| “Kerry perde colpi, ma la sfida è ancora 
		aperta” intervista a Gianni Riotta di Alessandro Gisotti
 
 Un’America più forte in un mondo più sicuro. Con questa promessa, George 
		W. Bush ha chiuso la Convention Repubblicana di New York. Nel discorso 
		di accettazione della nomination, il presidente americano ha parlato di 
		guerra al terrorismo, di sicurezza nazionale. Ma anche, e a lungo, di 
		riforme economiche. Sui momenti salienti della Convention del Grand Old 
		Party, Ideazione ha chiesto un commento a Gianni Riotta, corrispondente 
		dagli Stati Uniti del Corriere della Sera, che per il quotidiano di via 
		Solferino ha seguito la kermesse repubblicana del Madison Square Garden.
 
 Nel suo discorso di accettazione, Bush ha 
		pronunciato la parola “peace” 5 volte. “War” una sola. Ha ribadito che 
		“esportare” la democrazia in Medio Oriente è un progetto ancora valido. 
		Ed è tornato con forza a parlare di “conservatorismo compassionevole”. 
		Qual è il messaggio più forte lanciato dal presidente?
 
		
        Che il paese è in guerra contro il terrorismo e cambiare il comandante 
		in capo durante un conflitto è assurdo. Bush è avanti a John Kerry 
		soprattutto nella considerazione sulla risposta all'11 settembre, in 
		difficoltà sugli altri temi e non lascerà il vantaggio. La sua 
		presidenza è definita dall'11 settembre.
 Nella prima parte del suo intervento, sembrava che 
		Bush stesse pronunciando il discorso sullo Stato dell’Unione. In 
		pratica, ha tracciato il suo programma per i prossimi quattro anni: 
		riforma del sistema fiscale e sanitario, promozione della “società dei 
		proprietari”... Iniziative costose specie in un periodo caratterizzato 
		dalla crescita del deficit. A cosa punta Bush mettendo l’accento su 
		questa spinta riformatrice?
 
 Ad evitare la critica di essere solo un leader di guerra. Ma la gente sa 
		che il messaggio è quello: nessuno ha parlato di economia prima del 
		presidente alla Convenzione.
 
 Ad aprire la Convention sono stati John McCain e 
		Rudy Giuliani, due personaggi che vengono considerati dei “Rino”, 
		repubblicani solo di nome. Per vincere le elezioni, il partito di Bush 
		cerca voti al centro?
 
 Il centro è magro, 5-6%. I moderati, lasciando perdere la bubbola cara a 
		Moore del “Rino”, servono a evitare l'enfasi sui duri e i loro errori, 
		da Rumsfeld a Cheney e Wolfowitz. Alla convenzione i neoconservatori 
		erano nascosti sotto il tappeto.
 
 Uno dei protagonisti della Convention repubblicana 
		è stato senza dubbio Arnold Schwarzenegger. Il governatore della 
		California ha infiammato la platea raccontando come si è avverato il suo 
		“american dream”. Che peso ha oggi l’ex Terminator nell'arena politica 
		americana?
 
 Chi ha irriso Arnold in autunno scopre di avere scritto fesserie. Ora lo 
		elogiano anche New York Times e Economist. Dopo Bush, quando si aprirà 
		la battaglia per l'eredità del partito tra moderati e conservatori, 
		Arnold avrà un ruolo, anche se la Costituzione per ora gli sbarra la 
		Casa Bianca. Secondo attore sottovalutato in Europa. Ma deve districarsi 
		nella giungla economica del bilancio in California!
 
 Bush ammette difficoltà inaspettate nella gestione 
		postbellica dell’Iraq e sul fronte della guerra al terrorismo. Tuttavia, 
		sembra poter distaccare il suo avversario nella riconquista della Casa 
		Bianca. Debolezza di John F. Kerry, oppure c’è dell’altro?
 
 La partita è aperta, ma Kerry stacca troppo spesso la spina in campagna 
		e non martella il suo messaggio. In difficoltà dopo gli spot, bugiardi, 
		dei veterani di destra, che gli hanno fatto perdere un paio di punti. 
		Per vincere deve stare ogni giorno, aggressivamente, alla ribalta con un 
		solo nitido messaggio.
 
 Questa Convention verrà anche ricordata per 
		l’involontario duetto-duello tra il senatore John McCain e il 
		guastafeste Michael Moore. Forse, nonostante tutti i suoi difetti, gli 
		Stati Uniti sono ancora “the land of freedom”… Qual è la sua valutazione 
		su questo episodio?
 
 Niente di speciale, Moore era seduto proprio vicino a noi del Corriere. 
		Fischiato, ha replicato sfottendo. Ci sono state restrizioni nelle 
		libertà americane dopo l'11 settembre, ma chi in Europa parla di 
		macchina del consenso non sa nulla. Prima di vincere Cannes, Moore aveva 
		preso l'Oscar nella presunta materialista Hollywood. Sono giorni in cui 
		non fidarsi delle propagande, né a destra né a sinistra. Ma è scomodo, 
		occorre capire la realtà e rinunciare al cloroformio delle finte 
		certezze. Nessuno ne ha voglia.
 
        
		4 settembre 2004
 gisotti@iol.it
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