Mitrovica, dove i ponti diventano muri
di Alessandro Gisotti
[07 dic 04]
Mitrovica. Il paradosso del Kossovo è
tutto qui, a Mitrovica. Il ponte sul fiume Ibar unisce fisicamente la
parte settentrionale e quella meridionale della città. Ma in realtà la
divide, perché a nord ci sono i serbi. A sud gli albanesi. Il 17 marzo
scorso, i kosovari di etnia albanese hanno cercato di invadere il
quartiere serbo. Ne è scaturita una sanguinosa battaglia, una sorta di
scontro di civiltà a dimensione urbana. Il ponte sull’Ibar: un
sanguinoso campo di battaglia. Eppure, dalla fine della guerra contro la
Serbia di Milosevic, nel giugno del 1999, Mitrovica è sotto il controllo
delle forze Nato. Come è possibile che la situazione sia sfuggita di
mano? “In realtà – ci spiega un ufficiale del contingente francese della
Kfor – quando scoppiarono le violenze di marzo, a presidiare il ponte
erano la polizia kosovara e i caschi blu dell’Onu. Noi non abbiamo
potuto agire, fino a quando non è stato chiesto il nostro intervento”.
Quasi una sintesi delle difficoltà con cui le Nazioni Unite stanno
gestendo la situazione in Kossovo. “Oggi – prosegue il militare, mentre
percorriamo il ponte della discordia – il passaggio è chiuso ai veicoli.
Passano solo i pedoni e ai due estremi c’è un rigido controllo ai check
point. A breve, però, passeremo nuovamente il testimone alla polizia
kosovara, perché la situazione si è normalizzata”. Insomma, la Nato non
può restare qui in eterno. Ecco un altro paradosso di questo rompicapo
kosovaro. L’Alleanza Atlantica è intervenuta contro Belgrado per
impedire che i serbi perpetrassero i loro crimini contro la maggioranza
albanese. Ora, le truppe Nato difendono i pochi serbi rimasti in
Kossovo, dalla vendetta degli albanesi che li spazzerebbe via.
Mitrovica è ricca di sorprese. Nella parte nord, in tre palazzoni stile
sovietico, chiamati le “Tre Torri” abitano serbi ed albanesi. Insieme.
In un appartamento si guarda la tv di Belgrado. In un altro, magari,
quella di Tirana. Ma la situazione, ci dicono, è tranquilla. Nulla,
però, è normale nella città simbolo delle contraddizioni balcaniche.
Alla base dei tre palazzi, infatti, c’è un contingente danese che
protegge gli inquilini. Da chi, chiediamo ad un giovane tenente? “Questa
convivenza nelle “Tre Torri” – ci rivela – non viene molto apprezzata
all’esterno dagli altri abitanti. I serbi che abitano qua dentro non
sono ben visti dai serbi che vivono nel resto della città. Lo stesso
vale per gli albanesi”. Paradosso nel paradosso. Il militare della Kfor
ci indica un locale, proprio di fronte al ponte. “Lì ci sono gli
osservatori serbi”. Forse abbiamo capito male. Invece no. Dopo la
tentata invasione degli albanesi del sud, gli abitanti della parte nord
si sono organizzati. Così, a turno, gruppi di uomini controllano quanto
succede sull’altra sponda del fiume. Non si faranno sorprendere una
seconda volta. Mentre camminiamo, incontriamo poche persone. La vita in
questa città sembra trascinarsi stancamente. Mitrovica si annoia. Fino a
quando?
07 dicembre 2004
gisotti@iol.it
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