| Moldavia. I disastri del comunismo di ritorno intervista a Dan Toma di Andrea Mancia
 
 “Una larga parte della Moldavia orientale è ormai sotto il controllo di 
        una banda di gangster, nella migliore delle ipotesi tollerata dalla 
        Federazione russa, che si è auto-proclamata a capo della cosiddetta 
        Repubblica Nestriana. E controlla l’intero arsenale una volta a 
        disposizione del 14° corpo d’armata dell’esercito sovietico”. Non si 
        tratta dell’ultimo romanzo di fanta-politica di Ken Follet, ma del 
        disperato appello di un giovane imprenditore moldavo, che aveva sperato 
        nel crollo del comunismo sovietico per costruire un futuro migliore per 
        se stesso e la sua famiglia. Dan Toma nasce a Kishinev, in Moldavia, 28 
        anni fa, si laurea giovanissimo in Legge ed Economia all’Università di 
        Slavyansk (Ucraina) e si specializza all’Accademia delle Scienze di San 
        Marino, prima di tornare a Kishinev, pieno di entusiasmo e speranze per 
        il suo paese, uscito già da qualche anno dalla palude della dittatura 
        comunista. E’ il 1994, e la situazione in Moldavia sembra promettere 
        soltanto sviluppi positivi. “Ero convinto che la Moldavia avesse un 
        futuro luminoso – dice – adesso ho compreso la mia enorme ingenuità”.
 
 Quale è stato il suo primo lavoro, una volta 
        tornato in Moldavia?
 
 Sono stato “personal manager” in una associazione di cliniche mediche in 
        un distretto di Kishinev. Ma si trattava di un lavoro ripetitivo e per 
        il quale non vedevo grandi prospettive. Così ho deciso di iniziare 
        un’attività imprenditoriale. Insieme a miei due strettissimi amici 
        abbiamo dato vita ad una piccola società di informatica.
 
 E’ stato necessario un grande investimento di 
        capitale, per iniziare?
 
 Soltanto la registrazione ci costò più di mille dollari, una cifra 
        notevole per gli standard moldavi. Ce la siamo cavata con quasi il 
        doppio, a costo di grandi sforzi personali.
 
 Non proprio l’ambiente economico adatto per 
        tentare un’avventura imprenditoriale…
 
 Certamente no, ma tutto sommato i primi due anni sono passati senza 
        troppi problemi. Poi è arrivata una pesante crisi economica, con una 
        fortissima svalutazione della moneta locale (Leu). Siamo andati a 
        dormire con 10mila dollari in banca e ci siamo risvegliati con la metà. 
        E con i conti bancari di tutto il paese bloccati dal governo. Da quel 
        momento in poi, la situazione è andata degenerando progressivamente, 
        fino ad arrivare ad oggi: con le imprese che chiudono una dopo l’altra e 
        gli imprenditori praticamente sul lastrico. Come è capitato a me qualche 
        mese fa, quando abbiamo dovuto chiudere la nostra azienda per non aver voluto 
        pagare il “pizzo” al burocrate di turno.
 
 Quali sono state le cause della crisi?
 
 L’instabilità politica, prima di tutto. Dopo il crollo del comunismo, 
        una decina di partiti “neo-democratici” avevano affollato la scena 
        politica, ma il loro alto tasso di litigiosità ha spianato la 
        strada al ritorno dei dirigenti comunisti, che sono prima tornati a 
        vincere le elezioni amministrative e poi – nel 2001 – hanno completato 
        l’opera conquistando la presidenza, il governo e il parlamento.
 
 Gli stessi comunisti dell’era sovietica?
 
 Gli stessi o i loro parenti. Gli stessi che avevano governato la 
        Moldavia negli anni della Guerra Fredda. Gli stessi che negli ultimi 
        anni hanno dato vita ad un gigantesco network di corruzione e hanno 
        “svenduto” alla criminalità organizzata la regione nestriana.
 
 Svenduto?
 
 Una larga parte della Moldavia orientale è ormai sotto il controllo di 
        una banda di gangster, nella migliore delle ipotesi tollerata dalla 
        Russia, che si è auto-nominata a capo della Repubblica Nestriana della 
        Moldavia. Si tratta, non a caso, di una zona in cui è stata abbandonata 
        una grande quantità di armi dell’Armata Rossa dopo il crollo del regime 
        sovietico. Questa cosiddetta repubblica non è ufficialmente riconosciuta 
        da nessuno stato, non ha contatti diplomatici con nessuno stato. Ma 
        esiste e controlla una parte del territorio moldavo, circa il 30 per 
        cento, con le armi ed il terrore.
 
 Che tipo di armi sono nascoste nel territorio 
        nestriano?
 
 Carri armati, elicotteri da combattimento, praticamente l’intero 
        arsenale a disposizione del 14° corpo d’armata dell’esercito sovietico. 
        Senza contare che soltanto l’interposizione dell’esercito russo ha posto 
        fine ad una guerra civile che si era scatenata nello stesso territorio 
        nel biennio 1991-1992. E questo ha rafforzato i rapporti fra la 
        criminalità organizzata del luogo e quella di origine russa. Il 
        “ministro della sicurezza” di questa cosiddetta repubblica è un ex 
        esponente del KGB ricercato dall’Interpol per crimini contro l’umanità 
        da oltre un decennio. Era il capo di una squadra speciale di cecchini 
        che sparava sulla folla in Lituania durante le prime manifestazioni 
        anti-sovietiche. Tracce di questo arsenale sono state rinvenute anche in 
        Cecenia e nell’ex-Yugoslavia. Si tratta di un traffico d’armi di 
        proporzioni gigantesche.
 
 Se si parla di KGB il pensiero vola subito a 
        Vladimir Putin…
 
 Ufficialmente, Putin è “pulito”. Ma in Moldavia non ci credono neanche i 
        bambini. In ogni caso, si tratta di un territorio controllato dalla 
        criminalità organizzata a qualche centinaio di chilometri dai futuri 
        confini di Nato ed Unione Europea (dopo l’adesione della Romania, NdR).
 
 E il governo ufficiale moldavo non reagisce?
 
 Nel 2000 il primo presidente della Moldavia dopo la separazione con la 
        Russia (1998) tentò di riprendere il controllo della situazione. Tutto 
        quello che ottenne fu una guerra senza esclusione di colpi. Tra 
        l’indifferenza della comunità internazionale e l’ambiguità della 
        Federazione russa. Da quando gli “ex” comunisti sono tornati al potere, 
        poi, il problema è stato semplicemente ignorato. La nomenklatura è 
        troppo impegnata ad aumentare le tasse, espandere il livello di 
        corruzione del proprio regime e perseguitare gli esponenti 
        dell’opposizione.
 
        
        8 marzo 2004 
        
        mancia@ideazione.com 
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