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		Condi, la prima della classedi Marta Brachini
 
 Per la seconda volta nella loro storia gli Stati Uniti avranno un 
        segretario di Stato donna. Dopo Madeleine Albright, che lavorò al fianco 
        di Bill Clinton, Condoleezza Rice è stata designata alla carica al posto 
        di Colin Powell nel secondo mandato di George W.Bush. Quelle di Powell e 
        della Rice sono storie diverse eppure legate a un’appartenenza comune: 
        quella afroamericana. La loro storia si lega inevitabilmente alle lotte 
        per l’emancipazione dei neri negli Stati Uniti, all’esperienza della 
        discriminazione razziale. Quando Condoleezza aveva 11 anni il padre 
        la portò a Washington e, in piedi di fronte alla Casa Bianca, le disse 
        che un giorno avrebbe potuto diventare Presidente. Anche se all’epoca i 
        neri d’America non avevano ancora diritto al voto. Lei rispose: “un 
        giorno entrerò in quella casa”. Oggi Condi, come la chiama Bush, è 
        chiamata a rappresentare gli Stati Uniti nel mondo e sarà l’immagine di 
        un paese che con difficoltà riesce a contrastare l’ostracismo e l’odio 
        diffuso nel mondo nei suoi confronti.
 
 Ma Condoleezza non teme l’estrema responsabilità del compito che le si 
        affida. Newsweek l’ha definita una “principessa guerriera” per la natura 
        delicata e la fermezza caratteriale che la contraddistinguono sin 
        dall’infanzia. Nata a Birmingham, Alabama, il 14 novembre 1954, da un 
        pastore presbiteriano e da un’insegnante, Condoleezza ha vissuto l’era 
        di Martin Luther King e delle lotte contro il razzismo del Ku Klux Klan. 
        Nel 1963, quando gli attivisti per i diritti dei neri insistevano 
        affinché i bambini marciassero con loro, aveva otto anni e così giovane 
        fece esperienza di manifestazioni spesso sconvolte dalla violenza 
        razzista. Infatti le dimostrazioni di Birmingham sono rimaste nella 
        storia per aver toccato le coscienze dell’establishment liberal del 
        momento. Quegli eventi trasformarono la petizione per i diritti umani in 
        legge: da quel momento i “negri” d’America divennero afroamericani. E’ 
        questa la storia che ha avvolto questa precoce ragazza spingendola a 
        crescere in fretta. Si è laureata in Scienze Politiche a soli 19 anni, 
        dopo aver lasciato gli studi di pianoforte per un’altra passione: quella 
        per la politica. A ventisette anni, dopo il dottorato insegna in una 
        delle Università più prestigiose d’America, la Stanford University.
 
 La carriera politica è fulminante. Tra i suoi padri putativi c’è Josef 
        Korbel, ex diplomatico ceco rifugiato negli Usa (nonché padre naturale 
        di Madeleine Albright), insegnante di relazioni internazionali negli 
        Stati Uniti. Korbel rappresenta l’inizio della passione e della carriera 
        politica per Condi che impara il russo e si specializza nella conoscenza 
        delle questioni socialiste fino a diventare consigliere per gli affari 
        sovietici e est-europei nel Consiglio di Sicurezza Nazionale del governo 
        di Bush padre. E’ il 1989 quando Condoleezza entra nella squadra di 
        governo e suo mentore è Brent Scowcroft, consigliere del presidente: ci 
        rimarrà fino al 1991. Durante l’era Clinton ritorna alla Stanford, 
        stavolta come rettore. Forte del prestigio acquisito nelle stanze dei 
        bottoni durante l’era del crollo dell’Urss, ritorna sulla scena politica 
        all’alba di una nuova era, dopo l’11 settembre, con l’elezione di Bush 
        junior.
 
 Condoleezza Rice, il nuovo volto dell’America, sembra non avere niente 
        in comune con Bush. Il bianco e ricco ragazzo del Texas, mediocre negli 
        studi, e la nera ragazza medio-borghese dell’Alabama, eccellente in 
        tutta la sua carriera. Ma in realtà quello che li lega è una profonda 
        fiducia reciproca che si compatta dietro una forte religiosità. Insieme 
        sembrano pronti ad affrontare un’enorme responsabilità: guidare 
        l’America nel pieno della guerra al terrorismo, ovvero tenere testa alle 
        questioni aperte in Iraq, in Medio Oriente e in Iran. E nello stesso 
        tempo, se possibile allo stato attuale dei rapporti transatlantici, 
        rimanere in equilibrio diplomatico con l’altra sponda occidentale. Il 
        dibattito sulla futura linea del dipartimento di Stato è aperto.
 
        
        17 novembre 2004
 m.brachini@libero.it
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