| Ginevra, il monologo palestinese di Stefano Magni
 
 Ci sono cose che nessuno osa contestare. Una di queste è l’iniziativa di 
        pace di Ginevra, lanciata lo scorso primo dicembre, dalla “società 
        civile” palestinese e israeliana. In Italia si è costituito un “Comitato 
        nazionale di appoggio”, a cui hanno aderito praticamente tutti. Oltre ai 
        partiti di sinistra tradizionalmente filo-palestinesi, vi hanno aderito 
        anche un partito di centro-destra, l’Udc e il consiglio comunale di 
        Milano che di sinistra non è. Ma qual è quell’iniziativa di pace, 
        internazionale e “super partes”, che non attira i consensi di tutti? Nel 
        2000, tutte le forze politiche, salvo qualche “estremista” senza voce, 
        applaudivano a Camp David. Solo che quegli accordi si sono risolti con 
        un nulla di fatto e già nel settembre del 2000 si era nel pieno di una 
        seconda, violentissima, Intifadah. Allo stesso modo, all’alba del 2004, 
        tutti si ritrovano ad applaudire l’iniziativa di Ginevra, ma come andrà 
        a finire quest’ultima? E soprattutto, alla luce di quello che si può 
        osservare già da ora, c’è speranza che vada a buon fine?
 
 Prima di tutto, cosa si intende per “società civile” israeliana e 
        palestinese? Chi sono gli attori della conferenza di Ginevra? Gli 
        israeliani sono rappresentati da formazioni di estrema sinistra 
        pacifista, che godono del sostegno di un 14 per cento di consensi nella 
        società civile (senza virgolette) in Israele. Sono accordi che piacciono 
        agli intellettuali israeliani e che trovano amplissima risonanza nelle 
        riviste culturali in Israele, come Maariv. Ginevra ha anche contribuito 
        ad alimentare un vasto dibattito fra i politici israeliani ed ha spinto 
        Sharon al ritiro unilaterale israeliano da Gaza, ma resta il fatto che 
        il grosso della popolazione israeliana, laburista o conservatrice che 
        sia, vuole semplicemente essere difesa dal terrorismo. Da parte 
        palestinese ci sono esponenti di secondo o terzo rango dell’Autorità 
        nazionale palestinese. Considerando che la politica dell’Anp è dettata 
        interamente dal solo Arafat e considerando anche che quest’ultimo, da 
        Camp David in poi, ha boicottato ogni tentativo di raggiungere un 
        accordo, si può immaginare che valore possano avere degli accordi 
        eventualmente raggiunti da Ginevra.
 
 I palestinesi che aderiscono all’iniziativa di pace non rappresentano 
        molto le posizioni interne all’amministrazione palestinese, ma loro che 
        idee rappresentano? Qual è il loro atteggiamento nei confronti della 
        controparte? “Questa politica di Sharon non fa altro che danneggiare la 
        pace mondiale”. Ha sostenuto, nel comune di Seregno, ospite di un 
        convegno su Ginevra, Hani Gaber, ambasciatore dell’Anp per l’Alta 
        Italia. “Due europei su tre sono convinti che Israele sia una minaccia 
        per la pace mondiale. Questo non significa assolutamente che ci sia una 
        nuova ondata di antisemitismo, ma vuol dire che gli europei si sono resi 
        conto che Sharon è una minaccia alla pace mondiale”, va avanti 
        imperterrito convinto di parlare per bocca dei moderati. E questo dopo 
        aver fatto un lungo discorso in cui parlava delle sofferenze del popolo 
        palestinese, attribuendone tutta la colpa all’occupazione israeliana nei 
        territori, alle colonie israeliane, ai check point israeliani e ora 
        anche a quello che lui chiama “il muro dell’apartheid” israeliano.
 
 Neanche un accenno al terrorismo di Hamas, della Jihad e di Al Aqsa. Non 
        ha speso nemmeno mezza parola sui civili inermi morti negli autobus e 
        nei ristoranti. In compenso ha riversato sul pubblico fiumi di parole 
        sul “diritto al rientro” dei quattro milioni di profughi palestinesi, 
        senza nemmeno menzionare il fatto che tutti costoro non hanno mai 
        ricevuto la cittadinanza dei paesi arabi che li hanno confinati in 
        miseri campi profughi, per trasformarli in veri e propri giacimenti di 
        odio contro Israele. Non si sono sentite nemmeno critiche a paesi come 
        la Siria o al Libano o alla Giordania, che ha concesso la cittadinanza 
        ai palestinesi solo di recente, sono del tutto assenti. Le accuse sono 
        riservate tutte esclusivamente a Israele. E questi sono i palestinesi 
        che vogliono il dialogo…
 
        
        7 aprile 2004
 stefano.magni@fastwebnet.it
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