New Europe/2. Cipro, la riunificazione mancata
di Giuseppe Mancini

Le trattative per la riunificazione di Cipro sono fallite. E il rischio è che a far parte dell’Unione Europea, dal primo maggio, sarà solo la Repubblica di Cipro, la parte meridionale dell’isola abitata dai greco-ciprioti; mentre la Repubblica turca di Cipro settentrionale, uno Stato-fantoccio in realtà zona di occupazione turca, rischia di perdere per sempre la chance (politica ed economica) dell’Europa e magari di essere inglobata anche ufficialmente da Ankara. Sono falliti i negoziati bilaterali condotti a più riprese sotto l’egida dell’Onu; è fallito l’ultimo vertice nella località svizzera di Buergenstock, allargato alla Grecia e alla Turchia, nonostante le pressioni europee e statunitensi. Il piano Annan, nella sua quinta e definitiva versione, non ha soddisfatto del tutto turchi e turco-ciprioti, ma ha soprattutto disatteso le aspettative dei greco-ciprioti, che da ben tre decenni, dall’invasione turca del 1974 dopo il colpo di Stato ultra-nazionalista sponsorizzato dal regime dei colonnelli, hanno scommesso sull’integrazione europea come unico strumento per conquistare la riunificazione e riacquisire le proprietà confiscate e il diritto di tornare a casa propria (sono circa 200.000 i rifugiati greco-ciprioti fuggiti dal Nord occupato).

E i motivi del fallimento non sono di certo sorprendenti. Da una parte, le autorità turco-cipriote, nonostante ammorbidimenti tattici e aperture anche spettacolari (come i limitati permessi di accesso per i greco-ciprioti nella Repubblica turca di Cipro settentrionale, istituiti lo scorso anno), sono rimaste intransigenti sulla richiesta di sovranità quasi piena per la propria entità politico-territoriale, richiesta giudicata da sempre inaccettabile dai greo-ciprioti; dall’altra, il piano Annan ha accettato come base della riunificazione una confederazione molto blanda e ne ha fondato la costituzione su meccanismi di separazione a base etnica: doppia cittadinanza, quote etniche nel parlamento e nei servizi, quote etniche per il ritorno dei rifugiati. In questo modo, le libertà fondamentali assicurate dall’Unione Europea (soprattutto quella di movimento) verrebbero palesemente violate, con buona pace degli europeisti e dei greco-ciprioti. Soprattutto, questa configurazione del piano Annan appare ancor più sconsiderata alla luce della storia recentissima di Cipro perché sono stati proprio i meccanismi di quote su base etnica, la separazione istituzionalizzata delle due comunità, la causa principale della crisi costituzionale del 1963 e degli scontri inter-etnici del 1964 e 1974.

In assenza di strumenti di cooperazione forte tra i due gruppi etnici, in assenza di progetti comuni e obiettivi comuni, in assenza di esempi di convivenza e di coabitazione, che senso ha parlare di riunificazione? I burocrati del Palazzo di Vetro hanno probabilmente riflettuto molto poco sulla percezione che i ciprioti, tutti, hanno della loro storia e della loro identità; ma quello che invece sorprende, in questi ultimi anni, è stata la totale passività dei vertici politici dell’Unione Europea, che hanno impostato il processo di adesione di Cipro su presupposti esclusivamente formalistici, ignorando colpevolmente i problemi politici esistenti e le aspirazioni concrete dei ciprioti. In realtà, una possibilità di evitare il fallimento più completo ancora c’è: il doppio referendum al quale sono chiamate le due comunità, singolarmente, il 24 aprile. Un sì di tutte e due le comunità porterebbe all’automatica accettazione del piano Annan; sarebbe cioè vincolante per le autorità politiche della Repubblica di Cipro e della Repubblica turca di Cipro Nord: l’intera isola di Cipro diverrebbe una confederazione su base cantonale, vi sarebbero degli aggiustamenti territoriali a favore della Repubblica di Cipro, i rifugiati delle due comunità verrebbero compensati per le proprietà confiscate, un numero limitato potrebbe ritornare nei villaggi di appartenenza. E il primo maggio l’isola riunificata, con un inno nuovo di zecca e una nuova bandiera, entrerebbe ufficialmente nell’Unione Europea tra il tripudio generale. Peccato che i primi sondaggi, almeno tra i greco-ciprioti, indichino i no tra il 75 e l’85 per cento.

7 aprile 2004

giuse.mancini@libero.it

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