| New Europe/1. Il futuro di Cipro tra divisioni e allargamento di Giuseppe Mancini
 
 Dal primo maggio 2004 Cipro farà parte dell’Unione Europea, ma l’unione 
        dell‘isola – la riunificazione, ad esser precisi – è ancora 
        nell’incertezza. Si susseguono i piani Annan, si ripetono i round di 
        negoziati bilaterali, si intrecciano le mediazioni e le pressioni da 
        parte di Turchia e Grecia (le madrepatrie). Se il processo negoziale 
        fallisse, l’ultima parola spetterebbe ai greco-ciprioti e i 
        turco-ciprioti: chiamati il 20 aprile a referendum paralleli per 
        decidere autonomamente l’adesione alla quarta versione del piano Annan, 
        anche contro la volontà dei propri leader; e non è escluso che i 
        greco-ciprioti, diffidenti verso le incomprensibili alchimie del piano 
        Annan, votino seguendo la linea politica contraria, tracciata dal 
        presidente Tassos Papadopulos.
 
 A entrare in Europa, in questo caso, sarebbe solo la Repubblica di 
        Cipro, mentre la Repubblica turca di Cipro Nord, creata nel 1983 dopo 
        l’intervento militare turco del 1974, avrà un incerto futuro: rimarrà 
        uno Stato fantoccio senza riconoscimento internazionale, alle dipendenze 
        di Ankara; oppure, con maggior probabilità, verrà annesso alla Turchia. 
        Un esito non estraneo all’intricata storia dell’isola, ma inaccettabile 
        per l’Europa della cooperazione, del diritto, delle libertà: tanto più 
        che la Turchia, membro in pectore dell’Unione, si troverebbe a occupare 
        militarmente il 37 per cento del territorio di uno Stato membro. Un 
        esito che tutti vorrebbero scongiurare: i greco-ciprioti, interessati 
        più che mai alla riunificazione e al recupero delle proprietà occupate 
        nel Nord; i turco-cirpioti, esasperati dopo trent’anni di depressione 
        economica, di embarghi internazionali, di dittatura velata, di dominio 
        turco e di colonizzazione (la metà circa della popolazione della 
        Repubblica turca di Cipro Nord è composta da immigrati turchi); la 
        Turchia del premier Erdogan, che dalla soluzione del problema di Cipro 
        contano di ottenere il via libera per il loro ingresso, tra qualche 
        anno, nell’Europa allargata.
 
 La gran parte dei ciprioti è per una riunificazione che sia autentica, 
        basata sulla riconciliazione, sul superamento degli odi del passato, 
        sulla giustizia dei risarcimenti per chi ha subito i danni 
        dell’occupazione; ma anche sulle garanzie, soprattutto per la minoranza 
        turco-cipriota, affinché la preponderanza demografica ed economica dei 
        greco-ciprioti non si trasformi in strumento di dominazione politica e 
        culturale, come è parzialmente avvenuto in passato. Ma quale migliore 
        garanzia delle libertà su cui si basano le istituzioni politiche 
        dell’Unione Europea e dei singoli Stati che la compongono? Invece il 
        piano Annan cerca di imporre in ogni settore della vita pubblica e 
        individuale dei ciprioti delle quote su base etnica: col risultato 
        prevedibile di impedire ai rifugiati greco-ciprioti di tornare nei loro 
        villaggi (o comunque di recuperare le loro proprietà) e soprattutto ai 
        greco-ciprioti e ai turco-ciprioti di collaborare attivamente nella 
        gestione in comune dell’isola, come già avvenuto con la costituzione del 
        1960. Invece di sanare i contrasti esistenti, un sistema istituzionale a 
        base etnica, per di più con uno Stato centrale debolissimo (più 
        confederazione che federazione), questi contrasti finisce col 
        rinsaldarli e con l’amplificarli: la migliore garanzia contro 
        l’unificazione reale e non solo formale di Cipro.
 
 D’altra parte, le istituzioni europee sono sempre state latitanti nel 
        corso del graduale processo di avvicinamento di Cipro all’Unione e 
        mentre il negoziato per l’accettazione dell’”acquis communautaire” ha 
        assorbito risorse ed energie in quantità, non sono mai state proposte 
        soluzioni politiche in linea con gli interessi dell’Europa. Gli 
        apprendisti stregoni del palazzo di vetro e i sedicenti esperti di 
        risoluzione dei conflitti hanno allora avuto campo libero nel 
        trasformare le loro meditazioni teoriche in ricette istituzionali; con 
        l’appoggio di mediatori interessati, come quelli degli Stati Uniti e 
        della Gran Bretagna che vogliono tenersi strette le basi militari 
        britanniche di Akrotiri e Dhekelia, che assicurano il controllo 
        strategico del Mediterraneo orientale ed eccellenti posizioni di ascolto 
        verso il Medio Oriente. Forse i referendum daranno l’esito sperato, 
        forse Cipro entrerà finalmente unificata nell’Unione Europea, ma le 
        prospettive per una completa pacificazione e per la cooperazione 
        armonica tra le due comunità, nonostante l’entusiasmo e i buoni 
        propositi della maggior parte dei ciprioti, rimangono alquanto incerte.
 
 17 marzo 2004
 
        
        giuse.mancini@libero.it
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