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		L’endorsement di Mieli tra le righe della 
		stampadi Marta Brachini
 [13 mar 06]
 
 Mieli gioca pesante e scommette sulla sinistra. Il direttore del 
		Corriere della Sera ha firmato l’endorsement della partita politica 
		italiana a un mese esatto dall’appuntamento elettorale. Perché? Se lo 
		sono chiesti in tanti. E tutti i maggiori quotidiani italiani si 
		spendono in biasimi o elogi con relative spiegazioni, analisi, commenti. 
		Con due certezze di partenza comuni: la prima ha a che fare con una 
		esplicitata, e da tempo intuita, volontà di abbattere il berlusconismo, 
		uccidere politicamente la popolarità e la centralità personale del 
		premier nel centrodestra. La seconda individua invece nelle vicende 
		legate a Confindustria e all’establishment industriale e finanziario 
		italiano in generale, la spinta originaria all’intervento del direttore. 
		Il gioco di Mieli si legge in editoriale su Il Foglio “è il risultato di 
		una sfida mortale alle élite e della loro risposta”. E marcando 
		indirettamente l’isolamento del premier all’interno della coalizione e 
		rinfocolandone la già nota disgregazione, Mieli ha detto “quell’uomo 
		solo al comando non lo vogliamo più, e qualunque alternativa è meglio”. 
		Ne Il Giornale Geronimo mette in luce le Anomalie di Via Solferino: “Non 
		sappiamo il perché di questa scelta e da mesi lo ripetiamo finanche con 
		ossessività per il pericolo democratico che contiene. Mieli è un uomo 
		colto e un giornalista autorevole ma non è un leader politico e da tempo 
		ha messo al servizio di alcuni interessi finanziari le proprie indubbie 
		qualità. Mieli, per dirla con grande franchezza, è il ponte che tenta di 
		unire questi interessi finanziari a due partiti dalle identità confuse, 
		quello Diessino e quello della Margherita”.
 
 Ma Feltri va meno per il sottile e mette nero su bianco che al Corriere 
		vanno riconosciuti “tanti meriti tranne quello dell’indipendenza”, ed è 
		sicuro di vincere la scommessa fatta con Mieli sulla vittoria della Cdl, 
		proprio come già successo nel 1994. E sulla questione dell’influenza 
		degli azionisti Rcs sulla dirigenza del Corriere anche Libero aggiunge 
		la sua riflessione: “Allora. Il Corriere della Sera autocertifica di 
		essere rossiccio. La Repubblica è dichiaratamente purpurea. La Stampa è 
		vermiglia. Ergo. I tre maggiori quotidiani italiani (più il Sole 24 Ore) 
		sono di sinistra. Ripeto. Come mai i potenti (economicamente) vanno a 
		sinistra? […] Evidentemente la sinistra promette loro qualcosa. […] 
		Morale della favola? Chi vota a sinistra vota per i “pescecani”; chi 
		vota per il centrodestra vota per la ggente, per noi poveri fessi”. 
		Finalmente ecco un buon motivo per esplicitare la delusione ormai 
		diffusa a destra per lo schieramento del Corriere della Sinistra, o del 
		Corrierino come lo definisce il blog
		
		The Right Nation che ha lanciato in 
		rete un boicottaggio non privo di sense of humor del Corriere di Mieli. 
		Anche il Secolo d’Italia si chiede perché. Perché “l’Unione può 
		governare, addirittura al meglio, nei prossimi cinque anni”? E Mantovano 
		analizza al microscopio l’editoriale incriminato coi relativi accenti su 
		Ds e Margherita, sulla nuova formazione della Rosa del pugno, e infine 
		sulla “tenera premura” riservata nella conclusione ad An e Udc, per 
		concludere in uno slancio positivo di una speranza di vittoria del 
		centrodestra che si tramuta quasi in certezza.
 
 Più morbida, al centro, la posizione di Avvenire: pur non stigmatizzando 
		l’endorsment – ma ricordando che la consuetudine già sperimentata dai 
		maggiori giornali americani è del tutto nuova per il nostro paese – lo 
		accoglie in maniera critica biasimando la “girata in bianco” che il 
		Corriere lascia alla sinistra, e che compromette la vocazione di 
		imparzialità di quella che fu la “dottrina Lipman-Mieli”. Dal 
		centrodestra al centrosinistra. Se il Corriere non può più esser detto 
		neutrale rimane per molti indipendente, almeno giornalisticamente. E se 
		non si nasconde la correlazione tra le affermazioni di Montezemolo e 
		quelle di Mieli, si difende comunque la buona fede del direttore 
		nell’interesse della “stabilità” e della “ripresa” del paese. Su questa 
		linea si muove l’editoriale del Riformista e quello apertamente 
		entusiasta di Orlando su Europa dal titolo Il Corriere investe in 
		buongoverno. Alle ali estreme l’organo stampa di Rifondazione applaude a 
		Mieli e promette schiaffi a Prodi. Perché se ci sarà da pagare un prezzo 
		per il “favore” del Corriere, sarà certamente diviso tra i membri della 
		coalizione di sinistra, e se questo significasse lasciare ai “poteri 
		forti” le decisioni sulle politiche economiche-statuali, Liberazione 
		dice “questo non sta nelle cose” e darà battaglia. E viene da pensare 
		che Repubblica si senta ora deprivata della sua ragione d’essere.
 
 13 marzo 2006
 
		marta.brachini@gmail.com |