| Visto dall’Italia. La concessione del Corriere 
		della Sera di Pierluigi Mennitti
 
 Ora che anche il senatore Kerry ci ha fatto la grazia di concedere la 
		sconfitta e di non prolungare oltre i limiti del buonsenso 
		l’imbarazzante sceneggiata già andata in onda quattro anni fa, si 
		attendono altre concessioni. Quella del Manifesto, ad esempio, la cui 
		prima pagina di oggi entra di diritto nel novero delle gaffe 
		giornalistiche più divertenti di tutti i tempi (la ritrovate nella 
		pagina del blog elettorale di Ideazione). Ma il Manifesto, si sa, è un 
		giornale comunista. E a via Tomacelli devono averla presa talmente male 
		per la sconfitta del compagno Kerry maturata nel mondo reale dei voti 
		reali, che hanno deciso di non togliere la straordinaria prima pagina 
		(divenuta con il passare delle ore una vignetta satirica) dal sito 
		internet, neppure quando era ormai chiaro come stessero andando le cose 
		ed era ormai certo che il webmaster si fosse svegliato.
 
 Il Manifesto può, perché è un giornale di parte e ha tutto il diritto di 
		infinocchiare se stesso e i suoi lettori, e deragliare dalla deontologia 
		professionale che imporrebbe molta, molta prudenza quando si tratta di 
		exit poll serali, comunicati peraltro da fonti che già in passato hanno 
		toppato previsioni e risultati. La rivoluzione russa, e i giornalisti 
		militanti pure, quando alzare le chiappe dal letto significa sbattere il 
		muso con il mondo cinico e baro della Right Nation. Quello che appare 
		più strano è quanto è accaduto al Corriere della Sera, la cui edizione 
		notturna, ancora rintracciabile nelle prime ore di questa mattina in 
		alcune edicole italiane, riportava titoli e commenti sbilanciati sugli 
		ormai famosi exit poll di John Zogby. Tra di essi spiccava l’editoriale 
		di Sergio Romano, insolitamente azzardato, dato che l’autore, oltre ad 
		essere un commentatore autorevole, è stato anche un diplomatico di lungo 
		corso, istituzionalmente attento a misurare giudizi e considerazioni.
 
 Ma questa volta l’anti-bushismo militante gli ha preso la mano e, dopo 
		aver spinto il primo giornale italiano ad un endorsement pro-Kerry in 
		nome di una non meglio precisata “civiltà” del candidato democratico 
		(rispetto a una supposta “inciviltà” del presidente repubblicano), non 
		gli è sembrato vero poter intingere la penna nell’inchiostro della 
		vittoria, al primo stormir di exit poll. Come se la storia elettorale 
		non dovesse suggerire prudenza, e non solo in America ma anche qui da 
		noi, soprattutto al più autorevole quotidiano nazionale, soprattutto al 
		più autorevole editorialista di politica estera italiano. Sotto il 
		titolo “Nazione da ricomporre”, a mezzanotte Romano scriveva: “Prima 
		ancora di lasciare intravedere la vittoria di John Kerry, queste 
		elezioni ci avevano trasmesso un’immagine degli Stati Uniti che pochi 
		osservatori, sino a qualche mese fa, avrebbero considerato possibile”. E 
		via alla solita “tiritera” del paese diviso, lacerato dalle scelte 
		guerrafondaie di Gorge W. Bush che si concludeva con una certezza: “Se 
		le prime indicazioni emerse dalle urne verranno confermate (ma si 
		trattava di exit poll e non di indicazioni dalle urne, ndr) gli Stati 
		Uniti saranno governati, nei prossimi quattro anni da John Kerry. Ma il 
		nuovo presidente non potrà occuparsi soltanto di guerra irachena e crisi 
		economica. Dovrà lavorare a ricomporre l’unità nazionale”.
 
 Qualche ora dopo, le indicazioni emerse dalle urne, quelle vere, 
		suggerivano una correzione di rotta, nella titolazione e nel commento. 
		Alle tre del mattino le prime righe dell’editoriale suonavano così: 
		“Prima ancora di comunicarci il nome del nuovo presidente americano 
		queste elezioni ci hanno trasmesso…”, e si concludevano con un più mesto 
		“Non so ancora, mentre scrivo, chi governerà gli Stati Uniti per i 
		prossimi quattro anni”. Adesso lo sappiamo, governerà Bush, alla testa 
		di un paese un po’ meno diviso visto il record di voti popolari che ha 
		ottenuto, oltre 58milioni, più del rimpianto Ronald Reagan. Ma c’è 
		ancora tempo per rimediare. Attendiamo la concessione del Corriere della 
		Sera. E facciamo un gioco: arriverà quante ore dopo quella di Kerry?
 
 4 novembre 2004
 
		
		pmennitti@ideazione.com 
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