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		Giustizia: l'ultimo affondo di 
		Berlusconidi Dimitri Buffa
 [06 apr 06]
 
 In Italia se un presidente del Consiglio vuole provare agli italiani la 
		propria innocenza da continue accuse di corruzione (compresa quella di 
		testi in un processo sui diritti televisivi Mediaset che lo riguarda) 
		deve pagarsi un avvocato, spedirlo alle Bahamas qualche mese e farlo 
		ritornare con i risultati di una vera e propria rogatoria privata che 
		supplisce a quella che (a suo dire) i pm milanesi che lo accusano non 
		avrebbero mai voluto fare. Al termine di “indagini difensive che 
		avrebbero dovuto essere svolte” dalla Procura di Milano ci sono 
		documenti “che comprovano al di là di ogni dubbio che la somma pervenuta 
		all'avvocato David Mills deriva da un versamento di un terzo, che non ho 
		mai conosciuto, che non ha niente a che fare con Fininvest, e cioè 
		dall'armatore Diego Attanasio. Un versamento correlato a sue proprie 
		vicende societarie”. Ieri Berlusconi ha voluto rendere edotti gli 
		italiani di possibili evoluzioni a lui favorevoli di questa indagine 
		che, come già quella del 1994 per accuse di corruzione alla Guardia di 
		Finanza, è stata portata avanti da quella parte della magistratura di 
		Milano per cui Berlusconi è un pericolo fin dai tempi della P2. Il tutto 
		in sinergia mediatica con il Corriere della Sera di Paolo Mieli che ieri 
		come oggi ha avvisato il premier delle tegole che presto si sarebbero 
		abbattute sulla sua testa.
 
 Come hanno reagito i magistrati tirati ieri in causa senza tanti 
		complimenti? Dicendo alla Adnkronos che in realtà “una rogatoria alle 
		Bahamas, nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta testimonianza 
		comprata da Silvio Berlusconi all'avvocato inglese David Mills, è stata 
		avviata il 18 aprile del 2005 e successivamente integrata in due 
		occasioni (il 23 dicembre 2005 e il 14 febbraio 2006)”. Ciò risulterebbe 
		anche dall'avviso di conclusione delle indagini che è stato inviato a 
		Silvio Berlusconi e a David Mills dai Pm milanesi Alfredo Robledo e 
		Fabio De Pasquale. Negli edifici del tribunale di Milano i magistrati 
		impegnati nell'indagine appena conclusa non rilasciano altre 
		dichiarazioni su quanto ha dichiarato il premier nel corso di una 
		conferenza stampa. Qualche loro improvvisato portavoce fa notare “che 
		una rogatoria verso le isole Bahamas risale ad oltre un anno fa”. Ben 
		diversa invece la versione data ieri da Berlusconi nella conferenza 
		stampa convocata in diretta da Sky Tg 24 durante un’intervista della 
		mattina.
 
 “I miei avvocati non appena fui avvisato dal Corriere di Mieli – ha 
		detto Berlusconi – insistettero per fare una rogatoria ma i pm risposero 
		che in quel momento non era possibile”. Così Berlusconi, che ha i soldi 
		e li può usare per difendersi, la rogatoria se l’è fatta da solo e ieri 
		ha consegnato ai giornalisti in quattro disciplinate cartelline i 
		relativi risultati. Compreso l’incarico conferito dal suddetto armatore 
		Attanasio all’avvocato Mills per operare sui conti alle Bahamas. Avrebbe 
		potuto un comune mortale come tutti noi difendersi da analoga accusa e 
		svolgere per proprio conto costosissime indagini difensive, ancorchè 
		previste dal codice di procedura penale, come ha invece potuto fare 
		Silvio Berlusconi? La domanda appartiene alla categoria di quelle 
		retoriche. E ieri il Cavaliere ha potuto brandire questo paragone che lo 
		riguardava direttamente per tornare su una delle battaglie che più gli 
		premono e che meno i suoi infidi alleati Fini e Casini gli hanno 
		consentito di fare in questa legislatura: quella per la separazione 
		delle carriere dei magistrati e per la giustizia giusta.
 
		
		06 aprile 2006 |