| Per la giovane democrazia è il momento più duro di Pierluigi Mennitti
 
 Per la giovane e ammirata democrazia spagnola è il momento più duro, 
        quello nel quale deve dimostrare al terrorismo prima, ai suoi cittadini 
        poi, di meritare il posto d’onore che si è conquistata in Europa e nel 
        mondo. Intervenendo a poche ore di distanza dall’attentato di Madrid, 
        mentre il pallottoliere delle vittime segnava numeri sempre più 
        dolorosi, il premier José Maria Aznar ha ribadito con determinazione 
        pari alla commozione “che con questi assassini nessun dialogo è 
        possibile”. Seguendo un copione già visto all’indomani di ogni attentato 
        terroristico, il premier ha assicurato che la caccia ai criminali 
        proseguirà fino al loro arresto e che la Spagna non subirà alcun ricatto 
        e non cambierà il suo sistema istituzionale solo perché i terroristi 
        hanno deciso di colpire i cittadini: “Noi siamo dalla parte della 
        Costituzione e sconfiggeremo gli assassini con la forza della legge e 
        con l’unità del popolo spagnolo”. In serata riunione straordinaria alla 
        Monclova del gabinetto di sicurezza. Massima allerta in tutto il paese e 
        massima mobilitazione con una grande manifestazione anti-terrorismo 
        organizzata per venerdì sera a Madrid.
 
 Domenica i cittadini si recheranno alle urne per chiudere l’era Aznar. I 
        sondaggi accreditavano il successo al partito del premier e al suo 
        successore Mariano Rajoy. L’unica incertezza era legata alla misura di 
        questo successo. Gli attentati hanno bloccato la campagna elettorale ma 
        non bloccheranno il voto. Le macchine dei due partiti si sono fermate, 
        lasciando che i proclami all’unità e alla difesa del paese 
        s’innalzassero oltre le divisioni tra i due schieramenti politici. I due 
        candidati al governo, il popolare Rajoy e il socialista José Zapatero 
        non hanno esitato a puntare il dito contro l’Eta, il gruppo terrorista 
        basco che da anni insanguina il paese, anche se esponenti dei 
        separatisti hanno smentito, suggerendo l’ipotesi di una pista araba. 
        Allo stesso modo il paese si è mobilitato spontaneamente. Cortei di 
        studenti si sono formati in tutte le città con cartelli anti-Eta per 
        protestare contro il terrorismo. A Madrid, nei pressi dei luoghi degli 
        attentati, centinaia di cittadini si sono messi ordinatamente in fila 
        per donare il sangue. Cartoline da un paese ferito, che si unisce per 
        dimostrare a se stesso e agli assassini la volontà di reagire.
 
 Ferma condanna e coraggio alla popolazione è stato espresso anche dal re 
        Juan Carlos, che ha indirizzato un messaggio televisivo alla nazione per 
        la prima volta dopo il colpo di Stato del 23-F (il tentativo di golpe di 
        Tejero del 23 febbraio 1981). Solidarietà giunta da tutto il mondo, con 
        Bush e i leader europei fra i primi a scrivere e telefonare ad Aznar. 
        Bandiere a mezz’asta in tutta l’Unione Europea. Ora la Spagna è chiamata 
        a reagire e a ritagliarsi nel dolore e nello sgomento un posto tra le 
        grandi nazioni in lotta contro il terrorismo. La cui matrice è al vaglio 
        degli inquirenti e dei servizi di sicurezza. L’Eta è sul banco degli 
        imputati ma l’ombra del terrorismo islamico si staglia alle sue spalle: 
        il lavoro dell’intelligence prosegue a ritmo frenetico e la classe 
        politica, sia quella di governo che quella d’opposizione, continua ad 
        accusare direttamente l’Eta. Solo le prossime ore ci daranno risposte 
        più precise.
 
 11 marzo 2004
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