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		Cancellare l’Ici si può. Parola di sindacodi Domenico Mennitti
 [05 apr 06]
 
 La sinistra in Italia ha coltivato il vizietto di mettere le mani nella 
		tasche dei cittadini ogni volta che si è trovata ad affrontare una 
		emergenza. Per lustri abbiamo vissuto nella rassegnazione che la 
		pressione fiscale fosse un elemento irreversibile, l’unica strada da 
		percorrere per fare fronte a qualsiasi esigenza di spesa: dalle 
		necessità obiettive sino agli sperperi. Berlusconi ebbe successo nel 
		1994, quando irruppe sulla scena politica, anche perché capovolse questo 
		principio. L’economia, se gravata da un enorme peso fiscale, tende a 
		deprimersi; al contrario, se la pressione si alleggerisce, si destinano 
		più risorse ai consumi, cresce la produzione, si determina dinamismo e 
		si crea ricchezza.
 
 Alla luce di questa riflessione non si spiega il grande clamore 
		suscitato dalla proposta formulata dal capo del governo nel corso del 
		dibattito televisivo con Prodi, quando ha sostenuto l’indirizzo di 
		abolire l’Ici sulla prima casa. E’ una proposta perfettamente in linea 
		con il suo programma e punta a soddisfare una esigenza primaria degli 
		italiani, che considerano la casa in proprietà più che un bene, un 
		valore. La politica richiede che si compiano scelte anche coraggiose, 
		che si indichino priorità non equivoche: le differenze programmatiche 
		sono le ragioni per le quali gli elettori scelgono fronti diversi.
 
 Contro l’ipotesi di Berlusconi si è levato il coro non del dissenso, che 
		è legittimo, piuttosto della saccente teoria dell’impossibile. “Non si 
		può fare”, ha sentenziato il sindaco di Firenze Domenici, presidente 
		dell’Anci, una sorta di salice piangente che la sinistra utilizza nella 
		parte di Cassandra ad ogni legge finanziaria. Ed al quale non pare vero 
		di poter recitare una parte supplementare in piena campagna elettorale.
 
 Io, sindaco di Brindisi, città del Sud di novantamila abitanti, sostengo 
		che invece “ si può”; forse addirittura “si deve “, atteso quanto il 
		problema della casa costituisce per la famiglia meridionale ancora una 
		aspirazione. Senza che ciò scombussoli lo Stato sociale e tolga 
		assistenza ai più bisognosi. Eliminare l’Ici sulla prima casa non 
		dissesterebbe i bilanci dei Comuni, richiederebbe solo un riequilibrio 
		attento nella destinazione delle risorse.
 
 05 aprile 2006
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