pareva
avviata ad essere la più brillante delle nuove democrazie d’Europa.
L’eterna contraddizione degli italiani, la vocazione al servaggio che il
“particulare” di pochi ha sempre giustificato, ha fatto sì che quel
sogno naufragasse.
Con la morte del liberalismo “di massa” in Italia, che pure portava con
sé le contraddizioni di tanti altri Paesi democratici di quel tempo (e
che tali Paesi risolsero, potendo mantenere il regime della democrazia,
mentre noi ancora in parte manteniamo), muore anche la speranza di una
cultura di destra nel nostro Paese. Perché una improvvida collocazione
nell’emiciclo di Montecitorio dei 35 mussoliniani del ’22 ha consegnato
per sempre questo termine al fascismo e ai suoi eredi più o meno spuri.
La destra liberale è altro. E’ senso del dovere, della misura e delle
istituzioni; è rispetto – non tolleranza, rispetto – dell’altro, sua
comprensione e inserimento nelle dinamiche sociali, mai esclusione; è
aspirazione massima alla libertà dell’individuo e, pertanto, di uno e di
tutti i popoli. Purtroppo, quel che è dal punto di vista ideale la forza
di una destra liberale ne è anche, in un mondo come quello odierno, il
principale fattore di debolezza pratica. Le virtù di quello che
Prezzolini avrebbe definito il “V.C.”, il vero conservatore, non
sembrano più avere appeal, in un mondo che ha nell’urlo che si stempera
nell’ossequio politicamente corretto il suo moderno e sofisticatissimo
oppio. Si urla per non sentire le ragioni dell’altro. Poi lo si “bolla”,
lo si classifica, gli si toglie la forza viva dell’unicità.
Così ecco che anche i liberali hanno bisogno di un matto, e non da oggi.
Ne hanno bisogno perché le loro idee, che a loro paiono assai buone,
possano trovare una forza che non sia solo intrinseca, ma che deflagri
in un mondo capace di addormentarsi a capodanno con 280mila morti sulla
coscienza.
Non è facile, ma di sicuro se quel matto verrà fuori, lo potrà fare – al
giorno d’oggi – attraverso il solo canale libero, indipendente,
trasparente a sua disposizione: e cioè internet. Il matto liberale, il
matto “senza occhiali da sole”, se mai arriverà – o se non è già
arrivato senza farsi troppo notare – aprirà un blog. Perché solo
“autoproducendosi” potrà urlare al mondo le sue ragionevolissime follie.
E sperando che i matti siano tanti e non uno soltanto, questo arcipelago
della libertà, questa Right Nation o
chiamatela-come-volete-purché-la-si-faccia, potrà essere un approdo
sicuro. Un porto rimasto sepolto troppo a lungo che oggi va recuperato.
I matti liberali devono rialzare la testa, scuotere un Paese intero con
le risa di chi non accetta steccati ma giudica solo idee: buone o
cattive. Devono avere quella moral clarity che in Italia manca in ogni
schieramento politico per saper distinguere le esigenze elettorali dalle
esigenze del nostro tempo.
L’esigenza del nostro tempo – la più pressante, la più autenticamente
liberale – è la promozione della democrazia e della libertà presso tutti
i popoli. Con la nonviolenza e il buon esempio, finché possibile; anche
con azioni militari di ampio respiro e condivisione internazionale, ove
necessario. Ma perché altre democrazie non s’ammalino come si ammalò
quella italiana (senza più uscire da una convalescenza che ormai dura da
quasi un secolo), o perché milioni di donne e uomini ogni anno non
debbano continuare a morire e soffire per le loro idee, anziché
limitarsi a professarle, il liberalismo deve tingersi dei colori della
follia. E non chiamateci neocons. Siamo impazziti molto tempo prima.
30 marzo 2005
*
Alan Patarga è il titolare del blog
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