| John Edwards, il ripiego di John Kerry di Alessandro Gisotti
 
 “Caro amico, fra pochi minuti annuncerò che il senatore John Edwards 
        sarà il candidato democratico alla vicepresidenza degli Stati Uniti”. 
        Sono le 8.15 del 6 luglio, a New York - le 5.15, a Los Angeles - e John 
        Forbes Kerry ha mantenuto la promessa. Come preannunciato, infatti, lo 
        sfidante di Bush ha comunicato al milione di iscritti alla mailing list 
        di JohnKerry.com la scelta del suo “running-mate”, in anticipo rispetto 
        ai mass media. E’ un segno tangibile dell’attenzione riservata da Kerry 
        ad Internet, rivelatosi strumento formidabile per la sua raccolta di 
        fondi elettorali. Dunque, il telegenico cinquantenne senatore della 
        Corolina del Nord, l’avvocato di successo dall’oratoria coinvolgente 
        sarà il compagno di viaggio di Kerry nella corsa verso la conquista 
        della Casa Bianca. La consacrazione del ticket democratico, del duo 
        “John and John”, avverrà alla convention di partito, a Boston dal 26 al 
        29 luglio. Intanto, nell’email recapitata ai suoi sostenitori, il nuovo 
        JFK spiega le ragioni della sua decisione. John Edwards, afferma Kerry, 
        “capisce e difende i valori dell’America, ha mostrato coraggio e 
        convinzione come campione della classe media americana”. Durante la sua 
        campagna elettorale, scrive ancora il senatore del Massachussets, “John 
        ha parlato di Due Americhe, della profonda spaccatura presente in questo 
        Paese, tra chi vive bene e chi combatte quotidianamente per 
        sopravvivere. Sono orgoglioso di lavorare assieme a lui per costruire 
        un’America unita”.
 
 La notizia è stata ben accolta dalla base democratica. Apprezzamento già 
        mostrato da un sondaggio Gallup, che a fine giugno registrava il 72 per 
        cento di sostegno degli elettori democratici al ticket Kerry-Edwards. 
        Per la testata storica della sinistra “The Nation”, il “prudente Kerry 
        ha scelto il carisma” che mancava alla sua campagna presidenziale. 
        Secondo Franklin Foer della rivista progressista “The New Republic”, 
        Edwards ha la capacità non comune di riuscire a conquistare consensi 
        tanto a sinistra, grazie ad un pizzico di populismo, quanto tra gli 
        elettori di centro, che lo sentono come uno di loro. Insomma, quello che 
        ci vuole per dare nuovo slancio alla campagna di Kerry, che aspettando 
        la convention bostoniana ha dietro di sé un partito unito, ma certo non 
        entusiasta come ai tempi di Clinton. “Il ragazzo sa come vendere un 
        messaggio – sottolinea Foer – è capace di ripetere in continuazione lo 
        stesso discorso, con la medesima profonda convinzione della prima 
        volta”. L’abilità dialettica, d'altronde, sarà utile ad Edwards per 
        fronteggiare – nei tre dibattiti televisivi, in autunno – una vecchia 
        volpe della politica come il vicepresidente in carica Dick Cheney, da 
        questo momento suo antagonista sino al giorno delle elezioni.
 
 La vita di John Edwards – faccia da eterno ragazzino, così diversa dal 
        volto scolpito nella roccia di Kerry – sembra davvero uno spot sul sogno 
        americano. Nato a Seneca nella Carolina del Sud, figlio di un operaio, 
        John - di fede metodista come George W. Bush – vive la sua infanzia in 
        una famiglia dove è difficile far quadrare i conti alla fine del mese. 
        Ma, come nel caso di Bill Clinton - pure lui nato povero in uno degli 
        Stati più arretrati dell’Unione, l’Arkansas - anche la storia di Edwards 
        è un esempio di riscatto e, al tempo stesso, delle opportunità che 
        l’America offre a chi vale, anche se parte svantaggiato. John Edwards si 
        laurea in legge all’Università Statale della Carolina del Nord, lontano 
        dalle blasonate Yale ed Harward, e diventa un avvocato di grido, che 
        sembra appena uscito da un libro di John Grisham. Difende famiglie 
        americane danneggiate dalla mala sanità o alle prese con le 
        multinazionali. Sembrano cause impossibili, ma lui le vince, una dopo 
        l’altra, e diventa multimilionario. Nel 1996 la vita del brillante 
        principe del foro viene scossa da una tragedia: il figlio Wade muore in 
        un incidente stradale. Ancora una volta, come negli anni difficili 
        dell’infanzia, reagisce con forza: nel 1998 diventa senatore del suo 
        Stato e subito viene indicato come potenziale vice di Al Gore per le 
        presidenziali del 2000.
 
 Da Edwards, che è stato il più temibile avversario nelle primarie, John 
        Forbes Kerry si aspetta un aiuto per la conquista della Carolina del 
        Nord, impresa tuttora disperata per il partito democratico. Peraltro – 
        negli auspici dello staff di Kerry – il senatore dal ciuffo kennediano 
        dovrebbe favorire la vittoria in alcuni Stati chiave del Midwest, dove è 
        già andato forte durante le primarie democratiche. Il ticket 
        Edwards-Kerry è stato voluto, con forza, dal presidente del partito 
        democratico, Terry McAuliffe, che ha contrastato l’ascesa di Howard 
        Dean, meteora della sinistra radicale a stelle e strisce. Kerry, uomo 
        ricco del ricco nordest, non sfonda nel Sud e nel cuore degli States, 
        quel “Bush country” racchiuso tra le due coste tradizionalmente liberal. 
        Ecco allora il valore aggiunto di John Edwards, “sudista” moderato, che, 
        come ha scritto Nicholas D. Kristof sul New York Times, aiuterà i 
        democratici a vincere la sfida cruciale: “risintonizzare il partito con 
        l’americano medio”.
 
 La risposta dei repubblicani all’annuncio della candidatura di Edwards 
        non si è fatta attendere. Uno spot elettorale, intitolato “First Choice” 
        (“Prima scelta”), ha ricordato agli elettori che Kerry aveva chiesto al 
        senatore indipendente repubblicano, John McCain – eroe del Vietnam come 
        l’amico e collega democratico – di essere il suo vice nella battaglia 
        contro Bush-Cheney, all’insegna di un ticket bipartisan. Invito che 
        aveva trovato il rifiuto del senatore dell’Arizona. Come a dire, Edwards 
        è una seconda scelta. In realtà, l’ingresso nell’arena del carismatico 
        senatore del Sud è stata accolta con nervosismo dagli strateghi 
        repubblicani. E, secondo i ben informati, lo stesso guru di Bush, Karl 
        Rove, temeva che Kerry optasse per Edwards. C’è insomma la percezione 
        diffusa, come ha scritto su “Time” Perry Bacon Jr, che Kerry abbia 
        capito quali siano le scelte da fare per giocarsi la partita con Bush. 
        Che ora inizia davvero.
 
        
        8 luglio 2004
 gisotti@iol.it
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