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        Costas Karamanlis, una leadership per il Levantedi Stefano Magni
 
 Costas Karamanlis ha ottenuto una vittoria decisiva alle elezioni greche 
        e i Turchi non festeggiano. La stampa turca parteggiava chiaramente per 
        Papandreou, il candidato del Pasok, primo ministro degli esteri greco a 
        recarsi personalmente ad Ankara. Il parere dei Turchi non era del tutto 
        originale e proveniva soprattutto dalle informazioni diffuse dalla 
        stampa greca vicina al Pasok. Era questo, infatti, il punto di forza 
        della campagna elettorale di Papandreou: Karamanlis, sosteneva la stampa 
        di sinistra, fermerà il processo di integrazione della Turchia 
        nell’Unione Europea e, a causa della sua “inesperienza” ostacolerà il 
        processo di riunificazione di Cipro. Una paura che è stata smentita 
        dalle dichiarazioni ufficiali di Karamanlis, ma che può non essere del 
        tutto infondata.
 
 Una cosa è stata appurata: le posizioni dei nazionalisti più radicali, 
        di quelli che ora scrivono sui loro quotidiani che occorre fare della 
        Grecia “un bastione dell’Europa contro la Turchia”, sono rigettate dal 
        partito di centro-destra Nea Dimokratia, ora al governo. I manifesti 
        anti-turchi che circolavano nell’ambito della destra greca e che erano 
        additati dal Pasok come prova del nazionalismo del partito di 
        Karamanlis, sono opera dei nazionalisti e non riflettono le reali 
        intenzioni dell’attuale governo, che è pur sempre membro del Partito 
        Popolare Europeo e come tale favorevole all’ingresso turco nell’Ue. 
        Certo è che alcuni membri greci del Partito Popolare Europeo, si 
        oppongono apertamente alla politica di integrazione con gli stessi 
        argomenti usati dai nazionalisti: la Turchia non è parte della cultura 
        europea e, nel contesto, come fa rilevare la stessa Commissione per i 
        Diritti Umani, non rispetta i diritti (politici e religiosi) della 
        minoranza greca nella parte occupata di Cipro. Ciò che rafforza i 
        sospetti è che Nea Dimokratia, ingrandendosi, ha imbarcato anche 
        elementi della destra ortodossa e anche i più nazionalisti dei 
        transfughi del Pasok.
 
 Karamanlis, benché sia un integrazionista, è giudicato un leader più 
        “duro” (nei confronti dei Turchi) dalla stampa greca e cipriota. “Ci 
        sono ancora Paesi che violano la legge internazionale e rimangono 
        impuniti; le cui mappe raffigurano i loro confini estesi a territori 
        greci”. - Aveva dichiarato già nel 2001, alludendo palesemente al vicino 
        “alleato” – “Nonostante tutte le dichiarazioni ufficiali di amicizia e 
        buone intenzioni, la continua occupazione illegale della parte 
        settentrionale di Cipro e la continua minaccia di guerra, costringono la 
        Grecia a spendere, per la difesa, percentuali di prodotto interno lordo 
        maggiori rispetto a tutti gli altri Stati dell’Unione Europea”. Uno dei 
        principi fondamentali della politica europea di Karamanlis è proprio la 
        sicurezza comune europea, intesa, fra le righe, come maggior sicurezza 
        sul fianco sud-orientale: “Dal momento che, nel lungo termine, la 
        capacità di difesa del nostro Paese dipenderà sempre più dall’emergere 
        di un sistema di difesa integrata europea, non possiamo accettare che 
        vengano trattate sullo stesso piano la Grecia, che è uno Stato membro 
        dell’Unione a pieno titolo, e la Turchia, che non la è. Per noi, la 
        nascita di un’Europa federale dipende principalmente dalla sicurezza dei 
        suoi membri. Alla sicurezza dei membri si deve dare la priorità 
        assoluta”. Anche se poi il ragionamento viene moderato con: “Siamo 
        favorevoli a ulteriori mosse verso un esercito comune europeo, ma sempre 
        in un contesto di cooperazione politica con la Nato…” di cui fa parte 
        anche la Turchia a pieno titolo.
 
 Il nuovo leader conservatore anche su Cipro è stato chiaro. “Nessuno, né 
        qui, né in Turchia, può accompagnarci nel nostro cammino europeo, se 
        prima non si ferma per pagare il tributo a Cipro” aveva dichiarato il 
        futuro primo ministro lo scorso gennaio, aggiungendo che “la posizione 
        turca su Cipro sarà decisiva sia per il cambiamento dell’isola, sia per 
        le ambizioni turche di far parte dell’Europa”. Considerando 
        che, finora, la principale opposizione alla riunificazione dell’isola 
        proviene dalla classe dirigente turco-cipriota, che non si sente abbastanza 
        protetta in caso di riunificazione, si può capire come Karamanlis sia 
        ancora meno invogliato a fare sconti sul destino di quell’isola del 
        Mediterraneo orientale.
 
        
        8 marzo 2004 
        
        stefano.magni@fastwebnet.it 
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